D’improvviso smise il fuoco nelle rotule
l’eruzione di due piccoli crateri invisibili
a mandar faville girandole che s’accendevano
nel vento di colori vivaci e fiamme.
Ecco così d’un tratto camminavo su spilli
anche da ferma
Domandavano spazio le dita nelle scarpe
i talloni immersi nella brace
il dorso dolente l’arco quasi inesistente
le caviglie ammanettate.
Non erano umorali sbalzi di stagioni
il caldo intenso o il rigore di notti d’inverno
ma il brivido sul fuoco
la lastra in superficie
e sotto lo specchio
il crepitio d’un ciocco ardente.
Echi che tuonavano nel sonno
propaggini d’incubi notturni
a devastare il giorno
fino allo zittire del tarlo
per mutare in murmure nel sangue,
crudele lento.
Dei polsi tumefatti, delle falangi obese
avevo ora uno sbiadito ricordo
provvisoria amnesia
fino al risveglio di nodosi rami
ch’esplodono di tanto in tanto
germogli in aria.
Io frammentavo il grido tra gola e cuore
per misurarne il tempo
interminabile di note,
in disaccordo dentro ogni cellula
sotto la pelle ovunque,
fin sotto le unghie.
E d’improvviso era tregua.
Inaspettata
Provvisoria
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