Pubblicato il 05/05/2021 12:21:42
La raccolta di poesia, haiku e fotografie in bianco e nero, si articola come un corpo, un corpo che ha perso la sua consistenza e cerca di disgregarsi poiché la percezione del mondo che appartiene a quel corpo è in bianco e nero, senza mezze tinte, senza possibilità di trovare varchi o ripari. Ogni testo, più specificamente, è un passo che organizza dapprima una dissolvenza e poi, grazie al lavorio della terra, della natura che entra in corpo attraverso immagini ma soprattutto odori, fantasmi che galleggiano e vivono di nebbia, acque che hanno in sé l’arcaicità e la potenza di un sacro incorruttibile, il vuoto, il silenzio, le tante declinazioni del verde, i cieli, le nuvole, gli animali che vivono le sponde e le golene, le spiagge, le case e i maceri, le piccole chiese, la luce, la notte, i cieli stellati oltre i confini dei paesi, e ancora i paesi, le case abbandonate e in rovina ma ancora in piedi, contro la forza del tempo e dell’acqua, i centri rurali e le poche anime che li vivono, storie di memorie letterarie e contadine…E ancora si potrebbe continuare in molti dettagli ma tutti, indistintamente tutti, contribuiscono a quietare un dolore che preme con forza, un’urgenza che chiede di trovare la sua erba medicamentosa, una parola di sale che sleghi dal capestro. Per questo il corpo centrale è dissolto in haiku, indicando il lungo periodo di eremitaggio in luoghi di silenzio, selvatici, abitati solo dal vento, dalle bestie delle paludi, dagli uccelli, dalle piante. Pochissimi i tratti riservati agli uomini, alle persone, a cui si arriva nuovamente solo alla fine, quando il corpo, trovati i suoi collanti si è rigenerato, dando forma e ospitalità ad una parola modulata in versi, riversandosi esso stesso nella relazione con l’altro, anche l’altro se stesso. Le fotografie di Cristina Finotto, che all’interno del libro scandiscono precisi passaggi, sono paesaggi in cui viva si esprime la parola non detta, sono la terra della salvezza, intima, profonda, il linguaggio in cui i territori celati si esprimono oltre ogni vocabolario e sono il volto di quel paesaggio praticato in sé che ha ricostruito quel corpo, all’inizio smembrato, risanandolo. E’ anche un ringraziamento, questo libro, a tutti coloro che in questa terra hanno abbattuto i limiti di confini inutili, aggiungendo luce alla profondità di questi spazi liberi.
fernanda ferraresso sentieridicartesensibili.wordpress.com
Da: In pochi attimi di vento
sognavo tutte le notti sognavo un paese posto ad oriente un continente fatto di luce una china trasparente gocciando da un vaso suonava parole di perla e di terra
così anche io deposta la mia vecchia abitudine come un abito da non indossare ancora lasciati i fili del telaio mi misi in mare e aperto il cielo senza più trappole di tempeste nei miei piedi e nelle braccia si misurò il viaggio imbrigliò per notti e notti tutti i miei sogni stesi ne fece teli per le sue finestre
24 un sole d’acqua lo specchio senza ombre poi il vento
29
e bere bere la tua nuvola d’aria neve e luce
30
senza alcun suono i piedi nella notte le stelle intorno
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