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Pubblicato il 16/05/2023 21:19:22
Che io non sappia riconoscere la tua gravità, tu la mia e amputiamo le parole del loro oro, ci abbandoniamo alla memoria dell'innocenza e dell'ingenuità, incise nella carne con gli anni dell'allegrezza e con i giorni del pianto, ignari dei segreti nel colore delle urine. Oggi premono le nostre vesciche come un tempo premevano i genitali al sole la loro fame di vita, oscena protesta che non perdonava alle anime la ricerca di un'altra nuova luce, perché l'attimo prima del buio precipitava sulla carne un silenzio che tratteneva l'urlo del piacere alllo scandalo della perduta felicità.
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