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Una indimenticabile giornata.

di Francesco Rossi
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Pubblicato il 27/11/2024 12:25:56



Una indimenticabile giornata goliardica.

Siamo un gruppo di amici indissolubili, abitiamo in un piccolo paese del Levante Ligure, circondato da due promontori. Avreste molta fortuna a essere presenti quando, nel corso della stagione estiva, stendiamo sulla spiaggia i pali in legno per far scivolare il gozzo in mare. La quiete di chi è sdraiato placidamente è interrotta dalla nostra smania di mettere il gozzo in mare, noi gli osserviamo, siamo divertiti vedendoli rimuovere gli ombrelloni e i loro effetti personali. Percepiamo con soddisfazione la loro insoddisfazione. Il nostro desiderio è quello di raggiungere la scogliera orientale e tuffarci in acqua dal punto più alto. Il nostro, come si suol dire, è un paese di mare che nella stagione estiva è frequentato da molti turisti, vanta una delle più lunghe spiagge libere della regione e nonostante non proponga attrattive turistiche di livello ha il pregio della tranquillità. La passeggiata a mare nelle serate estive è frequentata da residenti e bagnanti, la maggior parte passeggia con il cono gelato tra le mani mentre altri si fermano davanti alla giostra per sostenere i propri figli e nipoti intenti a vincere un giro gratuito. Sono numerosi gli scapoloni incalliti, seduti sul corrimano del ponte osservano le persone che passano, non mancano di fare apprezzamenti sui diversi aspetti fisici delle loro coetanee che passeggiano in gruppo da ponente a levante. E’ esilarante per noi quando li sentiamo esprimere il loro parere, valutano ognuna di esse con un punteggio. Quello è il loro passatempo preferito. Ai nostri occhi appaiano ridicoli. Guardarli in fila seduti sul corrimano con i jeans a zampa d'elefante e camicie dai colori vivaci e floreali ci fa riflettere su come sopravviveremo a quella tendenza di moda dell'epoca. Noi indossiamo pantaloncini, maglietta e sandali, pure alla sera. Ci differenziamo dai nostri coetanei che sono in vacanza, dall'abbigliamento. Nelle serate estive, loro vestono in modo elegante, un golfino sulla camicia stirata, pantaloncini marroni e calze a righe colorate. Oramai ci siamo abituati a quel loro modo di vestire che qualche anno prima ci irritava. E’ piacevole osservare gli anziani passare il loro tempo libero svolgendo varie attività, come la pesca e il gioco delle bocce, oppure dando vita ad animati scambi di opinioni sulle panchine vicino al mare fino a tarda notte. E’ certo, durante la stagione estiva, nessuno si sente annoiato. Durante la stagione successiva, ci dobbiamo abituare alla noia e alla monotonia di un paesino costiero.

Ci incontriamo al bar Paolo tutte le sere, un punto di ritrovo comune in paese, frequentato da numerosi personaggi caratteristici tra cui Alberico e Concetto. Il primo individuo ha un corpo magro, una fronte sporgente e occhi ampi, pochi denti in una bocca piccola, un tic nervoso e agita regolarmente la parte sinistra del viso, creando una smorfia che accentua la sua aggressività. La voce infantile e isterica è distintiva del suo aspetto fisico unico. Guida la sua cinquecento in modo aggressivo, ma la particolarità è che non si vede nessuno alla guida, solo il viso appena visibile. In aggiunta, ha l'abitudine di bere e ciò spesso lo rende fastidioso. Sono sufficienti pochi motivi per far emergere la sua rabbia, che si manifesta tramite un linguaggio estremamente offensivo. E’ un appassionato cacciatore, mi sono spesso domandato come abbia fatto a ottenere il porto d’armi. Il secondo personaggio è molto divertente. Non c'è nessuna connessione tra la sua denominazione e il significato della parola che lo identifica: Concetto. Lo conosceremo più a fondo la sua conoscenza in seguito.

L’inizio
La serata autunnale trascorsa al bar fu l'inizio di tutto. Quella sera, Franco e Carlo hanno deciso di sfidarsi in una partita a biliardo, mentre io e Vittorio abbiamo scelto di fare una passeggiata nel paese in attesa che terminassero il gioco. Ci stiamo lamentando della solita routine che accompagna le nostre serate, un tempo eravamo molto più brillanti, non ci rassegnavamo alla noia, ogni occasione era quella giusta per mettere in piedi scherzi di buon e cattivo gusto a seconda dei giudizi altrui. E’ Vittorio a dirmi che sarebbe importante rivalutare la propensione verso gli scherzi anziché passare inutili serate al bar, detto questo decide di rientrare a casa. Io mi dirigo nella direzione del bar per raggiungere gli altri. Nel vicolo vicino al bar, mi fermo un attimo a osservare la scena: un giovane fatica ad alzarsi da terra. Mi avvicino e scopro che si tratta di Alberico, incapace di tenere l'equilibrio e cadendo ogni volta che cerca di rialzarsi. E’ completamente ubriaco, appena riesce a reggersi in piedi mi avvicino, gli offro il mio aiuto ma ricevo solo insulti ai quali non faccio caso. Dopo diversi tentativi, riesco a portarlo fino al portone di casa.
Mi dispiace per come si trova, con le pupille dilatate e gli occhi rossi, parla in modo confuso e, quando gira il mento verso di me, l'unica parola chiara che riesco a capire è: bastardo! Durante il tragitto si piscia addosso continuando a dondolare in tutte le direzioni, in quel frangente senza il mio sostegno. Sembra il nostro gozzo quando ondeggia in mezzo al mare. Quando arriviamo al portone di casa sua fortunatamente lo troviamo aperto, lo guardo salire le scale, inciampa diverse volte nei gradini, soltanto quando sono certo che è arrivato al pianerottolo mi allontano il più in fretta possibile, non voglio assolutamente incappare nelle lamentele della madre che addossa agli altri la responsabilità se suo figlio si trova in quelle condizioni. Raggiungo i miei amici che hanno appena finito la partita a bigliardo e gli racconto l’accaduto. Dicono che il mio intervento è stato provvidenziale, altrimenti il disgraziato lo avrebbero trovato la mattina successiva i netturbini. È tardi, torniamo a casa, sono stanco ma so che resterò sveglio per pensare a ciò che abbiamo discusso con Vittorio. Non ho alcuna idea in merito, l'unica cosa che mi viene in mente è discuterne con gli altri. Quando discutiamo al bar della questione, mostrano entusiasmo ma trovare il luogo e la vittima dello scherzo risulta complicato. Mentre ciascuno presenta la sua proposta, un nostro conoscente più anziano si intromette, dicendo che a circa ventisette chilometri di distanza si trova Carrodano, un piccolo paese rurale, dove il parroco potrebbe essere il bersaglio ideale per il vostro scherzo. Al improvviso, si alza dalla tavola e se ne va, lasciandoci a riflettere sulle sue parole.

Il giorno dopo.

Ho riflettuto su quelle parole tutta la giornata tanto che decido che questa sera resto a casa, voglio informarmi su quella località. Scartabello dei volumi ma non trovo nulla degno di nota che possa catturare la mia attenzione per ideare uno scherzo al prete del paese. Raggiungo i miei genitori in sala, stanno guardando un film, mi unisco a loro. Mentre guardavo il film divertente, ho improvvisamente avuto un'idea sullo scherzo, mi sono alzato di scatto dal divano e sono andato a prendere un volume dell'enciclopedia della Liguria, mio padre ne aveva acquistati sei. Entro nella mia stanza tenendo il volume tra le mani e comincio sfogliarlo. Non mi soffermo su Carrodano, mi concentro su un altro paese nelle sue vicinanze, Brugnato. In quel luogo si trova il monastero dei Padri Passionisti. Mi interessa conoscere l'identità di questi Passionisti, visto che io di passioni ne coltivo tante e tra le tante una è la curiosità che ho appagato nel momento in cui ho consultato questo volume dell’enciclopedia Motta, anch'essa acquistata da mio padre. Ciò che mi ha affascina di più è il loro abbigliamento tradizionale fatto di tunica nera, cintura di cuoio e un distintivo sulla parte sinistra vicino al cuore con il nome di Cristo e il titolo della sua passione inciso su un cuore, sormontato da una piccola croce bianca e tre chiodi. Ho tenuto a mente queste informazioni perché nel caso si fosse deciso di andare a trovare il prete, sarebbe toccato a me, come è sempre successo, a dover condurre la conversazione e non mi piace essere impreparato sugli argomenti da discutere. Il mattino successivo Carlo è il primo che incontro, gli espongo quello che la sera precedente ho studiato a tavolino. Mi dice che ho avuto un’ottima intuizione e che questa sera c’incontriamo al bar con gli altri per discuterne la fattibilità. Siamo tutti lì al bar quella stessa sera, era praticamente scontato. Spiego a tutti la chance di poter giocare uno scherzo al prete di Carrodano presentandoci inaspettatamente come giornalisti incaricati di un'emittente televisiva del Levante Ligure per indagare sul convento dei Padri Passionisti di Brugnato.
L’entusiasmo dei presenti si tocca con mano. Chiedono ulteriori informazioni con insistenza, ma penso che aver generato in loro tanto entusiasmo quella sera sia abbastanza, preferisco lasciarli riflettere da soli e discutere meglio con Carlo in seguito. Quando usciamo dal bar, l’umore è alle stelle. Io e Carlo camminiamo insieme per un po' prima di tornare a casa e durante quei momenti concordiamo su come comportarci il giorno successivo. E’ Carlo a suggerirmi un’idea geniale, quella di riuscire a convincere Franco a usare la sua auto per andare a Carrodano. Franco è gelosissimo della sua 850coupè gialla e la utilizza solo in situazioni importanti, altrimenti preferisce essere scarrozzato da qualcun altro. Mostra una cura eccessiva per la sua auto, la lava ogni tre giorni, lucidandola con attenzione dopo averla asciugata accuratamente. Concordiamo con Carlo che per raggiungere questo nostro scopo è necessario innanzitutto discuterne con gli altri al fine di avere un motivo credibile per non poter usare le nostre macchine. Lasciamo che passino alcuni giorni prima di affrontare l’argomento. E’ un giovedì sera quando ci troviamo al bar per parlarne. C’è un clima euforico da parte di tutti ma in particolar modo da parte di Franco che pregusta quel che accadrà quel giorno. Lasciamo che di lasci trasportare da quell’onda di euforia tanto conosciamo già quale sarà la sua reazione tra poco. Arriva il momento di decidere chi mette l’auto a disposizione, tutti hanno una scusa valida eccetto Franco. C’è chi dice che l’ha dal meccanico, o chi ha il padre a cui serve proprio quel giorno. La scusa che accampa è quella di averla lavata e lucidata il giorno prima. Nel sentire una scusa così puerile lo rimbrotto per aver detto una cosa di scarso rilievo e lo invito a non trovare giustificazioni che non stanno né in cielo né in terra. Da parte sua nessuna parola, silenzio assoluto. Solo nel momento in cui Carlo suggerisce di posticipare tutto a sabato prossimo, la sua reazione è istantanea. Prorompe in un e va bene, bastardi! L’auto la metto io, basta che non ci fumiate dentro. Tutti: ok. Ci accordiamo per sabato pomeriggio. I primi ad arrivare all’appuntamento nel luogo stabilito per la partenza siamo io e Carlo, poco dopo arriva Vittorio. Franco è in ritardo, arriva quindici minuti dopo. Abbiamo il tempo necessario per commentare quel color giallo della sua auto reso ancor più appariscente dalla lucidatura settimanale.
Tutto era diverso da oggi, in primo luogo la moda. Appena scende dall’auto restiamo imbambolati nel vederlo abbigliato in un modo non adatto per uno che deve essere convincente a far credere di essere un giornalista. Bomber giallo e pantaloni rossi, sembra che sia diretto a una festa in costume anziché a un incontro per un’intervista. Carlo, che non ha peli sulla lingua glielo fa notare, lui, come suo solito fa orecchie da mercante e ci sollecita a salire in auto. E’ in piedi vicino alla portiera, sta ribaltando il sedile per permetterci di salire nel vano posteriore e rimane lì impalato a osservare i nostri movimenti. Il primo a salire sono io, lascio intenzionalmente un’impronta con la suola della scarpa sulla plastica nera che brilla da quanto è stata sfregata, subito dopo tocca a Carlo, lui usa la tecnica dirompente, in pratica si lascia andare sul sedile con un tonfo pesante e poi si aiuta con i piedi a posizionarsi meglio che può in quel spazio ristretto spostando il tappetino a protezione della moquette sotto lo sguardo infastidito di Franco. Vittorio è l’ultimo a entrare, si posiziona con tutti i riguardi possibili e immaginabili accanto a Franco che si è posizionato alla guida per poi chiudere la portiera, sbattendola con tanta forza da far tremare i finestrini leggermente abbassati. La reazione di Franco è veemente, era quello che volevamo vedere e sentire, una sfilza di imprecazioni e la minaccia di farci scendere immediatamente dalla sua auto. Terminata quella simpatica scaramuccia si parte per raggiungere il paese di Carrodano. Durante il viaggio si respira un’atmosfera gioviale e allo stesso tempo tranquilla, per mio conto eccessivamente tranquilla. Voglio ravvivarla, senza alcun riguardo punto le ginocchia contro il sedile di Franco, la mia speranza è quella di suscitare la sua reazione; stranamente non accade nulla, continua a guidare come se niente fosse. Non mi abbatto e perseguo il mio obbiettivo. Armeggio in modo scomposto nella tasca dei pantaloni e quando mi accorgo di aver suscitato la sua attenzione tiro fuori dalla tasca il pacchetto di sigarette, lo manipolo, poi estraggo una sigaretta e la metto in bocca. Creo ad arte ancora un po di confusione per prendere l’accendino e la sua reazione è immediata. Frena improvvisamente e blocca l’auto in mezzo alla carreggiata; esce dall’auto portandosi via le chiavi dell’accensione e si allontana velocemente senza dire una parola.
C’è il rammarico da parte degli altri che si lamentano con me per aver causato la sua reazione, si stanno domandando quali siano le sue reali intenzioni. Io non perdo tempo a dirgli che quando si ha l’opportunità di salire sul palcoscenico, occorre cogliere l’attimo senza esitare. Aggiungo che il nostro amico sta facendo la sua parte, noi dobbiamo restare focalizzati per compiere la nostra. Cerco di spiegare che conoscendolo a fondo sono sicuro che si è nascosto da qualche parte non lontano da noi, o meglio, dalla sua auto, godendo di averci lasciato in mezzo alla strada. Occorre trovare una soluzione per farlo tornare velocemente, la voglia di raggiungere Carrodano è tanta. Senza alcun vanto, ho una naturale inclinazione a fare contatto visivo con l’ambiente circostante e questo mi permette di individuare un capanno costruito in lamiera, nelle cui vicinanze sono accatastati tronchi di legno. Senza dar loro nessuna spiegazione sulle mie reali intenzioni chiedo loro di aiutarmi a sollevare un tronco di legno e di colpire con tutta la forza che abbiamo la struttura in lamiera. Hanno un sorriso sul volto che vale più di mille parole, sono disponibili e pronti all’azione. Nel momento in cui il tronco di legno impatta con forza contro la lamiera, un forte rumore metallico rimbomba nei dintorni. Poi, ci nascondiamo in un punto strategico, è impossibile essere osservati, mentre noi al contrario abbiamo ampia visuale dell’auto e di una buona porzione di strada. Non c’è da restare nascosti per molto per osservare il nostro amico correre verso l’auto per esaminarla da ogni angolazione. Il rumore metallico che abbiamo provocato ha sortito gli effetti sperati. E’ per noi una vera goduria vederlo con il volto pallido e gli occhi spalancati poggiato alla sua 850coupè con i muscoli facciali tesi e la postura rigida. Non riusciamo a trattenerci dal ridere. Ci sente e osserva nella direzione da cui provengono le risate riacquistando una parvenza di normalità. Quando usciamo dal nostro nascondiglio e gli andiamo incontro bastano due pacche sulle spalle per ristabilire l’armonia. Riprendiamo il viaggio. In poco tempo arriviamo a Carrodano, ora il primo nostro compito è quello di trovare il prete. Abbiamo davanti a noi una grande opportunità, la chiesa. Entriamo, a quell’ora del pomeriggio è deserta, nessuna anima viva a cui poterci rivolgere per sapere dove avremmo potuto trovare il prete. Scorgiamo una porta di legno di fianco all’altare, gli intarsi catturano la nostra attenzione, pensiamo sia l’accesso alla sacrestia.Suoniamo ripetutamente il campanello, nessuno viene ad aprire. Proviamo a spingere, è bloccata. Conveniamo che l’unica possibilità che abbiamo è quella di uscire e sperare in una fortunata coincidenza.E così facciamo.
Ci troviamo sul piazzale di fronte alla chiesa, stiamo discutendo vivacemente quando una donna dalla corporatura robusta, con delle gambe grasse, si avvicina a noi a passo deciso, con voce autoritaria ci dice che ci ha notato dalla finestra di casa mentre uscivamo dalla chiesa, puntualizza squadrandoci a uno a uno dalla testa ai piedi che è strano trovare persone che si recano in chiesa a quell’ora del pomeriggio. Rimane lì a fissarci in attesa di una risposta. Non lascio scappare questa occasione per soddisfare la curiosità della donna. Le ho detto che non siamo venuti per caso; ci è stato chiesto di raccogliere informazioni per un'indagine giornalistica sul convento dei Padri Passionisti di Brugnato. Siamo entrati in chiesa sperando di trovare il parroco per risolvere alcuni dubbi e essere preparati prima di discutere direttamente con i religiosi. Le difese create dalla donna cadono immediatamente. Si presenta come la perpetua del prete, si dice lieta di poterci aiutare e aggiunge subito: Don Bartolo può fornirvi tutte le informazioni richieste, avendo frequentato quel convento durante il suo percorso formativo religioso. Poi, una breve pausa, respira profondamente e ci rassicura che si sarebbe occupata lei di informare il prete della nostra presenza in paese. Chiede dove possiamo essere raggiunti dal parroco, le sue parole sono come melodia per noi. In particolare a Vittorio, che, appena arrivato in paese, ha notato subito un'osteria. Lui risponde alla donna: alla locanda. Salutiamo la donna che fortunatamente ci ha aiutato e ci dirigiamo all’osteria. Entriamo in quella piccola locanda e vediamo un gruppo di anziani seduti ai tavoli in completo silenzio, intenti a giocare a carte. Ci rendiamo conto che stanno giocando a scopone grazie alla disposizione delle carte e alla loro profonda concentrazione. Ma, dura poco. Siamo al centro della loro attenzione. Il membro più vecchio del gruppo mette le carte sul tavolo scatenando l'irritazione dei suoi amici per sapere se siamo lì in campagna per una breve vacanza. Gli dico che stiamo aspettando il parroco. Tutti hanno messo giù le carte che avevano ancora in mano gridando: il prete? Don Bartolo?
Non esito nemmeno per un attimo e proseguo con fermezza, sono sicuro di attirare ancora di più l'interesse delle persone presenti. Spiego quali sono le ragioni per cui desideriamo intervistare il parroco. Mi accorgo di aver segnato un punto, simile a colpire il bersaglio, il più anziano si vanta di essere stato assessore e di avere le chiavi dell'edificio del Municipio, offrendoci un posto per l'intervista al prete. Non era necessario essere un esperto per capire il desiderio dell'anziano di partecipare personalmente all'intervista e essere anche lui intervistato, ma sicuramente non nel ristorante. Senza esprimere gratitudine, indico che staremo qui ad aspettare il prete, poiché lo consideriamo il posto ideale per l'intervista. Guardiamo con divertimento la sua espressione, con il naso rivolto verso l'alto e il viso allungato in una smorfia di delusione. Alcuni riprendono il gioco a scopone interrotto in precedenza e poi sbattono con rabbia le carte sul tavolo. Non sentivano più motivo di proseguire. Abbiamo disturbato la loro attenzione. Siamo seduti a un tavolo e chiediamo una bottiglia di vino. Un individuo di altezza ridotta e fisico robusto ci porta il vino e domanda se vogliamo delle uova sode da abbinare. Franco non permette a nessuno di noi di replicare, urla un risoluto e felice sì! Siamo grati per tutto ciò che è stato offerto; abbiamo gustato il vino locale con piacere. Ne vogliamo un'altra bottiglia. Nel frattempo, si è instaurata un'atmosfera gradevole in cui i presenti ci interrogavano e noi rispondevamo concedendoci la libertà di esprimere la nostra fantasia. Nella locanda c'è un'atmosfera molto accogliente e siamo felici di quella compagnia inaspettata. Cambia tutto quando il prete varca la soglia del locale. E’ un uomo forte, con capelli neri senza un tocco di colore bianco e due mani che sembrano più adatte a un contadino che a un sacerdote. E’ difficile stabilirne l’età. Ha tono vocale da tenore che si sposa perfettamente con la sua mole. Si dirige senza esitazioni al nostro tavolo, ci fissa con sguardo magnetico, resta in piedi con le gambe ben piantate a terra, ci domina con la sua stazza poi, inizia la conversazione dicendo che Assunta ha interrotto il suo riposo pomeridiano per avvisarlo della nostra presenza; continua senza darci modo di intervenire, interrogandosi a voce alta sul fatto che gli pare strano non essere stato informato di nulla e sottolinea con fervore di aver svolto il ruolo di parroco in questa comunità per 25 anni.
Sottolinea anche che in passato si è Curato di una parrocchia locale; ci fa sorridere quando afferma che in questa area le chiese parrocchiali sono cresciute in fretta, proprio come i funghi. Mi sta guardando attentamente, poi volge il suo sguardo verso i miei compagni di viaggio, per poi tornare subito a me; mi sento osservato da tutti i presenti ma non dimostro imbarazzo. Comprendo che mi ha scelto tra gli altri come l'interlocutore privilegiato. Lo ascolto attentamente e mi convinco che quel prete non ha paura di affrontare le sfide e non gli importa affatto del ridicolo. Adotta una forte determinazione nel comunicare le sue opinioni. Quando chiedo informazioni sul monastero, mi dice bruscamente di avere pazienza e ascoltare attentamente per capire. Esprime il suo punto di vista con una sincerità e una intensità mai viste prima. Resto sorpreso quando si volta verso di noi con lo sguardo e ci chiede se abbiamo mai sentito parlare di verità eterna. Penso che voglia prenderci per i fondelli. Ma, non è così. Restiamo in silenzio per un momento di troppo e lui ne approfitta per dirci che un romanzo o una poesia possono comunicare una verità eterna allo stesso modo della filosofia e teologia. Non comprendo il nesso di quella divagazione. Lo interrompo, e questa volta sono deciso a non farmi zittire. Contrariamente a quanto pensavo il prete si predispone ad ascoltare. Gli dico senza esitazione che le sue osservazioni sono tipiche sia dei credenti che dei non credenti. Vedo sul suo volto un’espressione di contentezza per le conclusioni a cui sono arrivato e mi sento soddisfatto pensando di aver fatto breccia nella corazza del prete. Non è così che va. Con destrezza, il sacerdote continua il racconto e dice: ho abitato con mia madre e mio fratello fino ai quindici anni, nostro padre è deceduto durante la guerra nel 1942. All’improvviso, la situazione finanziaria della mia famiglia si complica; mia madre e mio fratello lavorano duramente nei campi per tutta la giornata, mentre io mi impegno nello studio, ottengo buoni voti e mi distinguo per la mia velocità di apprendimento. Con il passare del tempo mi spingono continuamente a iscrivermi in seminario per continuare gli studi, garantendomi un posto sicuro e il necessario supporto finanziario. Il venti Gennaio del cinquantatré, con il viso bagnato dalle lacrime, salutai mio fratello. Mia madre mi accompagna all’ingresso del seminario: alle donne è vietato entrare.Ci salutiamo con un lungo abbraccio mentre un giovane seminarista resta fermo di fronte alla porta d'ingresso. Dopo aver detto addio alla mamma, seguo il giovane seminarista nel suo cammino verso lo studio del rettore. Mi sento imbarazzato di fronte a quella maestosa figura con atteggiamento autoritario. Mentre lo ascolto, sento un forte bisogno di pisciare, cerco di ridurre l'imbarazzo guardandomi intorno, ma quando il rettore annuncia: non potrai vedere la tua famiglia per un anno, sento i pantaloni bagnati e un piccolo rigagnolo ai miei piedi. Con arroganza mi ordina di rimediare al mio pasticcio, mi segnala il ripostiglio in cui erano riposti gli stracci e gli utensili necessari per asciugare ciò che ho bagnato. È stato un periodo molto complicato, caratterizzato da solitudine e prolungati momenti di silenzio.
Il raggiungimento della perfezione era considerato possibile solamente tramite questi due elementi. Per tutto l’anno non potevo incontrare mia madre e mio fratello nemmeno in occasioni come il Natale e la Pasqua. Ogni volta che sentivo la mancanza di casa, mi veniva ricordato: chi ama di più il padre e la madre di me non merita di essere mio discepolo. (Bibbia. Matteo 10, 37 – 42). Avete capito l'importanza di ciò che vi ho spiegato? Concordiamo, non siamo in grado di fornire una risposta alla sua domanda, un mix di emozioni negative, come rabbia e frustrazione, hanno invaso il nostro modo di percepire le cose. Il prete se ne rende conto immediatamente e prosegue con enfasi nel suo racconto. A ventidue anni divento diacono, dopo due anni ricevo l’ordine sacerdote e mi assegnano il ruolo di vice parroco qui a Carrodano. Non ci metto molto a capire che i periodi passati in seminario erano privi di umanità. Il vecchio sacerdote si sforza al massimo per ristabilire i legami con i giovani della comunità. Mi domanda se sono in grado di assisterlo in questa complessa attività. Sono entusiasta di accettare. In breve tempo mi permette di agire liberamente, non si intromette nel mio lavoro, limitandosi a osservarmi come fa un arbitro con un giocatore ammonito durante una partita di calcio. Con il passare del tempo, un forte legame di amicizia si rafforza. Riconosce il mio impegno e entusiasmo nel compito che mi ha assegnato. Un giorno mi ha chiesto se desideravo essere ammirato per le mie qualità o simulare, come spesso fanno molti, per cercare di ottenere l'approvazione universale. Indubbiamente, opto per la prima scelta e lui si mostra contento della mia decisione, confermando l'elevata ipocrisia nel settore della moralità e dei rapporti sociali, garantendomi il suo appoggio per ciò che è ancora possibile realizzare. Siamo entrambi desiderosi che la vita nel paese sia piena di gioia. Poi, con le dita nodose delle mani si carezza i capelli e chiede se siamo interessati a sapere qual è il compito che l'anziano parroco gli ha affidato. Siamo entrambi desiderosi che la vita nel paese sia energica e felice.
Poi, con le dita nodose delle mani si carezza i capelli e ci domanda se siamo interessati a sapere in che cosa consiste la missione che l’anziano parroco gli ha assegnato. Pendiamo dalle sue labbra e siamo interessati, facciamo un cenno di assenso e lui continua a raccontare. La mia principale occupazione è organizzare incontri con i giovani per parlare e scambiare idee che possiamo realizzare insieme. La prima cosa da fare è migliorare le condizioni del campo da calcio, attualmente in uno stato pessimo; la seconda priorità è organizzare tutti gli elementi necessari per le stagioni primaverili ed estive. Necessito del loro aiuto il quale non tarda ad arrivare. Sempre più giovani partecipano in modo attivo agli incontri ogni singolo giorno. Sono così assorbito da questo impegno che ignoro i legami con i parrocchiani anziani. Il vecchio sacerdote mi fa capire che non posso escludere gli anziani, che hanno lavorato duramente e sostenuto la chiesa quando necessario. Queste parole sono presenti in me e diventano più intense quando vado a letto la sera per dormire. Da quando sono arrivato, guardo ogni giorno con nostalgia il locale dove ci incontravamo da ragazzi, ma ora è tristemente abbandonato. Mi interrogo sul motivo per cui sia stato lasciato cadere in quelle condizioni, pur essendo adatto per varie attività parrocchiali. Ho bisogno di discuterne con il parroco. Quando se ne presenta l’occasione le sue parole al riguardo, trasmettono amarezza. Mi ha raccontato di aver cercato più volte di persuadere la curia sulla importanza di rinnovare quel locale per la comunità parrocchiale; vorrebbe contribuire ancora, ma la sua età lo limita. Gli domando se posso avere una opportunità? La sua replica è: quante ne desideri. A partire da quel momento, le mie ore di sonno diminuiscono drasticamente poiché devo dedicarmi a pensare e organizzare attività che non sono strettamente legate alla religione e al culto. Nei giorni successivi, suono a ogni porta e invito tutti a partecipare a un meeting nella chiesa per parlare della ristrutturazione dell'antico edificio parrocchiale.
Durante la riunione notturna, la chiesa è affollata più che mai, con la presenza di tutti i membri della comunità locale. Un assicuratore famoso, mai prima interessato alla comunità parrocchiale, offre il suo aiuto coprendo i costi assicurativi durante e dopo i lavori. Spiega che non serve fare pratiche amministrative, solo impegno e lavoro manuale. La discussione si anima in modo positivo, con donne, uomini, anziani e giovani che si offrono volontariamente per contribuire con le proprie competenze al rinnovo del locale. Quando iniziano i lavori, si verifica un evento straordinario: i giovani collaborano fianco a fianco con i più anziani. Si vive una delle esperienze più belle mai provate fino a quel momento. La condivisione. In soli due mesi il locale è stato completamente rinnovato. Con il coinvolgimento di tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione di questo progetto, concordiamo la data dell’inaugurazione. Da quel momento in poi, le riunioni serali si tengono regolarmente per poter organizzare al meglio ciò che consideriamo il momento più importante dell'anno per noi. Nel corso dei giorni che ci separano dalla scelta della data dell’inaugurazione del nuovo locale osservo il reverendo sempre più preoccupato; mostra un comportamento strano, si tocca frequentemente il viso come segno di nervosismo. Chiedo a lui quali sono le sue preoccupazioni. Mi consegna un foglio e mi chiede di leggere. Il vescovo ha scritto al parroco per informarlo della sua intenzione di effettuare una visita pastorale durante l'inaugurazione del nuovo locale e chiede di comunicargli la data. Non riesco a comprendere la ragione del suo preoccuparsi. Affermo che la presenza del vescovo all'inaugurazione non è una cattiva notizia, ma mi interrompe bruscamente dicendo di non essere affatto d'accordo! “ Non ci hanno aiutato minimamente, l'unica cosa positiva è stata non intralciarci. Sto pensando di scrivere a lui che i parrocchiani hanno dedicato impegno nel rinnovare il locale e vogliono trascorrere quel giorno con umiltà e vicinanza a Dio.” Gli dico di valutare attentamente perché rischia di subire delle conseguenze personali. Mi risponde che non gli interessa. I giorni scorrono e insieme agli abitanti del paese, concordiamo la data dell'inaugurazione. Il reverendo mi informa che durante la messa inaugurale sarà mia responsabilità officiare, lui parteciperà come concelebrante, e termina dicendo in modo perentorio: è il momento dei giovani!
Il giorno della domenica la chiesa è colma, i giovani si siedono di fronte all'altare e partecipano attivamente alla cerimonia con i canti; il coro parrocchiale ha concesso ai giovani di scegliere e cantare le canzoni. Dopo la funzione religiosa, ci si riunisce nel nuovo locale, le donne e le ragazze più giovani hanno preparato diversi piatti, mentre i ragazzi hanno addobbato il locale in modo festoso la notte precedente. Una Domenica in cui si respira l'odore della gioia. Nei giorni seguenti, molte persone si occupano del locale e partecipano alle varie attività. Durante il tempo libero, il reverendo e io ci vediamo di tanto in tanto all’osteria per giocare a scopone. Nella locanda sentiamo il rispetto che ci viene mostrato in quei momenti. Non una maledizione o una bestemmia per una carta giocata in fretta, lanciata sul tavolo da gioco. Nei giorni seguenti, molte persone si occupano del locale e partecipano alle varie attività. Durante il tempo libero, il reverendo e io ci vediamo di tanto in tanto all’osteria per giocare a scopone. Nella locanda sentiamo il rispetto che ci viene mostrato in quei momenti. Non una maledizione o una bestemmia per una carta giocata in fretta, lanciata sul tavolo da gioco. Si è creato un bel clima in paese che coinvolge tutti in modo positivo. Come spesso succede quando c'è totale sintonia e armonia con gli altri, il diavolo arriva per seminare discordia. Siamo convocati a presentarci in in curia. Il reverendo ed io siamo sereni e certi di aver sempre agito nell'interesse e per il bene della comunità. Arriviamo fiduciosi all'incontro. Il segretario del vescovo è adesso qui con noi mentre aspettiamo. Un prete giovane cammina in modo instabile avanti e indietro nel suo ufficio. Comincia a parlare senza concederci il tempo di sederci, subito ci rimprovera per essere presenti all'osteria e chiede rispetto per l'abito religioso che indossiamo. Il vescovo non approva il vostro comportamento. Durante il nostro ritorno, il reverendo mi chiede se so perché il vescovo ha incaricato il suo segretario di dire quelle parole. Sinceramente non so cosa dire se non che lo avevo avvertito delle possibili conseguenze. Lui mi dice amichevolmente che il vescovo manca di coraggio e franchezza, quindi dobbiamo continuare senza esitare sulla strada intrapresa, quella dell'unione e della collaborazione. Noi quattro disgraziati desideravamo deridere il prete, ma ora siamo lì immobili con le mani sul tavolo, totalmente rapiti dalle parole di Don Bartolo che ci chiede se vogliamo conoscere i colpevoli del vuoto nella parrocchia.
Non aspetta la nostra replica, continua con il suo discorso, sorprendendoci nuovamente. Indica la direzione del monastero e aggiunge che lì la teoria e i pensieri sono separati dalla realtà. Quando il prete inspira, io colgo l'occasione per versare un bicchiere di quel vino rosso ambrato e glielo offro. Don Bartolo inclina la testa di lato mentre riflette, poi prende il bicchiere con la mano destra e alza il braccio sinistro stringendo il pugno in segno di vittoria, gridando: l'intervista è conclusa! Ora devo andare, usate bene le informazioni che vi ho dato, anche se non verranno mostrate in televisione. Sotto lo sguardo divertito e allo stesso tempo interessato dei presenti, l'unica azione positiva che abbiamo compiuto fino a quel momento è stata quella di stringergli la mano. Quel diavolo d’un prete ha attirato su di sé l’attenzione sin dal suo arrivo alla locanda, è l’ha mantenuta fino a quando non ha deciso di porvi fine. Siamo stati abilmente manipolati dal prete. Grazie a noi, ha detto ciò che forse non aveva espresso da molto tempo.

Il ritorno.

Usciamo dalla locanda con l’espressione triste, come quella di chi deve partecipare a una cerimonia funebre. Assenza totale di allegria, l'aria è opprimente. Il prete ci ha demolito. L’unica nota positiva la trovo nella similitudine del personaggio (Don Bartolo) con Arlotto Mainardi, un sacerdote fiorentino ricordato per i suoi scherzi proverbiali, che sono stati raccolti nel famoso volume dal titolo: i motti e le facezie del Piovano Arlotto. Fu una personalità di primo piano in tutta la Toscana, tanto che una delle sue leggendarie beffe venne immortalata in un quadro del 600 ad opera del pittore Baldasarre Franceschini. Per far ridere i miei amici, racconto di questo sacerdote che, tornando dal dal Casentino, si fermò in un’osteria a causa della pioggia. Il locale era pieno di persone, che avevano già occupato tutti i posti liberi davanti al fuoco. Il prete disse di aver perso una grossa quantità di denaro non lontano dall’osteria. I commensali, decisero di andare in cerca delle monete, permettendogli di sedersi davanti al fuoco scoppiettante. Sono riuscito a sollevare il morale di tutti loro, tanto che durante il viaggio di ritorno, Carlo suggerisce di fare una sosta in pizzeria. Valutiamo la sua proposta e scegliamo di fare tappa all’Arlecchino.
Arrivato alla meta, invece di entrare immediatamente nel locale con gli altri, vado al tabaccaio per comprare le sigarette che avevo dimenticato sul tavolo dell'osteria. Esco dalla tabaccheria con il pacchetto ancora in mano. Corro il rischio che mi cada per terra dalla inaspettata sorpresa. Per pura casualità incontro Concetto. L'altro personaggio di cui ho parlato in precedenza.
Ha un aspetto fisico particolare che lo fa sembrare ridicolo a causa della sua ingenuità. La sproporzione tra il sedere e il resto del corpo è notevolmente compromessa. Spalle minute e una testa simile a un cocomero su un collo lungo e rugoso, con un ventre sporgente. Sposta costantemente la sua enorme testa in varie direzioni. Lavora in un'azienda come operaio, ama molto il pugilato e i suoi colleghi lo persuadono ad iscriversi alla palestra di boxe di Pino, famoso per insegnare il pugilato e fare scherzi. Chiunque abbia avuto la fortuna di osservarlo durante i suoi allenamenti in palestra ha avvertito di trovarsi improvvisamente catapultato in un set di un film comico. Dopo averlo stancato con una serie di esercizi, Pino lo fa salire sul ring per aiutare uno dei suoi allievi a fare allenamento. Mentre balla al centro del ring con le braccia cadenti, è impossibile non ridere, poi Pino gli ordina di mettersi in guardia. Il vero pugile lo colpisce sui fianchi, e Concetto cade a terra contorcendosi. Incontrarlo è come ricevere un invito a nozze. Pantaloni di velluto marrone a coste con diverse toppe, un maglione a collo alto e una giacca con il logo della palestra. Gli domando perché è fuori con questa umidità, mi risponde gutturalmente che è uscito per fare una passeggiata e che non ha cenato perché Pino lo ha messo a dieta per un prossimo incontro di pugilato. Non riesco a lasciarmi sfuggire questa occasione. Lo informo che mi dispiace non poterlo invitare a mangiare una pizza con noi perché sta seguendo una dieta. Con disinvoltura, mette un dito nel naso e mi dice che forse una pizza la può mangiare. Mette la mano nella tasca dei pantaloni per cercare il portafoglio, fa una faccia strana e mi chiede se posso aspettarlo mentre va a casa a prenderlo. Mentre va via, mi viene un'idea. Torno al tabaccaio e compro dei filtri per pipa che trito attentamente, ottenendo così una polvere bianca. La metto in una busta di plastica e la infilo in tasca. Poco dopo, arriva puntualmente. Mi ringrazia per la mia pazienza e mi offre la mano. Non la stringo, è la stessa che ha usato poco prima per mettersi un dito nel naso. Arriviamo alla pizzeria che si trova a pochi passi di distanza. Appena entriamo, i miei amici seduti al tavolo esclamano in coro: toh! e wow! L'improvvisa presenza di Concetto è per tutti noi come un segnale stradale che indica la direzione da prendere, nonostante non si conosca la destinazione. Subito si liberano posti intorno al tavolo, tutti vogliono sedersi vicino a lui. Io mi posiziono accanto a Carlo, lui trova spazio vicino a Vittorio e Franco. Comincio dicendo che Concetto avrà presto il suo primo match di boxe ufficiale e suggerisco di brindare. Nel mentre, il cameriere si avvicina per prendere i nostri ordini.
Franco richiede quattro birre e una bottiglia d'acqua per Concetto, sul cui volto si disegna una smorfia disumana, seguita da una voce rauca e supplichevole che chiede di portare anche una birra a lui. Vittorio fa notare a lui che la birra non è adatta per una dieta sportiva, lo sentiamo bisbigliare qualcosa d’incomprensibile.
Quando ci viene chiesto quale tipo di pizza desideriamo noi quattro scegliamo la Margherita, Concetto la quattro stagioni. Mentre attendiamo, beviamo le nostre birre, Concetto ci osserva con ostilità. Io, trovo la scusa di andare in bagno per allontanarmi con il cameriere. Gli chiedo se la quattro stagioni può essere servita una decina di minuti prima delle altre. Mi risponde che non ci sono problemi. Come concordato la prima pizza viene servita a Concetto, il quale si mette il tovagliolo intorno al collo. Nel frattempo, Vittorio si tuffa sul piatto fumante di Concetto e taglia la pizza in cinque parti mettendone una sul nostro piatto. Rimane sbalordito. Non gli rimane altro da fare che addentare con voracità la fetta di pizza. Non ha voglia di parlare attende che portino le altre pizze. Che non tardano a arrivare, c'è il rischio di scottarci la lingua mangiando il primo boccone, tutti eravamo curiosi di vedere la sua reazione. Rimane con la bocca spalancata, poi chiede una fetta a ognuno di noi. Vittorio, masticando con gusto, gli dice che doveva dirlo prima se non voleva condividere la pizza e gli ricorda l'importanza di mantenere un peso leggero per il match di boxe e seguire la dieta. Sono così divertito dalla situazione che non riesco a finire la mia pizza, ne ho ancora metà. Decido di spostarla nel piatto vuoto di Concetto, che inizia a mangiare soddisfatto. Non ho compiuto questa azione per un senso di colpa verso di lui, non è minimamente passato per la mia mente quel pensiero ma ne ho un altro in mente. Mi alzo e inserisco i filtri che avevo precedentemente spezzettato nella tasca della sua giacca che è appesa dietro la sedia. Percepisco che le persone al tavolo stanno per ordinare il caffè, ma io decido di non prendere nulla e, mentre aspetto che venga servito agli altri, mi viene un'ispirazione improvvisa. Se la sorte è dalla mia parte, il resto della serata sarà indimenticabile. Contatto telefonicamente Massimiliano, ho sempre delle monetine per il telefono nelle tasche dei pantaloni. È un coetaneo che è molto sveglio e ha molta voglia di partecipare alle nostre attività scherzose. La fortuna mi è favorevole, risponde al mio secondo squillo; devo essere breve, non posso spiegare tutto, mi affido alla sua lungimiranza. Dico che sono in pizzeria con gli altri e Concetto è con noi. Un fischio di accondiscendenza mi riecheggia nelle orecchie, è ansioso di unirsi al nostro gruppo. Le chiedo di controllare la sua emozione e di essere concentrato su ciò che sto dicendo. “ Di avvertire Mauro e Enzo e poi di raggiungerci in pizzeria senza che si facciano notare da Concetto. Di seguirci quando usciamo dal locale, prima a piedi e poi in macchina. Da quel momento in poi, via libera alla fantasia.
Dal caffè, passano all’amaro e il tempo mi favorisce. Il problema è che loro non sanno della mia chiamata precedente, cerco freneticamente una soluzione e la propongo improvvisamente. Offrire la pizza a Concetto. Tutti sono d’accordo. Chiediamo il conto, raccogliamo i soldi e li diamo a Concetto perché vada alla cassa e paghi. Sembra incredulo, prende i soldi e inizia a camminare. In quel momento, comunico la situazione agli altri. Poco dopo eccoli entrare, si collocano in una posizione tattica per osservare i nostri spostamenti; noi siamo pronti ad andarcene dal locale. Ora bisogna convincere Concetto a proseguire con la serata. Entriamo nell'auto, noi tre prendiamo posto dietro, mentre Concetto si posiziona di fianco a Franco che sta domandando se deve accompagnarci a casa. Vittorio propone immediatamente di andare a Santa Giulia durante la notte. Sto per esprimere la mia opinione, ma mi interrompo subito quando sento le parole di Concetto, che, nonostante vengano pronunciate con una voce gutturale, suonano come melodia ai miei orecchi: perché no! La serata è ormai andata! Il percorso per raggiungere il luogo è largo e veloce all'inizio, ma successivamente si restringe diventando ripido con molte curve, solo in un punto è diritto, e in quel momento una Lancia Fulvia ci sorpassa ad alta velocità rasentando la portiera della 850coupè per poi fermarsi davanti al nostro veicolo bloccandoci il passaggio, senza possibilità di scampo. Concetto ha cambiato colore, ha il volto pallido e suda copiosamente, sta tremando come una foglia. Sono loro, escono rapidamente dalla macchina, si avvicinano e si identificano come agenti mostrando un distintivo, ma in realtà era il badge. Sono davvero colpito da quest'idea, non avrebbero potuto fare di meglio, sono stati veramente geniali. Ci chiedono di consegnargli i documenti, cosa che facciamo immediatamente. Li controllano minuziosamente soffermandosi più a lungo su quello di Concetto, poi senza tanti complimenti ci fanno uscire dall'auto con le mani poggiate sul tetto del veicolo con le gambe divaricate e ci perquisiscono. Agiscono con una meticolosità talmente eccessiva che ho pensato che si sono calati in quel ruolo con grande abilità e naturalezza. Per ultimo perquisiscono Concetto. Lo toccano da tutte le parti scrollandolo a dovere, non usano nessuna delicatezza. Quando gli trovano la bustina con i filtri sminuzzati che gli avevo infilato in tasca gli domandano ancora il suo nome; con un filo di voce risponde: Concetto. Massimiliano che si è calato nella parte con entusiasmo gli dice che non ne ha assolutamente un briciolo. Prosegue mettendogli davanti agli occhi il sacchettino con dentro la polvere bianca, lei è un spacciatore! Concetto si rannicchia davanti a loro, impotente, terrorizzato e tremante.
Mauro, lo guarda con fermezza e gli dice che verrà portato in commissariato, a noi si limita a dire che possiamo andare, hanno le nostre generalità e sanno dove trovarci. Concetto resta immobile con la bocca spalancata, la patta dei pantaloni aperta e i resti della pizza tra i denti, mentre le lacrime gli solcano il viso. C'è il rischio di mettere a repentaglio la situazione, ci sforziamo di trattenere la risata ad alta voce quando vediamo quell'uomo sfortunato preso sotto braccio e messo in macchina con il gesto tipico della mano dietro la testa. L’enorme mano di Mauro era ancora posata sulla sua spalla. Si allontanano rapidamente, partendo sgommando. Spetta a noi seguirli. Gli abbiamo persi di vista loro, dobbiamo continuare e sperare che rallentino per riunirci. In altre situazioni avrei riso, ma quella volta no, sono stati fermati dalla polizia quella notte. Dico a Franco di andare un po' più avanti; scendiamo per osservare l'evolversi di quella situazione inattesa. Un agente sta osservando Concetto così intensamente che sembra desiderare la sua distruzione. In seguito, si volge verso di noi; siamo un po' lontani, ma abbastanza vicini per essere notati da lui. Mentre i miei due amici sono agitati, mantengo il controllo del respiro e mi concentro sulla scena, permettendomi di notare il cambiamento repentino del suo volto da severo a indulgente; fatico a credere quando, sorridendo, fa l'occhiolino e poi riprende con fermezza a rimproverare Concetto. Proprio in quel istante si verifica una scena incredibile. Sotto il rigido controllo del poliziotto, Concetto tossisce e con grande effetto fa fuoriuscire la sua protesi dentaria che finisce vicino a un tombino delle acque bianche. Lì resta fermo con la bocca aperta e senza denti, non si muove per andare a prenderla, è ancora l'agente di polizia che, con professionalità, gli ordina di andarla a prendere, si muove in modo goffo per raccoglierla e la infila in bocca senza pulirla. L’altro poliziotto si allontana dalla macchina e non riesce a trattenere la risata. Mi sento molto contento ma anche ansioso. Prima di tutto non riesco a comprendere il comportamento della Polizia, inoltre ho paura che a Concetto gli prenda un coccolone. È ora di porre fine alla finzione. Rinfrancato dal modo di agire del poliziotto, mi avvicino con fermezza e affermo che Concetto è una buona persona e che sicuramente qualcuno ha scherzato alle sue spalle. Racconto che Concetto è un appassionato di sport e si sta preparando per una importante sfida di boxe. Il poliziotto si sforza di rimanere serio, fa del suo meglio per non ridere. In seguito, con tono autorevole, dice a Concetto di farsi scortare a casa e di evitare di apparire di nuovo in nostra presenza.

La sorpresa

Preso com’ero non mi ero accorto che Massimiliano e Mauro erano spariti dalla circolazione, chiedo a Vittorio e pure lui ne è sorpreso. Poi, li vediamo apparire insieme a Giovanni. È un amico di lunga data che lavora nella polizia, lo conosciamo sin da quando eravamo bambini e nonostante le nostre scelte di vita diverse nel corso degli anni, abbiamo sempre mantenuto un legame forte. Gli è difficile trattenere la risata, poiché inizia sempre a ridere incontrollabilmente ogni volta che tenta di parlare. Quando riprende il controllo, ci informa che siamo ancora gli stessi. Vi abbiamo sorvegliato da quando siete usciti dalla pizzeria, ero certo che steste progettando qualcosa con quel poveraccio, quindi ho coinvolto i miei colleghi e ci siamo divertiti a vedere la reazione dei vostri partner quando li abbiamo bloccati. Erano confusi come la persona che avete preso di mira. Adesso riportatelo a casa e siate grati che ero in pattuglia; altrimenti sarebbe stata una brutta situazione per tutti voi. Il nostro percorso si separa da quello di Massimiliano e degli altri due, i quali, nonostante il sorriso sciocco sul viso, devono aver provato grande paura quando sono stati fermati dalla polizia con il povero Concetto a bordo. A ben pensarci siamo riusciti a fare uno scherzo terribile non solo a Concetto ma anche a loro. Questo aumenta la nostra soddisfazione, sarà un elemento di scherno nei loro confronti per un bel po' di tempo. Concetto sale con noi in auto, Carlo gli si rivolge dicendo: è meglio che andiamo a dormire, cosa ne pensi? Una sola frase: mi sono cagato sotto, non so se riesco a prendere sonno. Una volta rientrato a stento riesco a trattenermi dal ridere pensando al corso del pomeriggio e della notte. Sto riflettendo su come sia possibile essere così stronzi, poi mi dico: basta pensare e nessun rimorso; in fin dei conti Concetto ha passato una serata che racconterà in tutte le salse in ogni occasione. Non quattro, bensì sette Bastardi sempre pronti a entrare in azione. Alla prossima, sperando che il tempo porti consigli.

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