Nessuno a casa m’aspettava
la tavola imbandita i fiori dentro il vaso
le bollette ad asciugare per le gocce
di pioggia dentro la cassetta della posta,
la proposta d’un viaggio a stemperare
il quotidiano normale sopravvivere.
Nessuno a sorprendermi, la colazione a letto
e le parole magiche all’orecchio quando
qualcosa andava storto e nei miei occhi
entrava il buio e verdi erano solo le pupille
d’un gatto nei vicoli incrociato.
(Forse ora l’avrei accarezzato seduta in salotto
sul divano, con l’aria annoiata o col pensiero
diretto a nord della mia terra).
Nessuno a dirmi, andiamo il tempo è bello
nel verde delle spighe e nel profumo dei gelsomini in fiore,
tra gli oleandri, nell’aria satura di quel giardino
generoso di bianche roselline.
Nessuno a raccontarmi del giorno andato
delle speranze vane, delle attese,
del domani dei progetti folli.
Nessuno a narrarmi le meraviglie d’un tempo
se pur incerto, del pericolo in agguato, ma di cosa?
Forse del nulla, del mistero e di ombre antiche mai svanite,
di memorie sepolte, di tesori chiusi nello scrigno,
la mappa tra le mani, il sogno d’un viaggio che portasse
all’isola (di chi?) di quiete e di ristoro
per l’anima flagellata, ma da cosa?
Dovrebbe essere avvezza alle tempeste,
alla zattera preda delle onde
a venti di ghiaccio e ai miraggi in pieno agosto
così come d’inverno dinanzi al focolare,
il ciocco accarezzato dalle fiamme.
il fumo dentro gli occhi a ricordarmi
che se piango non è per i rimpianti.
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