Pubblicato il 16/11/2025 15:05:56
Care amiche e cari amici,
oggi siamo qui per riconoscere un passaggio storico che riguarda tutti noi, come individui e come comunità culturale: la fine del post-modernismo come epoca dominante del pensiero e dell’Arte. Per oltre mezzo secolo il post-modernismo ha rappresentato la lente attraverso cui abbiamo guardato il mondo. Ha smontato certezze, ha messo in discussione verità troppo rigide, ha smascherato poteri e ideologie. Ha portato ironia, libertà formale, gioco linguistico, ibridazione creativa. Ha fatto molto: ha liberato, ha provocato, ha aperto possibilità. Ma ogni stagione, anche la più fertile, conosce il suo tramonto.
Oggi viviamo in un tempo completamente diverso da quello in cui il post-modernismo è nato. Il relativismo radicale, l’assenza di senso, la frammentazione continua, l’ironia permanente, l’io lirico, non sono più strumenti che ci aiutano a vivere o a capire la realtà. La complessità del nostro presente – crisi globali, nuove tecnologie, trasformazioni sociali, vulnerabilità personali e collettive – ci chiede altro. Ci chiede responsabilità, serietà, empatia, ricostruzione.
Per questo possiamo dirlo apertamente, senza nostalgia né paura: la centralità del post-modernismo è finita. Non si tratta di cancellare ciò che è stato: nessuna epoca culturale muore davvero. Il post-modernismo resta come traccia, come eredità, come stimolo critico. Ma non è più la nostra bussola. Non può più esserlo.
Si è aperta diciamo convenzionalmente dal 2020, con il momento di svolta apportato dal Movimento Empatico (che si oppone alla Pandemia...), una nuova fase, con un nome fortemente definito: EMPATISMO. Il quale può inserirsi anche in un post-postmodernismo o metamodernismo ma io direi più che altro in un neo-umanesimo, che sancisce un ritorno alla relazione.
Io credo che vi sia comunque un qualcosa chiaro che unisce tutte queste direzioni: un movimento verso l’autenticità, verso il dialogo, verso la costruzione di significato condiviso. Un tempo che chiede alle arti, al pensiero e alla società non solo di decostruire, ma di proporre e di farlo possibilmente insieme.
Non solo di ironizzare, dunque, ma di sentire. Non solo rompere, ma unire. Ecco perché oggi possiamo dirlo con forza: la stagione del “nulla è vero e tutto è interpretazione” è giunta al termine. Il nostro compito, ora, e lo stiamo facendo, è costruire ciò che viene dopo. Un futuro in cui il pensiero non sia più paralizzato dal cinismo, in cui la cultura non sia più prigioniera della citazione infinita e dei prepotenti corrotti e in cattiva fede; un futuro in cui gli esseri umani possano riconoscersi non nelle loro distanze, ma nelle loro relazioni. Il post-modernismo ci ha insegnato molto. Ora è il momento di andare oltre di innovare nuovamente.
Siate empatici (se potete). Grazie N.B. La fine del Post-modernismo inizia nel 2000 fino al 2020 (periodo pre-empatico) e viene sancita dalla Pandemia di Covid-19 e dalla nascita dell’Empatismo (2020).
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