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Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)

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La lingua salvata. Storia di una giovinezza

Biografia

Elias Canetti
Adelphi

Recensione di Giuliano Brenna
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Pubblicato il 27/11/2009 17:25:00

E’ pensabile che l’educazione e il contesto sociale possano creare un genio da un uomo tra i tanti? E’ quello che viene da pensare di fronte a questa accorata autobiografia del premio nobel Elias Canetti che ci racconta, attraverso 360 pagine, la sua vita dagli inizi sino al 1921. I primi anni vissuti nel villaggio natale in Bulgaria, lungo il Danubio, sono narrati con disincantata innocenza, una sorta di visione fanciullesca tinta da pensieri adulti, o forse rivisti col proverbiale senno di poi. A far da elemento centrale a questi anni dell’infanzia vi è la morte, la prima volta minacciata dal piccolo Elias, armato di accétta contro la cugina; la seconda volta rischiata da lui stesso con un imprevisto bagno in un gigantesco mastello di acqua bollente, dalle ustioni lo salverà l’amore paterno, e con l’amore paterno giungeranno le prime amatissime letture, che saranno la base della passione letteraria del piccolo. Il primo dei due episodi, quello dell’accétta, gli resterà indelebilmente impresso e verrà ripreso via via nel corso dei ricordi, questo episodio farà sì che lo scrittore aborrirà per sempre la violenza e l’omicidio dettati da qualsivoglia motivo; del secondo episodio restano tracce negli altri libri di Canetti, forse anche il rogo di “Autodafé” è alimentato da quello stesso fuoco che teneva l’acqua in ebollizione.
L’autore trasferito con la famiglia a Birmingham, per volontà del padre, sfidando l’anatema del patriarca Canetti, si troverà di nuovo faccia a faccia con la morte, infatti anatema o clima britannico o altro, il padre, l’amatissimo padre dispensatore di affetto e degli amatissimi libri morirà repentinamente. Comincia così per Elias la struggente gelosia per la madre, teme che qualcuno possa portargliela via, giunge ad odiare lo zio e si sente tranquillo solo quando può averla tutta per sé, senza spasimanti o parenti intorno. La madre si prodiga per fare avere ad Elias una adeguata istruzione, gli insegna con metodo stravagante, personalissimo ma astutamente efficace il tedesco, lingua sin lì riservata ai dialoghi segreti tra i due coniugi. Poi la madre porta il bimbo in Svizzera e lo iscrive ad una scuola, lasciandolo a convitto in una casa abitata solo da donne, da dove lo strapperà per evitare di fargli assumere pose troppo romantiche. L’autobiografia di Canetti oltre a mostrarci uno spaccato della vita domestica ci illustra un mondo ormai sparito, quella società che gravitava tra Vienna e Zurigo, ma soprattutto mostra un modo di vivere ormai scomparso, e considerando che la famiglia Canetti era ebrea è facile immaginare come con la follia nazista tutto quel microcosmo sia stato distrutto.
Dalle pagine di questo primo tratto di autobiografia di Elias Canetti emerge vigoroso un modello di educazione che si è rivelato assai efficace, lo scrittore è stato anche insignito del premio Nobel nel 1981, un modello che colpisce soprattutto per il fatto di essere completamente scientifico e letterario, una sorta di illuminismo totalmente scevro da bigottismi e da retaggi culturali antichi. Facilmente la famiglia ebrea di Canetti avrebbe potuto inculcare i riti e le credenze proprie della religione nell’educazione del bimbo, ma la fermezza della madre ha imposto un modello totalmente laico – e questo è un punto ancora attualissimo nel nostro Paese – Canetti nel suo narrare dimostra come la mente deve essere libera e stimolata ad aprirsi a tutto tondo senza intralci di fanatismi o credenze. La mamma accompagna il piccolo Elias nella sua scoperta della letteratura, facendogli capire le cose in modo già adulto, con un rigore morale ineccepibile e proiettato verso l’esterno, la comprensione del mondo e degli altri. La fanciullezza del nostro scrittore è stata anche sfiorata dall’antisemitismo, ma in un modo assai manierato, i compagni lo trovano saccente e spocchioso e lo attaccano dove ritengono essere il suo punto debole. Anche qui la madre saprà indirizzare il fanciullo verso la comprensione dei propri sbagli e la comprensione delle motivazioni altrui.
Il libro, oltre che bellissimo da leggere per la leggiadria delle costruzioni canettiane, col suo linguaggio puro e rutilante, scorrevole ma ricchissimo di fraseggi colti ed eleganti, è una valida testimonianza su di un modo ormai scomparso, e un omaggio ad una figura importante come quella della madre, che ha saputo essere oltre che genitrice, amica e maestra, senza abbandonarsi a smancerie, melensaggini ma ponendo di fronte al piccolo Elias, da subito, la responsabilità per il cammino che andava intraprendendo.

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