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Tessiture spaziali

Poesia

Titti Follieri
Morgana Edizioni

Recensione di Marilena Mosco
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Pubblicato il 26/05/2017 12:00:00

 

Tessiture spaziali è il titolo di questa raccolta di poesie che si susseguono e si annodano come tanti fili ruotanti in un percorso tracciato dal segno di LeoNilde Carabba e legato alle esperienze e alle impressioni di vita di Titti Follieri. Un incontro tra due personalità che hanno alle spalle una ricca attività nel campo della pittura e della scrittura, e che stavolta hanno scelto, d’accordo con la casa editrice, di alternare ai versi le forme circolari allusive al sole, alla luna, al Mandala, all’Ouroboros, simbolo dell’alternarsi nella vita del bene e del male, della luce e dell’ombra in un continuo ritorno. Il tempo e lo spazio sono le due coordinate che scandiscono il susseguirsi delle poesie in quattro capitoli , Il Pianeta amicizia, La Costellazione dell’amore, Erranze, Da Occidente a Oriente. Pur nella sua matrice autobiografica la poesia riesce a inglobare sentimenti condivisibili con chi legge, come il ricordo della sorellanza tra donne, lo sbocciare, il maturare e il tramonto del rapporto amoroso, la consapevolezza della sua fatale fugacità, il bisogno della fuga e del rinnovare se stesse, l’accettazione della fine e del Fato in nome di una sentita appartenenza alla natura, alla terra e all’esistenza collettiva. Delia ovvero dell’accoglienza e dellaprotezione, Carla ovvero l’essenza di un affetto acciambellato a gatto, Icaro, felino lussureggiante, leggera piuma color cipria, Hermes che annuncia l’arrivo di Eros, sono tra i protagonisti del Pianeta dell’Amicizia in cui spira una visione serena della vita e il tenero scambio di effusioni e sensazioni piacevoli, come quelle gattesche, che sanno di fusa, di coccole calde, di complici sguardi. La costellazione dell‘amore vede l’autrice emozionata, tremante di gioia e paura di fronte all’Amore, innamorata, sotto la chioma del vecchio salice e l’alone della luna piena nell’azzurro notte, consapevole dell’attimo fuggente, dell’unione profonda di due anime coinvolte dallo stesso amore per la Poesia; fugace la gioia, permane l’illusione di essere artefice del suo destino, su di una zattera senza più ormeggi. La voglia di amare il dono di ancora desiderare l’unione, di trovarsi uniti incontro all’incertezza del domani, risuonano come le onde del mare che vanno e vengono, in un continuo alternarsi di assenze e presenze; domina il sentimento del tempo, il duello tra Eros e Cronos, e la vittoria di Cronos che non ci fa più riconoscere gli uni agli altri in un fatale gioco di specchi. I versi si snodano lentamente seguendo un ritmo diverso a seconda l’esperienza vissuta, ora più serrato, ora più lento e il linguaggio sempre sciolto e saturo di significati non cade mai nel banale e nel sentimentalismo; all’interpretazione dei sentimenti, delle sensazioni, delle emozioni, si alterna la descrizione incisiva dei luoghi, delle città, della campagna, come di quell’angolo di terra toscana macchiato di verde, di giallo e marrone, o la baia dell’Enfola, il mare turchese, i tetti rossi e il bianco delle case: pennellate di colore, e il rumore del mare, “L’onda che aggredisce i sassi , suona una musica di pietre che rotolano, franano cedono salgono e scendono e diventano muro”. Il Mediterraneo e l’oltremare sono i due poli per la viandante, sospesa tra il legame con la terra natia e il bisogno di esplorare nuovi orizzonti, di assaporare nuove esperienze, di nutrire la mente con diversi linguaggi; un vagabondare da Poona a Parigi a Montreal, seguendo la via del cuore, segnata da un trasmigrare nell’esilio” ed è l’esilio e l’andare continuo, il fulcro delle emozioni e della poesia. Il tema dell’esilio accomuna l’autrice ai tanti poeti che nell’abbandono della terra natia hanno trovato spunto per esplorare e sfidare se stessi, cantando la malinconia, la gioia, le amarezze della vita e quel senso di sospensione tra il passato e il presente tra l’essere e l’esistere che è proprio degli esuli: un’anima gitana prende e va, ama le mescolanze, ripete un eterno addio e aggiungo, prende anche commiato dall’aula, dai “giovani spesso in bilico su dirupi di insicurezza, di svalutazione di sé,d’inconsapevolezza, ai quali insegnare che solo “l’esperienza conta individuale sulla propria pelle”. Davanti a Notre Dame la commozione improvvisa: il vagabondare trova un senso ,nel pianto accogliere la tristezza, abbracciare la vita per il dono, onde un messaggio di amore per la Madre terra e un invito alla solidarietà tra gli uomini, nel rispetto per la natura e nella speranza di una pace che superi le divisioni e i conflitti dell’umanità.

 


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