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Le tre pietre (favola per bambini)

di Alessandro Porri
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Pubblicato il 07/11/2014 13:28:19

Le tre pietre

 

Un temporale di alta montagna picchia forte da ore, un ruscello si trasforma in torrente, il torrente si riscopre fiume impetuoso che trascina con sé cose e storie. Tre pietre, partite dalla stazione più alta, trasportate dal fiume in piena, stavano per giungere a valle. Erano tre pietre anonime, lisce, senza spigoli, avevano un colorito bianco pallido. Eran lì, grandi poco più di una pallina da tennis, oramai quasi ferme dopo la loro forsennata discesa. Nel loro cammino si erano mescolate con altre centinaia di pietre molto simili a loro, alcune più grandi altre più piccole, tutte partite da luoghi diversi. Sembravano tutte uguali, ma a guardarle bene, tre di loro erano un poco più uguali! Nella loro folle corsa, si erano perse di vista e ritrovate più volte, si erano avvicinati fino a toccarsi e allontanate fino a non vedersi più. Una volta, una di loro, si era perfino fermata un paio d’ore al sole che finalmente si era affacciato, poi, pensando che le altre due la stessero aspettando, aveva ripreso il proprio cammino. Erano passati tre giorni, tanto avevano impiegato le tre pietre a giungere a valle e godere di un poco di riposo. Due di loro si erano ritrovate vicine, l’altra era distante una decina di metri. Il fiume scorreva lento, le pietre, ora immobili, si godevano le carezze levigatrici dell’acqua, ed il tepore del sole che scaldava l’intera vallata. Le ore passavano, i giorni passavano, tutto era estremamente uguale, apparentemente bello ma anche assai monotono. La pietra rimasta in disparte, iniziava a dare i primi segnali di impazienza, non poteva parlare comodamente con le sue compagne, e, quando voleva farsi sentire, doveva urlare in lingua pietrese, ma tutto era estremamente faticoso. Non era riuscita a fare amicizia con le pietre vicino a lei. Aveva instaurato solamente rapporti superficiali, quelle che la circondavano infatti, erano tutte pietre valligiane che si sentivano superiori a quelle che scendevano dalle montagne. Anche se sembravano esteriormente tutte uguali, in realtà, al loro interno, le pietre erano molto differenti. Erano i primi giorni di Dicembre e il Santo Natale si avvicinava, la valle era bellissima questi giorni, piena di colori e di luci lampeggianti. Le finestre, i portoni, ed i tetti delle case erano piene di addobbi, dai comignoli uscivano profumi inebrianti di dolci in preparazione. Una mattina, erano circa le dieci, un gruppo di bambini, insieme alla loro maestra, si avvicinarono al fiume nel punto dove l’acqua era più bassa.

«Bambini, allora eccoci al fiume, fate attenzione a non scivolare, scegliete una pietra bella liscia non molto grande, così sarà più facile poterla dipingere. Tre alla volta così posso controllarvi meglio, quest’anno faremo un bellissimo lavoretto per Natale», disse la maestra alla scolaresca.

Se avessero potuto ascoltare il pietrese, i bambini avrebbero sentito un fiume di urli cercare di attirare la loro attenzione.

«Eccomi, bel biondino prendi me, non ce la faccio più a stare in acqua, soffro di reumatismi pietrosi.»

«Prendi me sul caminetto starei benissimo.»

«Eccomi, eccomi, ma non mi vedi, guarda che pelle liscia che ho, sarei perfetta da dipingere.»

«Piccolina, sono qui, sarei perfetta come fermacarte, ma tanto che ti parlo a fare, sappiamo tutti che l’uomo non può ascoltare il pietrese», disse con un filo di voce la pietra montanara rimasta da sola.

«Hai ragione, sarai un perfetto fermacarte, e poi, con quella piccola macchiolina nera, sei perfetta per ciò che ho in mente», rispose la bambina.

«Cosa, cosa? Riesci a sentirmi?»

La bambina non aggiunse altro, raccolse la pietra la mise nel suo zaino e si riunì al gruppo. In poco più di un’ora ogni bimbo della classe aveva scelto la propria pietra. Al termine dell’operazione, due delle nostre tre amiche furono scelte, mentre la terza rimase a mollo nel fiume sconsolata.

La mattina seguente, i bambini, muniti di pennelli e colori, erano tutti eccitati all’idea di cimentarsi nella trasformazione artistica di quei semplici sassi.

«Allora ragazzi, io penso sia meglio fare qualche prova sopra ad un foglio e poi, una volta pronti, cominciate a dipingere il sasso che avete scelto. Potete disegnare qualcosa di natalizio ma non siete obbligati, lasciate andare  liberamente la vostra fantasia. Forza al lavoro.»

Dopo circa un’ora di prove e pasticci vari, tutti i bambini avevano scelto il soggetto da dipingere sulla loro pietra.

«Tu così liscia diventerai un’anatra coloratissima, quella tua macchia sarà l’occhio dell’uccello, ti chiamerò proprio Macchiolina, sarai perfetta», disse Michela alla pietra come se parlasse ad un essere animato. Già, come se parlasse ad un essere animato, perché la fantasia dei bambini, si sa, può raggiungere livelli che gli adulti ormai hanno perso. Macchiolina decise per il momento di tacere e di osservare attentamente cosa accadeva attorno a lei. Nel banco davanti, un bambino di nome Mattia, era alle prese con l’altra pietra montanara.

«Ho deciso che di te farò un regalo», disse Mattia a voce alta.

«E sai che scoperta, è chiaro che sarà un regalo», commentò Michela.

«Non hai capito, lo dipingerò come se fosse un vero pacchetto regalo e gli metterò attorno anche un vero fiocchetto.»

«Carina l’idea, bravo Mattia, così potrai anche appenderlo all’albero.»

«Ah ah, sarai bellissima, ti chiameremo Fiocchetto», disse Macchiolina in pietrese alla sua amica.

«Macchiolina! Non prendere in giro la tua amica. Quella di Mattia invece è proprio una bella idea», rispose Michela.

«Ma allora tu . . . riesci a sentirmi veramente?» Disse Macchiolina, sorpresa e spaventata al tempo stesso.

«Certo che sì», rispose la bambina.

«Ma con chi stai parlando?» Chiese Mattia.

«Parlo con la mia Macchiolina, stava commentando la tua scelta, e prendeva in giro divertita la tua pietra nella loro lingua.»

«Parli con chi? La loro lingua cosa? Tu Michela stai poco bene.»

«Ma perché tu non riesci a sentirle?»

«Ma di che cosa stai parlando dai, non scherzare.»

«Michela, volevo dirti che sei la prima persona che riesce a capire il pietrese», disse Macchiolina.

«Il pie. . . cosa?» Chiese Michela

«Il pietrese sì, la nostra lingua», aggiuse Fiocchetto.

«Grazie dell’informazione Fiocchetto.»

«Ora vuoi dirmi che anche la mia pietra parla?» Chiese Mattia assai perplesso.

«Certamente Mattia.»

«Maestraaa, voglio cambiare banco Michela è strana oggi.»

«Mattia non disturbare gli altri compagni che stanno lavorando, impegnati anche tu e lascia in pace Michela», rispose un poco seccata, l’insegnante.

Ognuno continuò il proprio lavoro per tutta la mattinata, e alla fine le opere d’arte furono pressoché tutte concluse, mancava solamente qualche ritocco, un poco di porporina d’oro, qualche fiocchettino qua e là e la firma dell’artista. Prima che Macchiolina fosse completamente asciutta, Michela voleva sapere proprio da lei, se il suo nuovo aspetto le piaceva, d'altronde era lei che sarebbe dovuta andare in giro vestita in quel modo.

«Macchiolina che dici? Ti piace come ti ho dipinto?»

«Non lo so, non riesco a vedermi, ci vorrebbe uno specchio.»

«Aspetta ora vedo cosa posso fare?»

«Maestra posso andare in bagno?»

«Michela ci sei stata non più di mezz’ora fa. Tra poco suona la campanella e ci andrai a casa.»

«Non è per me, è per la mia amica Macchiolina.»

«E chi sarebbe questa tua amica?»

«La mia pietra, mi ha chiesto di potersi specchiare per vedere com’è venuta la pittura.»

«La tua cosa? Ti ha chiesto cosa?»

«La mia pietra, se non gli piace come l’ho dipinta, magari mi suggerisce cosa cambiare.»

«Maestra, allora avevo ragione o no? Oggi Michela si è impazzita», intervenne subito Mattia.

«Michela fai silenzio e finisci il tuo lavoro, non mi sembra il caso di continuare con questa storia.»

«Ma maestra . . .»

La ragazzina allora escogitò una soluzione, non era proprio il massimo ma poteva andare. Nella stanza l’illuminazione era ottenuta mediante dei tubi al neon posizionati in un telaio d’alluminio. Spesso in classe ci si era divertiti a vedere come questa parte in metallo, riflettesse gli alunni deformandoli un poco. In un attimo di distrazione dell’insegnante, la ragazzina salì in piedi sopra il banco e allungando le braccia, avvicinò il più possibile Macchiolina alla luce per permettergli di specchiarsi. Nel fare questo fece rumore attirando l’attenzione della maestra che a sua volta, fatto segno al resto della classe di restare in silenzio, si avvicinò alle spalle di Michela senza farsene accorgere.

«Sbrigati dai che la maestra mi vede, allora ti piace come ti ho dipinto?» Chiese Michela a Macchiolina.

«Sì bravissima, aggiungerei solamente un poco di azzurro al centro e poi è perfetto.»

«Ok allora ti metto un poco di azzurro e poi ti passo il lucido finale.»

L’insegnante rimase perplessa, non disse nulla al momento, ma decise che ne avrebbe parlato alla madre della bambina all’uscita di scuola.

Drinn! Suonò la campanella, era la prima volta che i bambini erano un poco dispiaciuti che quella lezione così speciale fosse terminata. All’uscita dalla scuola ogni genitore era venuto a riprendere il proprio bambino che tutto eccitato raccontava quella singolare giornata.

«Buongiorno signora, se ha tempo, dovrei parlarle un momento.»

«Certo signora Maestra, cosa ha combinato questa volta la mia Michela?»

Michela era una bambina molto intelligente, anche se spesso si distraeva e le capitava di lasciarsi trasportare nel suo mondo dei sogni, l’insegnante era costretta a richiamarla spesso.

«Può capitare che i bambini fantastichino sugli oggetti e magari ci parlino anche. Qui però, non stiamo parlando di una bambola o un animaletto, parliamo di semplice sasso. Inoltre il periodo di queste fantasie dovrebbe essere passato, i ragazzi fanno la quarta ed hanno nove anni.»

«In che senso un sasso?»

«Abbiamo raccolto dei sassi al fiume per il lavoretto di Natale, e lei parla con il suo, anzi, a quel che mi dicono i compagni, scambia alcune parole anche con quello degli altri. Provi a parlarci con calma e cerchi di osservarla quando gioca da sola. Io non sottovaluterei la cosa, sicuramente sarà una fase che passerà naturalmente con la crescita, però io ci starei un poco attenta.»

«A volte anche in casa fa dei lunghi discorsi con i suoi giochi, però certo con un sasso addirittura. La ringrazio signora Maestra ci farò più attenzione.»

Le lezioni terminarono e il Natale giunse festoso come ogni anno. Tanti regali furono scartati tra cui quello che i bambini avevano preparato a scuola, corredato dalla tanto attesa poesia da recitare a tavola davanti a tutti i parenti.

Fiocchetto, come previsto, finì appeso all’albero di Natale, era un posto importante, al centro della sala, era molto contento del suo nuovo impiego. Macchiolina rimase per alcuni giorni incartata nel suo involucro trasparente sotto l’albero insieme a panettoni e torroni vari che, giorno dopo giorno, diminuivano sempre più. Michela la andava a trovare ogni tanto e scambiava due parole con lei, ma aveva avuto molti regali ed era tutta presa a giocare e parlare con loro. La madre la osservava, e vederla parlare con le nuove bambole, un poco la tranquillizzò, pensava tra se che fosse comunque meglio dialogare con degli oggetti dalle sembianze umane che con un sasso. I giorni passarono, arrivò l’anno nuovo, grandi cene e festeggiamenti, Fiocchetto dava ancora bella mostra di se, Macchiolina invece era stata scartata ed era finita a bloccare un mucchio di fogli sopra la scrivania del papà di Michela, d'altronde era quello ora il suo compito, fare il fermacarte. Passata anche l’epifania, era giunto il momento di smontare gli addobbi e riporli nelle loro confezioni fino all’anno seguente. Fiocchetto finì completamente al buio dentro una scatola, sul ripiano più alto di un armadio, compressa tra tante palline e lucette colorate. Passarono giorni, settimane, mesi, la primavera fuori era ormai esplosa in tutti i suoi colori. Fiocchetto invece, era sempre più triste, non parlava con nessuno, tutti gli oggetti che la circondavano parlavano lingue diverse dalla sua, le mancavano moltissimo il sole ed il suo fiume. Il destino di Macchiolina stava invece per cambiare. Il papà di Michela, l’aveva tolta già da parecchi giorni dalla sua scrivania, da quando alcuni importanti documenti si erano riempiti di brillantini e macchie di colore. Era finita sul davanzale della finestra dello studio, Michela non andava più a trovarla e, cosa veramente strana, quando Macchiolina le ultime volte le aveva rivolto la parola, la bambina non era riuscita più a sentirla. Michela stava crescendo, e pian piano stava perdendo quella innocente fantasia che le permetteva di comprendere tutte le lingue del mondo. Un giorno però, la pietra urlò talmente forte che la bambina riuscì a sentire qualcosa, si fermò, si voltò in dietro e domandò, «Macchiolina, sei tu, mi hai detto qualcosa?»

«Riesci ancora a sentirmi?»

«Cosa hai detto?»

«Se riesci a sentirmi, ti prego, riportami al mio fiume. Ti prego.»

«Hai detto fiume?»

«SIIIII», gridò la pietra con tutto il fiato che aveva.

La bambina non capì perfettamente tutte le parole ma riuscì ugualmente a capire il senso generale della frase.

«Hai ragione, ormai qui ti annoi sei sempre sola, nel fiume hai tutte le tua amiche, esaudirò il tuo desiderio.»

Dopo un’ora Michela, insieme al suo fratellino Francesco, arrivarono al fiume, Macchiolina cercava di indicare il punto dove voleva essere sistemata, «Mettetemi più avanti, vicino a quel ramo, là c’è la mia vecchia amica.»

«Ha detto se la metti là, in quel punto», disse Francesco alla sorella che ormai non sentiva più le grida della pietra.

«Cosa? Riesci a sentirla? Io ormai non ci riesco più, fammi vedere il punto che ti ha indicato.»

«Grazie Francesco, si vede che la vostra è una famiglia cresciuta nell’amore e nella fantasia, anche se purtroppo poi la realtà prende il sopravvento e la fantasia sparisce, ma forse è giusto così», aggiunse Macchiolina.

«Io spero di mantenerla il più a lungo possibile.»

«Posso chiederti un’ultima cosa Francesco?»

«Dimmi pure Macchiolina.»

«C’è una mia amica pietra, Fiocchetto, tua sorella la conosce molto bene, sono sicuro che anche lei sarebbe felice di raggiungerci qui al fiume, chissà se riesci a trovarla . . .»

«Ti prometto che ci proverò, ciao e buon bagno a tutti.» Un coro di tutte le pietre rispose all’unisono, «Ciao, grazie!»

I bambini andarono via e Macchiolina si rivolse alla sua vecchia amica, «Ciao, sono io non mi riconosci più?»

«Ma sei davvero tu? Che bello rivederti, ma come sei conciata, ti avevo preso per un’anatra. Racconta dai, cosa hai visto, cosa c’è fuori da questo fiume?» Le due amiche cominciarono a parlare, naturalmente in pietrese, e raccontarono tutto quel che era successo loro in questi lunghi mesi. In pochi giorni la corrente del fiume fece il suo lavoro e macchiolina perse il suo colore tornando bianca come prima che cominciasse questa avventura. Passarono settimane fino al giorno in cui una mattina arrivarono al fiume due ragazzini.

«Francy dove dobbiamo posarla questa pietra?»

«Aspetta Luca ora te lo dico.»

Luca era il fratello di Mattia, Francesco gli aveva raccontato tutto, ma lui aveva dovuto attendere il momento giusto. Arrivata l’estate, la mamma stava mettendo ordine dentro gli armadi ed aveva dovuto per un attimo poggiare in terra la scatola degli addobbi Natalizi, prontamente Luca aveva preso la pietra dalla scatola senza farsene accorgere.

«Ragazzi siamo qui!», urlò immediatamente Macchiolina.

«Eccole le hai sentite Luca?»

«Veramente no, mi sa tanto che mi stai prendendo in giro tu.»

«Ma che dici, devi aprire il tuo cuore per riuscire ad ascoltarle.»

«Amiche mie che bello vedervi», urlò Fiocchetto.

«Ciao, ben arrivata, la squadra si è riformata, dai tuffati vicino a noi.»

«Senti come sono felici», disse Francesco a Luca.

«Io non sento assolutamente nulla, mi stai prendendo in giro, me ne vado.»

«Aspetta Luca, non fare così, volevo ringraziarti», urlò con tutta la forza possibile Fiocchetto.

Luca si fermò improvvisamente, girò lo sguardo verso Francesco, «Ma, ma non sei stato tu a parlare, quella che ho sentito non era la tua voce, allora . . .»

«L’hai sentita anche tu, lo vedi che non ti ho mentito, era la voce di Fiocchetto!»

«Sì l’ho sentita evviva, evviva», e così facendo iniziò a correre come un pazzo a zig zag sulla riva del fiume.

«Vai Francesco, vai pure da lui, la prima volta che succede questa cosa può lasciare un poco sconvolti, stagli vicino», aggiunse Fiocchetto.

«Ciao ragazze buona fortuna a tutte!»

«Ciao Francesco, buona fortuna anche a te, grazie di tutto e ricorda noi non siamo ragazze siamo pietre, non esagerare troppo con la fantasia!»

 

Questa favola ci offre alcuni spunti per riflettere. Dobbiamo imparare ad apprezzare ciò che abbiamo, spesso, solamente nel momento in cui lo perdiamo, riusciamo veramente a capire quanto era importante per noi. Dobbiamo inoltre riuscire a capire che l’unico modo per comprendere gli altri, specialmente se sono molto diversi da noi, è aprire il nostro cuore con fiducia. In fine, un messaggio rivolto a tutti i genitori, fate crescere i vostri figli nell’amore, coltivate le loro fantasie, non spingeteli a crescere troppo in fretta, così facendo, aiuteranno a conservare anche quella parte di bambino che è dentro di voi.

 


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