Lea adorava novembre, un mese che invita alla calma e alla riflessione.
Mentre i suoi amici lo ritenevano un mese cupo, una triste parentesi prima dell’euforia natalizia, lei accoglieva l’invito di novembre a rallentare e a riflettere su ciò che valeva la pena di conservare o lasciare andare. Proprio come le foglie dorate, pensò Lea, che si lasciano cadere senza opporre resistenza, fiduciose in una futura rinascita.
In un pomeriggio umido e lattiginoso stava preparando la sua torta di mele che profumava di burro e di cannella, ma di tanto in tanto lanciava occhiate in tralice verso il display del cellulare, poggiato sulla credenza.
Da troppo tempo aspettava quella telefonata. Si era forse illusa ancora una volta?
Perché le persone ti seducono con le parole e poi scappano senza spiegazioni, si chiedeva, mentre infornava il dolce palpitante di lievitazione.
Impostò il timer e si avvicinò alla finestra sull’altro lato della cucina, quella che dava sul giardino, non prima di aver preso dal microonde una tazza di thè fumante.
Mentre sorseggiava la bevanda calda e l’aria sprigionava in modo sempre più intenso l’aroma di cannella, una leggera pioggia aveva iniziato a tamburellare sui vetri.
Lea vide dalla finestra l’ultima foglia staccarsi lentamente dalla siepe e adagiarsi sul lastricato bagnato del giardino. Cominciò a mettere ordine nei pensieri.
Era inutile opporsi, rifletté, era arrivato il momento di lasciare andare il suo amore, e in quell’autunno stranamente mite, forse avrebbe dovuto voltare pagina.
Bevve l’ultimo sorso di thè e si dispose ad assaggiare il frutto del suo lavoro in cucina.
“Forse è questo il senso della vita”, pensò assorta. “Essere pronti a gustare brevi attimi di felicità”.
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