È l’osare un passo nel vuoto
che mi sceglie il tragitto stanotte
nel confondersi di curve e strapiombi
ponti e paludi
alberi
costoro pronti a voltarsi indietro
al mio solo andare
è la neve che uniforma il tempo
l’andàrvenìr dei miei pensieri
sull’attonito suo manto
che equilibra i vuoti e i pieni
a render sicuro il cammino
delle idee come delle scarpe
senza che io conosca
meta, direzione, scopi del cuore
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E nel deserto di persone
macchiato da luce che sbarbaglia fiocchi
da lampione a lampione
incontro mulinello impalpabile di te
quasi ti potessi parlare
ora
che inutile è ripetere
ciò che invano ti dissi
in quel quando ormai lontano
“Copriti, col freddo che fa.”
Senza sapere
che il freddo era ben altrove
era fin fatto sangue
per te
nell’inchiodo del tuo stesso destino
nell’attimo da te prescelto
Tu inguardabile e infinita
come una cattedrale in fiamme
che m’approdi imprevista alla mente
(inedita, probabilmente da inserire
nella raccolta “Derive senza approdi”,
prevista in (auto?)pubblicazione quest’anno)
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