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La stanza di Giovanni

Romanzo

James Baldwin
Le Lettere

Recensione di Giuliano Brenna
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Pubblicato il 17/05/2011 12:00:00

David ama Giovanni e crede di amare Hella, la vuole sposare ed essere così una persona normale, rispettabile. Ma l’amore verso Giovanni è più forte, molto più forte, in quanto vero, e la stanza in cui questo amore sboccia, quella di Giovanni, si trasforma così in un mondo, un enclave, protetto dall’esterno, dove finalmente si può essere sé stessi. La stanza di Giovanni, emblema del titolo del romanzo, ma anche metafora di un mondo più giusto, più umano, in cui due uomini possono amarsi, essere felici, progettare il futuro. Ma questa stanza è anche il luogo da dove David vuole fuggire, per incapacità di amare Giovanni, per incapacità di accettare il proprio destino, il segno invisibile che fa sì che il suo corpo e la sua mente siano attratti da una persona del suo stesso sesso. David soffre l’incapacità di arrendersi al proprio cuore e ai propri istinti, creando così dolore, sciagura e morte. Questa in estrema sintesi la struttura del romanzo, e il suo apparente significato. David sembra incapace di amare, così come è incapace di accettarsi. Ma è possibile essere incapaci di amare? La mia risposta è no, almeno in questo caso. David infatti si abbandona all’amore per Giovanni, lo vive, lo gusta e, quando lo distrugge, ne cerca un surrogato, non dubita mai del fatto che egli ama il giovane italiano, e non la bella compatriota destinata ad essere la sua sposa, e che non lo sarà mai. Ma di cosa è composta questa incapacità dunque? Secondo il mio parere essa si nutre dei pregiudizi, delle convenzioni sociali, non è una incapacità vera e propria, è forse più paura a vivere una vita diversa, diversa dalla società, dalla famiglia, dagli usi e costumi accreditati.

Baldwin, autore nero, noto soprattutto per i suoi scritti a difesa ed integrazione dei neri nella società, in questo romanzo si trasforma, dona la sua voce narrante ad un bianco, lo fa amare un altro bianco, sebbene emigrato, ed Hella è anche bianca, nel romanzo non compaiono fratture razziali, o discriminazioni di sorta. Da queste premesse si può evincere che il romanzo ha una portata di denuncia di discriminazione, pari ai romanzi in cui si pone all’attenzione del lettore la discriminazione razziale, la negazione dei diritti, le ingiustizie legate al colore della pelle o al paese di nascita. La negazione del diritto di amarsi tra due persone dello stesso sesso è gravissima e di pari portata della scellerata legge che impediva i cosiddetti matrimoni misti (tra neri e bianchi). La discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale è pari alla discriminazione razziale, ed in più è alimentata in modo scellerato da fazioni politiche o religiose, cattolici in prima fila, ed è ancor più odiosa perché colpisce una minoranza ancor più esigua degli immigrati, ma con effetti molto più nefasti, che vanno a colpire nel profondo i sentimenti e la pianificazione generale della vita. Inoltre Baldwin colloca la vicenda in Francia, ed i protagonisti sono due americani ed un italiano, spingendo ancora più in là la sua denuncia di discriminazione, rendendola universale, che ben si addice a qualunque località o Nazione. La decontestualizzazione geografica e la apparente estraneità tra i personaggi del libro e l’autore, collocano la vicenda, e la denuncia in esso contenuta, in una sfera direi universale, la quale, apparentemente priva di legami storici o biografici diventa un monito, un segnale, adatto a tutte le latitudini e a tutte le vite, da “stanza”, luogo privato e conchiuso al mondo, a specchio di una umanità che nel nome del perbenismo si trasforma in belva che non esita ad azzannare e calpestare chi non si uniforma a certi canoni.

Quindi, alla luce di queste considerazioni possiamo dire ancora che David è incapace di amare? Io non saprei: se la capacità di amare significa soltanto abbandonarsi anima e corpo ad un sentimento, lasciarsi cancellare nell’altro, distruggere la propria vita per il rimpianto della persona amata, perduta. Se è così, David è assolutamente capace di amare, solo che sente forti su di sé i legami e i vincoli della società che gli ostruiscono la visuale, rendendolo incapace di vedere sé stesso, felice, nella “Stanza di Giovanni”

Questo bellissimo, aspro, libro è stato scritto nel 1956 ma il suo messaggio è ancora profondamente attuale, l’omofobia dilagante ancora oggi distrugge i sentimenti, rende le persone incapaci di amare per la paura, il terrore della discriminazione e mi domando quanti Giovanni e quanti David dovranno ancora fare quella brutta tragica fine solo perché c’è qualche miserabile dittatorucolo che da uno scranno parlamentare o un pulpito punta il dito accusatore verso chi ha come unica colpa la capacità di amare.



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