Annunciata morte,
tra radici contorte,
avvolte in spire,
qual è la loro sorte?
Sulle antiche vestigia
il pianto posa
cascami di fogliame
per coprire ogni piaga
a loro inferta,
ogni baluardo
è divelto ormai:
della storia non resta
più memoria.
Baluardi, sventrati
già in passato
per un sogno
di modernità fallito,
s’apre in ferite
ché non c’è sentire
per ieri né domani.
Piangono i pini
stille di rugiada,
piegan la chioma
al loro ingrato fato,
han protetto dal sole
interi nidi,
pigolanti e famiglie,
ma l’uomo è ingrato.
Anche gli uccelli
tacciono nel nido,
per la natura
non c’è spazio alcuno,
dove va l’uomo
reca sol sventura.
Parla l’albero:
“Qual è la colpa mia?
D’esser vecchio!
Eppure ai volatili
ho dato sempre un tetto.
Ho visto sorgere
albe dal mare
e pescatori andare
in barca a pescare.
Qual è la colpa mia ?
Volger al vento
la folta chioma
e tintinnare di pigne,
rauco e greve,
come voce che la sua fine
annuncia a breve.”
Già dei bastioni
lontana è la memoria,
mano pesante
infligge sempre l’uomo…
Ma del destino suo
chi si commuove?
Franca Colozzo