Tinti occhiali buffi su nasi finti
stavo facendo serio quattro conti
ch'è da una vita che mi manca poco.
Avevo pochi anni e già mi si dava
per "Morto da cent'anni" fuor di scuola
per goliardia in punta suonava invidia.
Ma io sono sempre qua e sono sicuro
che ci sia pure lei: l'alone è espanso
dietro al palazzo, che ci sta capisco
che tra un nulla sguscerà fuori lume
a far capolino da dietro il tetto E noi saremo quaggiù ad accoglierla.
Ricordi com'era bizzarro il cielo,
tutto quel giallo riflesso da nubi
oggi: palazzi, strade, alberi...? Tutto
senza essere in autunno ed al tramonto
ch'è ultima luce di cui far tesoro.
Un taglio sul palmo scorrevo intento:
che cielo e che sera morbida pelle
lei assisa sul confine della sera
far l'occhiolino falsa timida. Eccola
prima impacciata dietro la ringhiera
sull'altana striata e senza gettare
trecce, che ci si accomoda sul ferro
per poi scavalcarlo, me a bocca aperta
e lanciarsi nel vuoto tra le note
d' un reggae che sa di cicale e grilli.
Lei che corre in braccio alle note
e la notte che ci abbraccia calda
dagli UB forty* un vino rosso d'annata.
È da una vita che mi manca poco
e dovrei già esser morto da cent'anni:
no, non dovrei essere qua. E la seggiola
su cui tu stai seduta non dovrebbe
starci sulla linea della mano.
Tu che ci stai seduta mi confondi
come lei illuminandomi col bacio.
Prima che essa si lanciasse nel vuoto
si che disco come non mai lucente
apparisse, dimmi che anche tu hai visto
come scalava i muri, blatta in fuga
pallida d'ambrato liquore gonfia,
per poi slanciarsi oltre la tua seggiola
io smarrito tra liquidi miraggi
ché da cent'anni dovrei essere morto.
Non so ancora per quanto farà il suo giro
per quanto poco di certo si farà dono
però ci siamo ancora e la vediamo.
28/08/2012 woodenship
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