Pubblicato il 23/01/2010 13:50:04
Qualcuno apre le tende e fa filtrare la luce. Contemplo, con gratitudine, la giovane donna bionda che mi pone accanto un vassoio ricco d’ogni bendiddio, poi, lascio che lo sguardo trapassi i tersi vetri della finestra e illanguidisca, a lungo, sull’oceano che, azzurro e schiumoso, mi si offre generosamente. Questa pensione, ricavata in una vecchia casa isolata, quasi lambita dalle maree, è calda e semplice, proprio come piace a me. Sono sicura di esserci già stata oppure l’ho vista in un film. Ora, il ricordo si fa più denso e netto: era una dolciastra pellicola, abbastanza recente, che trattava, che so, di maremoti od uragani. Bah, che importa: sono qui soddisfatta, direi appagata. Mi tiro due cuscini dietro la schiena, avvicino il plateau della colazione quel tanto che basta a far sì che la mano vi cada dentro per estrarne, a caso, le profumate delizie e pongo il mio portatile sulle gambe. Mi assicuro che le adorate, indispensabili, sigarette siano sul comodino insieme al mio accendino a forma di gatto e penso, godendo della mia incoscienza, che in questo angolo sperduto di mondo non esiste il divieto di fumare nelle stanze. Posso iniziare la mia giornata. Che bello lavorare senza dover andare al lavoro! La notte, con i suoi dolci sogni gremiti di passioni rese profumate dal mare, mi ha ingolfata di idee che ora fanno a gara per essere impiegate: si spingono, salgono l’una sull’altra, si accalcano, giocano a salta cavalla. Bisogna cominciare con ordine. Butterò giù qualcosa di bello, ne sono certa. Le dita frenetiche corrono sulla tastiera; gli occhi guizzano dal monitor all’azzurro paesaggio e scrivo, scrivo, scrivo. La brace della sigaretta, che si sta consumando senza che l’aspiri, cade su la gamba nuda. La scottatura mi scuote dal torpore e ritorno cosciente. Davanti a me il lavello, stracolmo di pentole unte, piatti, bicchieri, posate ed ogni altro possibile utensile. Una montagna di quotidianità sporca. Il caffé nella tazzina si è freddato ed io, in ciabatte, mi guardo intorno con aria ebete. Uno sguardo alla finestra: un’altra finestra che mostra un’altra donna che riordina la cucina. Vorrà dire che farò come al solito: due pentole e una sbirciata a larecherche, posate e il commento ad una poesia, una bella passata di spugna intrisa di lisoformio al bidet e scriverò qualche ispirata rima, pronta per essere corretta alle quattro del mattino seguente, quando il pensiero della sveglia puntata sulle sei e del lunedì che incombe, mi desteranno anzitempo.
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