Fuggii come un marinaio
dal diario dei pensieri
d’un vascello dorato
rinunciando per te, amore mio,
a porti con mille labbra da baciare
ricevendo missive affrancate con filigrana straniera.
Perché è la tua ora, dea di luna,
ora dell’odor di nardo
fuoriuscito da un giardino di roseti.
Di rado cade pioggia,
timida come crepe di specchi,
il cielo è fisso come un vetro.
In te nasce e si ordina
il tempo dell’amore,
con tentacoli di medusa
tocco i focolai del corpo:
la pelle di rame, miele,
fino a suggere sudore celeste.
Lambisco gli alberi frumento
che caddero nel mio fiume,
germina il desiderio,
volendoti porre al collo di panna
una corona intrecciata d’alloro
corro al letto nel giglio vespertino.
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