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La mente del diavolo

Romanzo

Salvatore Scalisi
Besa

Recensione di Giuliano Brenna
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Pubblicato il 23/11/2010 12:00:00

Ogni notte il sonno di Luigi Reggiani è turbato dall’apparizione di un ragazzo, forse un vecchio compagno di giochi, l’unico modo che il protagonista ha per scoprire la verità è tornare al paese della sua infanzia. Qua lo attende una sorpresa davvero stupefacente, e dal ritorno di Reggiani al paese inizia un romanzo avvincente e denso di colpi di scena e misteri. Il protagonista, con i suoi inseparabili occhiali da sole, non tarda a fare incetta di cuori femminili, e le sue gesta tra le lenzuola contrappuntano qua e là le vicende lungo le strade della città per cercare di far luce sul mistero che la mente di Reggiani racchiude. Il passato resta caparbiamente aggrappato al presente e, nel corso di alcuni flash-back, l’autore ha modo di tratteggiare avvenimenti di anni prima e che ancora gettano la loro ombra sulla vita del protagonista, in modo da far riflettere il lettore senza lasciar intuire l’epilogo della vicenda.
In questo romanzo Scalisi si dimostra un autore in crescita, con un suo stile che si va migliorando ed affermando, rispetto ad altre opere, la scrittura appare più nitida, non costringe il lettore in frasi talvolta tortuose, ma procede in modo snello, tutto è ben delineato e chiaro. Il libro appare anche ben redatto, alcune storture che spesso accompagnano la lettura di questo giovane autore siciliano qua lasciano posto – con sollievo del lettore – a particolari determinanti per la vicenda o a coloriture che accompagnano lo snodarsi della trama, rendendo alcuni momenti particolarmente godibili, e facendo sentire chi legge vicino ai personaggi della storia. La costruzione del libri è affidata, come Scalisi ci ha abituati, quasi interamente ai dialoghi, e anche qui si riscontra una piacevole pulizia, le frasi che li compongono sono dirette e chiare, e, oltre a rendere la vicenda, caratterizzano in modo efficace i singoli personaggi.
In questo romanzo, dall’argomento, come si vedrà nel finale, triste ed amaro, l’autore affronta temi che gli stanno a cuore, molto interessante il raffronto di idee tra chi ha una fede, chi non l’ha e chi crede in modo “tiepido”, salvo poi affidarsi al credere in momenti di particolare difficoltà o sconforto. Scalisi, come già ne “L’uomo dei piccioni”, posa il suo sguardo sul mondo dei senzatetto e su quelle persone che si dedicano ad aiutarle, e appare encomiabile porre l’accento sui più bisognosi, reclamare attenzione per chi non ha nulla, facendo così di un romanzo noir, anche il portatore di un messaggio sociale importante.
Il lettore giungerà al termine del libro con l’ansia di scoprire cosa si nasconde dietro gli occhiali scuri di Reggiani, sebbene alcuni indizi facciano presagire qualcosa, e chiuderà il libro con una bella sorpresa, sapientemente celata dall’autore, sebbene sotto gli occhi di tutti. Il confronto tra il bene ed il male, in questo romanzo, assume aspetti inusitati, il bene non necessita di opere eclatanti per palesarsi, ed il male spesso riesce a camuffarsi dietro una maschera di perbenismo, i confini non sono mai così netti, anche le sfumature hanno il loro spazio, ma non si può sfuggire al male che si è fatto ed al dolore di cui si è causa.

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