Preferisco camminar solo nelle intemperie dell’esistenza,
cuore e mani congelati, steso, sul fondo di una vasca, da bagno,
come cubetto di ghiaccio in bicchiere di vodka liscia,
mosca avvolta nella tela d’ebbro ragno.
Preferisco camminare, camminare, e camminar solo,
nei reconditi cubicoli della piramide sociale,
in cerca di uno spazio,
tutto mio, che non consista
nello starci seduto in punta – ché fa male!-
come capita a molti, troppo spesso,
in vite che ci scivolano via senza versare dazio.
Preferisco camminar solo, lungo strade pavimentate di denti rotti,
sotto tormente di neve, sotto tormente di navi senza rotta,
abbandonate, nell’interstizio dei confini di città sbrecciate,
senza dolori di stomaco, o di sedere,
nelle mie notti infuocate da pompiere.
E, un assolo di solitudine, si staglia
su cieli tersi come cocci di bottiglia,
messi a difesa delle vertiginose altezze delle nostre anime,
per difenderci dagli incubi,
per difendere gli incubi da noi.
[Galata morente, 2010]
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