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Karim 5 giorni sotto coperta (racconto per bambini)

di Alessandro Porri
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Pubblicato il 07/11/2014 13:37:39

Karim 5 giorni sotto coperta

Un onda più alta del normale e la barca si capovolge a mezzo chilometro dalla riva di Lampedusa. I poveri occupanti, in viaggio verso un futuro migliore, finiscono in mare. La corrente è forte, i salvagente sono solo cinque gli occupanti della piccola imbarcazione sono ventidue. Chi può si aggrappa ad una tavola o a qualsiasi oggetto galleggiante, c’è chi inizia a nuotare nel buio assoluto verso la riva ma la corrente gli fa cambiare continuamente  direzione.

Karim, un giovane marocchino di appena undici anni, rimane isolato, non riesce più a vedere dove sono finiti i suoi genitori che viaggiavano con lui, è terrorizzato ed esausto. Alle prime luci dell’alba Karim si sveglia su una spiaggia, è vivo, ce l’ha fatta. Sente il brusio di un gruppo di pescatori dubbiosi, il mare per alcuni giorni sarà grosso e non si potrà uscire per pescare. Le barche vengono lasciate capovolte sulla spiaggia in attesa che il tempo migliori. Lui non ha capito molto di ciò che ha sentito, sa solamente che ha freddo e fame, decide allora di ripararsi sotto una delle barche, lì almeno il vento non arriva.

Passa “sotto coperta” tutto il giorno, torna di nuovo la notte. La stanchezza vince sulla fame e si addormenta. Ad un certo punto sente qualcosa sotto la testa che si muove, ma cosa sarà mai?

«Eh ma tu chi sei?» 

Da sotto la sabbia, fa capolino una piccola tartaruga che sembra guardarlo, da poco è riuscita a rompere il guscio e vuole dirigersi verso il mare. Esce da sotto la barca ed inizia a correre con le sue zampine verso il bagnasciuga. Karim, incuriosito, la segue.

             «Non la toccare! Fermo.»

Karim si volta di scatto e si blocca, vede un ragazzino della sua stessa età con una torcia in mano, intento ad osservare questo miracolo della natura. Si accorge anche, che in più punti della spiaggia, ci sono altre tartarughine intente a raggiungere il mare.

              «È appena nata, è fragile, se la tocchi potresti fargli male, lei per istinto cerca il mare.»    

Karin ha capito tutto, anche se non conosce la lingua, i due ragazzini si sono intesi.

            «Io mi chiamo Matteo», disse il ragazzino italiano indicando se stesso, «E tu come ti chiami? Cosa ci fai qui?»

            «Karim». Indicando delle tavole malconce sulla riva, mima il gesto dell’incidente in mare ed il posto dove lui si è rifugiato. Matteo capisce più o meno tutto.

            «Allora tu dovevi essere sopra quella barca che si è capovolta ieri, e ti sei rifugiato sotto la barca di mio zio Salvatore.» Karim sembra annuire, i due si intendono nonostante le differenti lingue.

            «Ma eri solo?», chiese Matteo sempre aiutato da gesti.

            «No, no»

            «Con i tuoi genitori?» Karim ora sembra non capire.

            «Papà, mamma?» Aggiuse Matteo. Al suono della parola mamma, Karin annuisce, la parola mamma è comprensibile veramente in tutto il mondo.

            «Mama mama, Haiscia», urla Karim ed inizia a parlare velocemente in una lingua incomprensibile. Matteo allora cerca di calmarlo, «Io Matteo, tu Karim, tua mamma Haiscia?» Karim conferma.

            «Hai fame?» Domanda Matteo facendo il gesto di portare la mano alla bocca. Karim risponde con un mezzo mugugno massaggiando la sua pancia.

            «Allora vuoi dire di sì?» Aggiunge Matteo mettendosi a dire sì e facendo continuamente di sì con la testa per insegnare al nuovo amico questa parola.

            «Sì, sì, Karim fame».

            «Bravissimo, stai imparando in fretta, ci penso io, tra un poco torno e ti porto qualcosa»

Da quel momento i due ragazzi diventano inseparabili, per cinque giorni Matteo porta di nascosto del cibo a Karim che ogni giorno impara nuove parole di italiano. I due ragazzi passano il giorno a giocare e la sera ognuno torna al suo giaciglio, sicuramente molto più confortevole quello di Matteo. Karim però, ha spesso attimi di tristezza. Chissà se i genitori sono vivi e se li avrebbe più rivisti. Matteo cerca di consolarlo ma non è assolutamente facile. Karim ha trovato anche un altro piccolo amico, una piccola tartarughina è nata con un difetto ad una zampina e non riesce a camminare per prendere la via del mare. La tiene con se, sotto la barca e cerca di dargli da mangiare alcune cose tra quelle che gli porta Matteo. Un giorno la mamma di Matteo sorprende il figlio a nascondere una coscia di pollo in un tovagliolo.

            «Ed ora che cosa fai?» Chiede la signora Marcella.

            «Emm, ecco, vado a pescare e mi porto l’esca»

            «Matteo ma che dici, il pollo un esca?» Aggiunge il padre che da generazioni, insieme a tutti i suoi fratelli, è dedito proprio alla pesca.

A quel punto Matteo decide di rivelare a tutta la famiglia il suo segreto, è anche contento di essere stato scoperto, non ce la fa più a tenere tutto per se.

            «Lo porto a Karim, è la sua cena.»

            «Ed ora chi è questo Karim?» Risponde la madre.

            «Calmi, ora ve lo spiego. È un ragazzo che viene dal Marocco, la sua barca si è capovolta alcuni giorni fa, ha perso i genitori ed è solo, io gli porto da mangiare poverino.»

            «Ma questa è una cosa bella, che timore avevi di raccontarcela? Dove sta ora, e quanti anni ha?»

            «La notte la passa sotto la barca di zio, avrà gli stessi anni miei.»

            «Ma è un ragazzino, dai portaci da lui, vediamo cosa si può fare.»

Matteo con i suoi genitori vanno da Karim, questi appena li vede ,si spaventa e tenta di fuggire. Matteo lo rincorre e lo ferma, gli fa segno di stare tranquillo che loro vogliono solamente aiutarlo.

            «Tranquillo Karim, io sono la mamma di Matteo, come stai?» Chiede Marcella carezzandogli la testa.

            «Bene, però manca Haiscia.»

            «Haiscia è la madre, erano tutti insieme sulla barca quando si è capovolta, c’era anche il papà», aggiunge Matteo. La signora Marcella convince Karim a seguirli nella loro casa, gli prepara un bagno caldo e gli da dei vestiti puliti. Quella sera Karim può gustare una cena abbondante e dormi al caldo. La mattina seguente, tutti insieme, si recano nel centro d’accoglienza dove vengono ospitate le persone che arrivano a Lampedusa via mare.

            «Karim Karim», un urlo squarcia l’aria. È Haiscia, è viva. I due si abbracciano fortissimo, il padre non ce l’ha fatta. Karim resta lì, con sua madre, in attesa di ripartire verso un luogo migliore della loro terra. Prima di lasciarsi, Karim corre ad abbracciare Matteo e gli raccomanda di prendersi cura della piccola tartaruga malata. La tartaruga, diventerà il simbolo dell’amicizia e della solidarietà tra due popoli con culture e storie diverse ma uniti, questa volta, da una grande amicizia. la piccolina verrà curata presso un centro del WWF. Dopo tre mesi sarà liberata in mare e monitorata dagli esperti. Gli verrà dato il nome di Karima, il nome di quel ragazzino venuto da molto lontano che nonostante vivesse grandi difficoltà, amorevolmente si prese cura di lei.


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