Leggere Silvana Leonardi è come intraprendere un viaggio attraverso spazi mentali ed emotivi complessi, dove le parole diventano strumento di esplorazione e trasformazione. Queste nuove composizioni calligrammatiche invitano il lettore a perdersi nella pagina, a lasciarsi guidare dalla forma e dal suono, a scoprire nuovi significati e connessioni. La sua scrittura è un invito a riflettere sulla nostra esistenza, sulle nostre relazioni con gli altri e con il mondo che ci circonda. Questa antologia, la sua seconda opera poetica pubblicata, raccoglie poesie scritte in quasi 10 anni, raccontando un viaggio che rivela le esperienze di vita dell’autrice e coinvolge il lettore in un’esperienza molto particolare e interessante.
Il titolo “Psicogeometrie erranti” suggerisce nettamente, ancor più, la parabola, per tentativi a volte non andati del tutto a segno, per inevitabili, umanissimi “errori”, e per l’erranza nomade di una continua dinamicità senza requie, e l’esplorazione della stessa psiche umana attraverso la geometria e la poesia, invitando il lettore a riflettere sulla propria esistenza e sul proprio rapporto tra forma e contenuto. Silvana Leonardi si conferma perciò un’autrice che usa la poesia come strumento di profondo scandaglio e inesausta trasformazione, creando per il lettore un’esperienza di profondo, costante e salutare coinvolgimento.
Il suo quanto mai sapiente uso di immagini e descrizioni crea scene vivide, trascinando i lettori nel suo mondo poetico. Sappiamo bene, per altro, che Silvana Leonardi è un’artista totale, multidisciplinare. Il suo lavoro si estende infatti ben oltre la poesia, includendo l’originaria attività più che cinquantennale, nella pittura, e anche in sculture e installazioni, spesso incorporando elementi teatrali e performativi. La sua ricerca artistica è guidata dal desiderio di esplorare a 360 gradi la condizione umana e il rapporto tra sé e il mondo. In questa sua impetuosa e ambiziosa opera poetica, Silvana Leonardi alza il tiro rispetto alla sua precedente, riuscitissima raccolta “Ritratti in/versi”. Qui non ci sono più personaggi della letteratura e dell’arte cui rivolgere le sue evocative emozioni poetiche, ma è il suo vissuto stesso, il suo percorso esistenziale, in tutta la sua ricchezza e complessità, le sue contraddizioni, i suoi inevitabili conflitti, intimi e con la realtà che la circonda, a venire in luce nei suoi versi nuovamente strutturati con un’abilità davvero virtuosistica, che riesce a coniugare la precisione del progetto grafico con il ritmo e la suadente musica, a volte non esente da voluti fragori, nel suo dettato.
Qui il suo lessico e le sue scelte stilistiche si presentano più rivolti verso l’irruenza espressiva, il pathos più diretto e liberato da ogni filtro del limitante pudore, tranne quello del controllo, dell’equilibrio e del rigore formale.
Questa ben misurata irruenza è certamente conseguente a una dimensione di coraggiosa opposizione a un’armonia, a una quiete che non abbia in sé l’autentica risoluzione di stridori, di interiori disformismi, del suo mondo e del suo intransigente rapporto con una, purtroppo spesso inaccettabile, realtà circostante. La sua voce poetica enuncia ancora, seppur con diversi riferimenti, qui più personali, contigui e presenti, tra incanto e affanno del vivere, una ricerca indomita di un percorso di identità senza maschere, senza condizionamenti, senza reali sensi di colpa, che pure a volte affiorano dubbiosi, specie nei rapporti familiari e nel non sempre facile ruolo di madre e artista, ruolo vissuto in tutte le sue profonde implicazioni, anche critiche, che rendono, alla fine, la sua poesia una sorta bilancio esistenziale, fornendole altresì una sorta di magico “sestante”, che possa dirigere più saldamente il fluire inarrestabile di un suo elettivo fiume ideale, nel suo, talvolta accidentato, corso verso un suo mare vitale, sconfinato, che accolga la sua segreta tempesta e la plachi, in un naturale ritmo di energie, in una rinnovata chiarezza cristallina di sguardo interiore che diradi la torbida cupezza, che tutti oggi spesso attraversiamo, in uno squarcio liberatorio di tenero e profondo azzurro, un “imprevisto terminale sussulto / la speranza.”