Quando ogni lavor del giorno
hai volto a giusta chiusa
tolti dal desco della cena i resti
t'apri a una finestra
o qualche passo indugi
sopra quel terrazzo
che sull'ultimo orizzonte
il guardo apre di campagna colmo
il buio
ch'artatamente tarda
pur s'avvicina per merto di lunario
Lo sai
la mente vuole
ma il corpo stanco
paga dazio al tempo
Raro ormai è l'uscire
alla ricerca pel corpo d'un sollazzo
per l'anima
a volger psicogeografico il tuo passo
alla deriva per le usate calli
del paesone 'nfame
o quelle d'un'altra città più nove
che prossime o diatanti sieno
né meno rare son persone
ormai
che meritino tuo 'ncontro
tiranno il tempo anche con loro
così le imposte chiudi
con un languor
che dir non sai
se più di tristezza sia
o serenità di giusto
Dedichi perciò quel paio d'ore
a una lettura lieve
allo scriver questi versi
a correre far qualche pensiero
verso nuove o vecchie situazioni
e sotto a tutto questo
la musica rilasci
decenni di musiche diverse
le voci di quei morti
che ti salvaron vita
in anni di gravitude assai lontani
quando dei subumani attorno i rauchi figli
affilavano in te la lor miseria
spregiando i doni tuoi
pari per esser con orgoglio
(e ben accetti quindi)
alla lor squallida semenza
Quando ciò fai
dalla macchia di buio
che furono quegli anni
pozzanghera melmosa
di cui ascendesti l'immondizia
gli spirti andati dietro quelle voci
tu benringràzi
e pensi all'occasion mancate
a quelle invece colte
al molto realizzato invece
in questa grama terra d'adozione
che vipera gelosa
per odio e per disprezzo
mai ti lasciò d'andare
e trovi giusto
in fondo
celebrar te stesso
in faccia a quei malnati
l'aiuto che dall'Alto
e da ciò ch'è bello intorno
(anche se troppo spesso
incompreso nel suo istante)
scudo ti fece varie volte
E chiusa questa nota
coscienza così vuole
che giunto il tempo sia
di ceder passo all'ora del riposo
un grazie ancora volgi di quelle voci ai nomi
ai pochi amici andati e rimanuti
di qualsivoglia Regno membri
alla casa
che perfetto guscio ti s'addice
e che con nuove opre domani onorerai
Già s'assopisce il cuore
uno sguardo regali a quella luce
che naturale o meno
dal di fuori tra le fessure filtra
e ti ricorda vita
socchiudi gli occhi infine
e al giusto sonno
cedi
(Tratta dalla raccolta inedita
"De rerum domesticarum")
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