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Primo Maggio


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Pubblicato il 01/05/2011 12:00:00

[ La poesia è letta dall'autrice, alza il volume ]
 

*

Da quanno che er monno è monno

Puro prima che lo sapessero rotonno

Dalla tera s’arzava forte er coro

Dell’ommini che chiedeveno pane e lavoro.

 

Pane vor dì vive senza fame

Lavoro cresce li fiji ner decoro

Ma oggi nun se fanno ponti d’oro

A chi vò guadambiasse er pane cor lavoro.

 

Le fije le vonno belle e tutte “…ine”

Sordi facili pe’ fa la rima co’ sguardrine.

Li maschi mejo se li crescemo carciatori

Chè tanto nun paga gnente diventà dottori.

 

Semo sicuri che nun è mejo

Avecce sulle mano er callo

Che immaginasse la regazzina tua

Mentre che bascia de ‘na statua er fallo?

 

E abbasta co’ la minchiata de’ la crisi

Doppo la guera ereno tutti smunti e lisi

Eppuro hanno cacciato della morte er lezzo

E rifatto l’Italia pezzo a pezzo.

 

Ar grido: “Vojo la libbertà oppure moro”

Hanno creato ‘na Repubblica fonnata sur Lavoro

E noi sta meravija la zozzamo?

De’ li padri fede e memoria rinnegamo?

 

Primo de maggio è er compleanno nostro

Che lavoramo duro e senza lustro

Famo la festa a chi ce vole toglie tutto

Senza er bastone e senza causà lutto.

 

Fino a che ce saranno le piazze e le elezioni

Basterà fasse cresce li cojioni

E nun sarebbe bello

Se, ‘nsieme, ce rimprendessimo er cervello?

 

Disceva nonna: “Si nun voi affogà,

cocca de casa, devi da notà”.

Me la rivenno: “Si voi ancora campà

Quando metti la croce, vedi che poi fa!”



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