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Una rilettura delle lettere a Lucilio di Seneca

di Maria benedetta cerro
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Pubblicato il 01/02/2022 17:39:50



Da una rilettura
delle Lettere a Lucilio di Seneca (da La soglia e l’incontro)


Non è la misura dell’abbraccio
la traccia che lascia dentro
la strana matematica del cuore
che non le parole calcola
o il gesto
ma l’onda dello sguardo
che in fondo giunge
e ritorna come una marea.
Eppure una parola esiste
che è lontana musica dei sensi
che forse attraversa la tristezza
prima di cogliere la mente
che s’era per un attimo assentata.

A quella torna coi suoi conti sbagliati
l’eccezione della regola esatta
che non prevede la ragione.



“Orbene, che cosa è che rappresenta per l’uomo il supremo valore? La ragione: tutto il resto egli ha in comune con gli animali e con le piante”.
(libro IX, lett. II)




L’opportunità del piangere
o piuttosto l’impossibilità.
Così fermo e bianco è il lago
che si accoglie nel fondo
– troppo oltre la bocca del vaso
che vi attinge –
Quella non è che negata dolcezza
del diritto al pianto
sapere persuaso il cuore
al buio fitto del nascondimento.
Passa nello sguardo ogni cosa
e si fa nulla
come il tutto che sai non ti appartiene.

Allora intero nel lago tu vuoi precipitare
a quel pianto aderire con totale slancio.




“Noi cerchiamo colle lagrime di dar prova delle nostre pene, cerchiamo non il dolore ma di mettere in mostra il dolore”. (libro VII, lett. I)





È quasi giorno.
La luce nomina le cose
e serra l’altrove
che in alto pone felicità e sapienza.
O forse erano nel buio
e lungamente in quello
esercitai la mia pazienza.
Altri mi lasciarono il passo
che via – e non raggiungimento –
mostrarono nel tempo.
Mi guardo il viso
da ben altre ombre attraversato
e segni del nulla o poco
che mani affaticate edificarono negli anni.
Non so di quale umanità
è parte questa vita
che sempre l’avverso sentiero ha perseguito
e pure con valore perso ogni contesa.




“È cosa grata avere qualche contrarietà da vincere, ed esercitare così la pazienza”.
(libro VII, lett. II)




Non credevo di tanto attraversare
virtù perseguire che forza crescesse
in volontà e tenacia.
Forse il caso o Fortuna che dici
questa corsa a ostacoli allestiva
perché giungessi quasi sul traguardo
a cadere sul filo del sorpasso.
Ora guardo il sasso
che mèta e valore è divenuto
e non comprendo ragione dello sforzo.





“Non per caso giungi alla virtù. E non senza grande sforzo si riesce a comprendere il valore e la finalità”.
(libro IX, lett. II)





È necessario l’andare.
E dove?
In quale strana maniera
senza luce nell’incerto
e la fatica del passo che non vuole.
Come arrivare a comprendere
che non è previsto pentimento
e avanzare nel tempo
è conto irreversibile e pagato?
Così ogni vita splende e si arrende
sotto l’occhio del sole
senza capire fino in fondo
che vivere è un morire anestetico
e l’ora appartiene al tempo.





“Compagni, è necessario andare in un luogo dal quale non è necessario ritornare” (discorso tenuto da un generale romano, nel mandare i soldati ad occupare una posizione alla quale dovevano giungere attraversando un grande esercito nemico).
(libro X, lett. II)

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