il viso tuo in penombra è come un prato
dove ha attecchito a cumuli dispersi
la luce della neve che ha spogliato
il cielo ormai digiuno a trattenersi
sulle mie labbra notte e tuo tepore
di voglie appese al tempo dilatato
spazio feroce, madido languore
ostia che scioglie un brivido assetato
la vita ti sussurra rude in bocca
di pietra dentro l'urna il graffio cieco
colma d'ardore che ogni lato tocca
e asperge rorida dell'onda un'eco
all’alba gronda di rugiada il fiore
straziato dalla tenebra d’un fiato
franto dal buio un petalo si muore
da stelo inflesso al morbido sostrato
tracima il fiume dalla cava, strazia
pareti esauste, palpiti di gogna
delta che stringe alla violata grazia
arresa e complice alla bisogna
e poi venire tu mi senti piano
per me che mordo la tua voce acerba
per te che - amore - sguazzi nel pantano
e colmi vuoto come vento d'erba
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