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Due riflessioni su recenti fatti di cronaca

Argomento: Politica

di Lorenzo Roberto Quaglia
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Pubblicato il 05/10/2011 23:12:29

Il primo fatto: l’assoluzione di Amanda e Raffaele dall’accusa di aver ucciso la giovane Meredith Kercher. Premesso che le sentenze di Tribunale emesse in nome del Popolo italiano non si discutono, mi sorgono spontaneamente tre riflessioni. 1°) I due giovani credo abbiano diritto ad un risarcimento danni per aver trascorso circa quattro anni in prigione, ingiustamente privati della libertà personale. Ma a parte il risarcimento monetario, chi restituisce ai due giovani la possibilità di rivivere da uomini liberi gli oltre mille giorni di prigionia? 2°) Non credo che in questo caso si possa parlare di errore giudiziario. Semmai credo che in quattro anni di indagini, gli inquirenti non siano riusciti a produrre prove “inconfutabili” da convincere oltre ogni ragionevole dubbio una Giuria Popolare d’Appello della colpevolezza degli indagati. E questo è sicuramente da imputarsi all’Accusa. E allora mi sorge una domanda: quanto denaro pubblico è stato speso inutilmente, direi sperperato, nel corso di questi quattro anni di indagini? 3°) Occorre sicuramente migliorare l’efficienza di tutto il procedimento processuale. Primo per arrivare più velocemente ad una sentenza che accerti definitivamente assoluzioni o colpe. Secondo perché i costi diretti e indiretti di procedimenti giudiziari così lunghi in periodi di crisi economica non possiamo più sostenerli. Terzo per una questione di “Giustizia” con la G maiuscola. Quattro anni per arrivare ad una sentenza di assoluzione in un caso come quello di Perugia, dove gli attori, le parti in causa e i fatti processuali sono stati da subito individuati e studiati mi sembrano eccessivi.

Il secondo fatto che voglio commentare e che per certi aspetti è legato al primo è la decisione del GIP di Pinerolo di ordinare la distruzione della c.d. lista Falciani contenente l’elenco di oltre 7000 presunti evasori fiscali italiani che avevano aperto un conto corrente presso una banca svizzera. Tale elenco, in realtà contenente circa 80.000 nomi di “clienti” della banca, era stato trafugato illegalmente dal dipendente bancario “infedele”. Attraverso vari passaggi, l’elenco era poi arrivato nelle mani dell’Agenzia delle Entrate italiane che aveva iniziato le indagini a carico dei presunti evasori e aveva iniziato i primi procedimenti. E proprio nel corso di uno di questi primi processi in corso a Pinerolo, il GIP ha dichiarato l’inammissibilità dell’utilizzo del documento trafugato illegalmente, ritenendo corretto applicare a questo caso un articolo della legge del 2006 promulgata dopo il clamoroso caso scoppiato intorno alla Security di Telecom/Pirelli, articolo che impone la distruzione dei «documenti illecitamente acquisiti» e condanna a 6 anni chi continua a detenerli (7 se pubblico ufficiale). Anche in questo caso non commento la decisione del GIP che, dovendo applicare la legge, non può sottrarsi ad essa. Il problema qui è sostanzialmente politico: può in questo particolare periodo storico un Governo che sta facendo della lotta all’evasione fiscale una bandiera nazionale, assistere alla distruzione di un elenco contenente i nomi di 7000 presunti evasori fiscali senza fare nulla per evitare tale azione? Che credibilità potrà avere il Presidente del Consiglio o il suo Ministro dell’Economia e Finanze quando parlano agli italiani di lotta all’evasione, se la lista Falciani venisse distrutta o resa inutilizzabile ai fini delle indagini su eventuali evasioni fiscali di contribuenti furbettini… Certo, la lista in questione all’origine è stata trafugata da un dipendente infedele di una banca svizzera, ma il reato del dipendente compiuto nei confronti del suo datore di lavoro non mi sembra che tolga valore ai dati contenuti nella lista, anzi la fonte per il tipo di indagine in questione mi sembra tra le più autorevoli. Questo episodio mi fa tornare alla mente il caso di un magistrato della Corte di Cassazione che di fatto causava la scarcerazione dei boss mafiosi condannati in via definitiva annullando le sentenze perché nelle stesse, una volta depositate, mancava un timbro o una firma del giudice o del cancelliere. Forse bisogna pensare a modificare la legge… Del resto, lo avevano scritto per primi duemila anni fa i nostri padri: "summum ius, summa iniuria".

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