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Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)

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La fabbrica delle donne

Narrativa

Goffredo Buccini
Mondadori

Recensione di Giuliano Brenna
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Pubblicato il 17/10/2008 19:49:00

Gesuino è un adolescente di Verlascio, paesino – immaginario – della provincia campana, dove ancor oggi, come da secoli, tutto va come deve andare, le donne a casa o a vendere ortaggi al mercato, gli uomini tutti assunti alle Poste e l’immancabile barbiere a fare da notiziario della zona. I giovani, come il protagonista e il cugino mariano, vivacchiano un po’ di burle, un po’ di espedienti e piccole truffe, quali gli incontri di calciobalilla truccate per raggranellare qualche soldo. Lo stampo della società è antico, omertoso e sebbene il paesino sia tanto sfortunato da “essere schifato pure dalla camorra” il modello dominante è quello dei piccoli malavitosi. Sennonché un giorno, per risollevare le sorti economiche della zona disagiata, a Verlascio viene aperta una fabbrica che dà lavoro a sole donne, perlopiù straniere, ma anche della zona. Questo evento anziché essere visto come opportunità positiva per il paese viene vissuto come indebita intromissione e le donne della fabbrica vengono fatte oggetto di sevizie, gratuite quanto efferate, da parte – apparentemente – di un gruppetto di giovani, ma si capisce ben presto come sia l’intera comunità ad avallare e giustificare le violenze, secondo l’antico adagio: “Non siamo noi ad essere razzisti, ma siete voi ad essere diverse”. In tutto questo Gesuino invece, grazie ad una ragazza della famigerata fabbrica, scopre l’amore e la tenerezza, sentimenti generalmente scherniti e derisi dal gruppo dei suoi amici, e attraverso questi sentimenti riuscirà a capire e conoscere le vite delle donne sradicate dal loro ambiente. E si sa come l’amore sia l’unico antidoto al razzismo, infatti Gesuino sarà uno dei pochi, forse l’unico, in maniera aperta, a prendere le difese delle donne, quando Verlascio farà una specie di sommossa contro di esse mentre si accinge a salutare come degli eroi un manipolo di ragazzi inizialmente arrestati per aver seviziato una donna, ma ben presto rilasciati per tornare al loro paese a portare a compimento il loro crimine. Attraverso il suo amore che gli fa vedere nitidamente il male che si annida sotto la facciata di perbenismo che ammanta la città, Gesuino, riuscirà a diventare finalmente uomo e a compiere la sua scelta. Buccini, fa proprio raccontare dal protagonista Gesuino, tutta la vicenda, e lo fa con parole semplici, a volte ingenue, proprie di un ragazzo di quell’età, a volte i discorsi sono inframmezzati da frasi in dialetto, poi abilmente spiegate, questo metodo narrativo può sembrare sulle prime una faciloneria, una specie di spolverata di gusto folcloristico atta a nascondere pecche strutturali. Però, dopo le prime pagine ci si rende conto che la narrazione pecche non ne ha e l’uso di un italiano “impuro” un po’ da televisione, un po’ da bar, rende più precisa ed armoniosa l’intera struttura grammaticale del libro; intendendo con grammaticale non solo la struttura sintattica delle frasi ma il metodo con cui si viene a creare un tessuto armonioso che riesce a descrivere vezzi e caratteri dei personaggi quasi solo attraverso il modo di parlare. Il romanzo dopo lo stupore iniziale riesce a coinvolgere il lettore in un susseguirsi di fatti di smagliante concretezza nella finzione romanzesca e mai banali o messi lì tanto per riempire le pagine; anzi il romanzo colpisce proprio per la sua essenzialità, quasi volesse rispecchiare nello stile il paesaggio brullo di Verlascio, col suo muraglione di pietra, a simbolo della chiusura del paese verso tutto ciò che arriva da fuori. Va da se la forte attualità dello scritto, sebbene a volte sembri senza tempo, sospeso in ambiti mentali radicati da secoli, fa quasi da eco a molti fatti di cronaca, i quali, purtroppo, non sono relegati in un paesino della provincia chiuso da un antico muro, ma parlano tutti gli accenti della Penisola. Un libro davvero bello, particolare, ma non di quella particolarità che può apparire un vezzo alla moda, ma che invece esprime una mano felice dell’autore e una notevole capacità di leggere negli animi e nelle pieghe dell’ambiente.
Un unico punto ininfluente ma, a mio avviso, fuorviante: la fotografia di copertina; molto bella, ma forse più adatta ad un romanzo su una famiglia borghese, o, peggio, ad un romanzetto di genere più alla moda, spero i potenziali lettori non si lascino fuorviare.

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