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Pugni

Narrativa

Pietro Grossi
Sellerio Editore Palermo

Recensione di Giuliano Brenna
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Pubblicato il 12/06/2009 16:16:00

Tre racconti, o romanzi brevi, compongono questo secondo libro pubblicato da Pietro Grossi. I pugni del titolo sembrano trarre origine dal primo dei tre racconti, ambientato nel mondo della boxe, ma procedendo nella lettura si capisce come essi servano, sebbene non dati con i guantoni, ai protagonisti per trovare la propria strada.

Il primo racconto, come accennato, parla di un giovane ritenuto da tutti il classico “sfigato” ma in realtà è una promessa del pugilato. Il protagonista si ritiene il miglior pugile della sua categoria, malgrado non abbia mai disputato alcun incontro a causa dei divieti della madre. Durante l’unico incontro che disputerà, per sfida, contro un caparbio e forte sordomuto, si renderà conto di cosa significhi diventare adulto, mentre l’esito dell’incontro trascolora ai suoi occhi, sente sorgere dentro di sé l’uomo adulto che è diventato con l’applicazione e la determinazione. La sua volontà ha spazzato via le illusioni della giovinezza per dargli la nuova arma con cui combattere sul ring della vita. Questa sorta di rito di passaggio è raccontato in modo assai efficace, con squarci di vita reale di palestre, corpi, sudore ed imprecazioni ed ha, nella sua brevità, la forza evocativa delle istantanee.

Il secondo racconto di tipo western per la bellissima ambientazione, riprende il tema del racconto precedente, e ha come protagonisti due fratelli alla soglia della maturità. Quando il padre regalerà loro due cavalli, uno di loro deciderà di dissipare la propria vita andando “in città” luogo misterioso e crocevia di tutto ciò che rappresenta la vita vera, secondo i due ragazzi cresciuti in un villaggio isolato. L’altro fratello, Daniel, si impegnerà invece per seguire una strada tutta propria, sebbene la cattiveria e l’ingiustizia tentino di sbarrargliela, sarà proprio serrando i pugni che otterrà giustizia e passerà così nel mondo degli adulti, mondo in cui sarà costretto a dire addio al fratello Natan, fratello reale o lato infantile di sé.

Nel terzo racconto partendo da uno spunto che ha una venatura surreale, assai ben pensata, Nico dovrà mostrare i pugni a tutto ciò che lo circonda e che credeva essere il suo mondo, quando si rende conto di vivere soffocato in mille legami angusti e soffocanti.

I tre racconti hanno quindi questa linea comune del “doppio”, nel mondo esterno con cui confrontarsi e quello dentro di noi, entrambi da sfidare per poter crescere e giungere ad essere uomini completi.
La raccolta è molto bella, scritta molto bene, nella brevità dei racconti l’autore riesce comunque a dare un ottimo spessore ai personaggi e dà loro una ambientazione quasi tangibile. Nello scrivere Grossi riesce a permeare il suo stile con gli elementi tipici dell’ambiente che sta raccontando, così nel secondo racconto, ambientato nel far west, anche le descrizioni e parte dei dialoghi hanno quel gusto tipico dei vecchi film di cow boys, mentre nel terzo il linguaggio è quello tipico contemporaneo; linguaggio a volte crudo, con qualche concessione alla lingua parlata, ma che non guasta e serve a dare una coloritura di reale al tessuto della narrazione.
L’autore dal suo precedente “Touchè” ha dimostrato certamente una grande maturazione sia nello stile che nei contenuti, e in questi racconti si può arguire che vi sia la preparazione per il romanzo che ha fatto seguito, “L’Acchito”, nel quale le notevoli doti dell’autore si sono pienamente confermate.

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