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Il segreto tra di noi

Narrativa

Gianni Farinetti
Arnoldo Mondadori Editore

Recensione di Giuliano Brenna
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Pubblicato il 11/04/2008

In questo romanzo l’autore abbandona le atmosfere noir e un po’ poliziesche dei suoi precedenti lavori ma non abbandona le amate Langhe e uno dei suoi famosi personaggi: il nobile Zeno di Lauriano, quest’ultimo sarà una piccola comparsa, mentre la valle del Bormida ha lo spessore di uno dei protagonisti nella vicenda. Usando come sfondo questa parte del Piemonte, Farinetti ricama un vero e proprio arazzo descrivendo la vita della famiglia Valletto, le tre sorelle Anna, Carla e Lena e vari parenti e amici che ruotano intorno alla loro fattoria detta per l’appunto il Valèt.
Attraverso le vite di questi personaggi l’autore ci racconta la vita dei Piemontesi di quelle zone dalla Seconda Guerra Mondiale, sino ai giorni nostri; la guerra è la grande nube nera che di tanto in tanto riappare col suo carico di brutture e fa calare qualche refolo gelido sulla vita della famiglia durante tutto il dipanarsi della vicenda, ed è dalla guerra che trae anche origine il segreto del titolo, che aleggia per quasi tutta la narrazione e verrà raccontato verso il finale, sebbene non ci voglia molto ad immaginarselo durante la lettura. Nei lunghi anni coperti dal racconto, nelle Langhe avvengono altri fatti spiacevoli, come l’alluvione o l’avvelenamento di abitanti e territorio da parte di una azienda chimica, inoltre fa anche la sua apparizione Beppe Fenoglio, che offre lo spunto all’autore di raccontarci di un “serial killer” langarolo. Il romanzo ci mostra come questi avvenimenti su grande scala si riflettono nell’ambiente familiare, come la Storia, benchè fenomeno di massa e generalizzato, ha una influenza ben precisa su ciascuna persona che si ritrova a viverla, e, sebbene gli storici non ricorderanno mai i nomi di tutti coloro che hanno avuto parte a fenomeni così vasti, ognuno ha dato il suo apporto e ne è stato partecipe. Ma il vero pilastro della vicenda è il sangue, quello intangibile, che lega saldamente i membri delle famiglie e crea legami indissolubili anche tra persone che non si sono mai incontrate e che vivono a migliaia di chilometri di distanza; e l’autore dissemina il libro di analisi sull’inluenza che hanno i legami familiari sia nel momento delle scelte, sia come protezione nei momenti di pericolo o di spavento. In questo romanzo l’amore non familiare, invece, non riesce ad attecchire, quasi intimidito dall’enorme quantità di amore che “circola” fra i componenti della famiglia, sta sempre un passo indietro, non riesce ad esprimersi, a fiorire.
All’inizio parlavo di ricamo, non casualmente, perché quello che più colpisce in questo romanzo è l’eleganza meticolosa con cui è scritto, con mano abile e leggerissima che sa accostare tutti i colori in modo naturale ma non casuale per descriverci tutte le situazioni e i cambiamenti della natura nell’avvicendarsi delle stagioni. Farinetti ci porta avanti e indietro negli anni, ci fa spostare per i boschi, ci fa ascoltare i pensieri di ogni personaggio con una maestria davvero notevole, l’autore tiene saldamente le fila di tutta la vicenda, a volte questi fili sembrano ingarbugliarsi, ma con poche frasi tutto ritorna fluido. Le colline delle Langhe sono descritte con accenti poetici e molto raffinati e si percepisce intatto l’amore che Farinetti ha per queste zone.
Un romanzo molto bello, intimo e corale, che ricorda un po’ la tradizione ottocentesca, ma assolutamente attuale nel suo affrontare serenamente tutti gli aspetti della vita di una famiglia nel corso di più di mezzo secolo, aspetti che talvolta non si possono raccontare nemmeno in seno alla famiglia stessa. Farinetti dimostra una notevole maturità e una assoluta padronanza della lingua, ci regala questo romanzo che non esito a definire davvero molto buono, ben scritto, elegante e godibile per tutte le sue 246 pagine, ricche senza essere pesanti, in cui si denota l’amore: per la famiglia, per l’ambiente e – cosa da non sottovalutare – per la lingua italiana.

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