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Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)

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Volontà di potenza

Saggio

Marco Gabrielli
Aletti Editore

Recensione di Martina Federici
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Pubblicato il 22/05/2012 12:00:00

Ho raccolto pensieri, ho proposto alla mia mente ragionamenti privi di condizionamenti ed ho messo sulla carta le parole ritenute più idonee ad un discernimento coerente. Il saggio di Marco Gabrielli, che ho davanti agli occhi, stimola la mente ed invita alla riflessione. La complessità di alcuni passaggi mi fa dichiarare sin da ora l’ausilio costante che questa opera mi ha fornito nel tentativo di leggere e comprendere. Il rischio evidente è quello di recensire non tanto il saggio di Gabrielli quanto il filosofo Nietzsche al punto da riscrivere un “saggio del saggio”. Resta il fatto che, passate in rassegna varie modalità di analisi, trovo coerente ripercorrere le tappe di questo ragionamento tentando di trovare una chiave interpretativa il più possibile corretta.

Nella prefazione l’autore dice di voler mantenere nel suo scritto una visione cinica della realtà, ossia imparziale, senza tener conto delle consuetudini con cui a volte vengono considerate delle situazioni. Il pensiero di Nietzsche diviene, così, il punto di partenza per sfruttare quasi tutte le contraddizioni ed i punti concordanti e proporre alla fine un buon ritratto dell’idea di Volontà di potenza.

 

La Volontà di potenza è l’energia vitale.

L’energia è attività e, in una concezione più ampia, è l’incessante divenire dell’universo. A sua volta questo movimento infinito è privo di senso e, come dice Gabrielli, vuoto. Ma l’essere vivente non può credere di esistere senza che ci sia un senso e, visto che ha la certezza di questo senso, pensa alla verità. L’energia vitale, per trovare un legame con questo senso dell’esistenza, diviene il carattere della vita.

La Volontà di potenza è il carattere della vita.

Il carattere si delinea come un’impronta immutabile che la Natura ha impresso in noi. Per Schopenhauer, ad esempio, nella Natura convivono il principio dell’individuazione (identità di ognuno) ed il principio di omogeneità (una forma unica dal molteplice esteriore) da cui si può attingere la verità del mondo. È questa verità che attribuisce un senso ad ogni nostra azione.

In un’ulteriore disamina della Volontà di potenza, Joseph P. Stern afferma che La volontà di potenza può essere pensata come il principio per il quale un centro di potere si espande, si afferma su un altro e se ne appropria. Il diverso che viene soggiogato e “sconfitto”, nel momento in cui viene incorporato, diventa l’identico.

La Volontà di potenza è, in una concezione più assoluta, la forma originaria e primordiale della realtà da cui scaturisce la vita ed ogni comportamento individuale.

E può ancora definirsi, la Volontà di potenza, una spinta intrinseca all’ente che è volta verso l’esterno e che dall’esterno prende energia riflessa per divenire più forte all’interno.

Nel confronto tra il pensiero di Nietzsche e quello di Schopenhauer, l’autore si sofferma sulla concezione di quest’ultimo nel ritenere la Volontà di vivere come qualcosa che non ha una sua peculiarità da imprimere all’uomo; viene eguagliata alla vita, che a sua volta è intesa come Male (visione nichilista). Il carattere è l’estrinsecazione della nostra energia interna; la somma di energie interne/esterne non è altro che la Volontà di potenza.

Nichilismo è Volontà del nulla, la realtà è malata, la volontà di potenza che è carattere della vita ne rimane debilitato. Ci si può difendere con la Morale.

La Volontà di potenza, che è parte integrante di ogni manifestazione della vita, lo è anche della vita morale.

Il nichilismo trova diffusione attraverso la religione cristiana che si pone dalla parte dei miserabili ed ha un suo aspetto fondamentale nell’idea della compassione. Ma quando si compatisce qualcuno o qualsiasi condizione si perde forza ed energia vitale. Tra il Cristianesimo ed il Buddismo Nietzsche predilige il secondo, poiché non provoca il sentimento del rancore. Il nichilismo, d’altra parte, può rivelarsi stimolante per l’energia vitale e può divenire divino nel momento in cui nega un mondo vero. È allora che l’unico modo di pensare che rimane è quello divino. Si parla, così, di nichilismo divino.

Nietzsche tratta, poi, dell’origine della vita che trova la sua dimora all’interno del nostro corpo.

La Volontà di potenza è il carattere intelligibile/intrinseco del mondo che si trova proprio dentro noi stessi.

Ma i degenerati rigettano la loro corporeità e, attraverso la morale, si estraniano dal proprio corpo e coltivano la speranza di una vita aldilà. Così trascurano il loro corpo privilegiando l’anima. Cartesio delineò una netta separazione tra anima e corpo, questo considerato come oggetto ovvero come una materia amorfa che recepisce solo le conoscenze dell’anima in quanto soggetto. Nietzsche non concorda con questa separazione, visto che secondo lui coscienza e corpo coincidono nella parola Io.

Questo principio d’identità è il corpo, questo principio di auto-affermazione è la Volontà di potenza.

Secondo tale principio, il corpo è un insieme di micro-esseri che subiscono l’influsso delle determinazioni ambientali e che, per far sopravvivere l’organismo che li ospita, si danno una legge comune da rispettare. Ma questa idea di auto-affermazione non si ferma solo all’interno del corpo; si rivolge alla realtà esterna per impadronirsene proprio come la Volontà di potenza. L’esempio riportato nel saggio è quello degli eroi classici talmente legati all’idea del corpo da renderlo immortale attraverso il ricordo perpetuato dai cantori. Così la vita viene innalzata da uno scopo e da precise intenzioni.

La Volontà di potenza diviene divina.

La divinizzazione della Volontà di potenza ha una sua prima forma nell’idea di Dio e di popolo. I popoli antichi avevano bisogno di un Dio da ringraziare e da temere, un Dio che fosse amico e, nel contempo, nemico. Con l’andare del tempo, poi, si è affermata l’idea cristiana del Dio assolutamente buono, del Dio dei deboli, dell’idea di amare il proprio nemico. In questo modo è andata perduta la forza esuberante di cui si nutriva la Volontà di potenza. Dalla morale eroica della gloria si è passati ad un’idea di decadenza, di compassione, di una morale nichilista. Questo Dio viene interiorizzato, perde il suo senso, nega la Volontà di potenza, nega la sua stessa esistenza.

Con l’affermare che Dio è morto! Nietzsche richiama questo nichilismo divino che porta l’uomo a divenire l’artefice del proprio destino. Ma chi è tanto forte da sopportare questa condizione dell’animo?

Probabilmente un superuomo.

Per superare l’ultimo uomo, misera trasfigurazione della Volontà di potenza, secondo Nietzsche dovremmo divenire noi stessi delle divinità e, per fare questo, occorre prestare una fede assoluta nel corpo. Si divinizza, così, il corpo e si interiorizza la divinità. Solo il superuomo è in grado di agire in questo modo poiché sente dentro di sé la Volontà di potenza e riesce a trasferirla nella realtà politica e sociale. “Amo quelli che non sanno vivere che per sparire, poiché son coloro appunto che vanno aldilà” afferma Nietzsche in Così parlò Zarathustra.

Il superuomo ha un suo strumento nella memoria organica, quella memoria che resta impressa nell’inconscio e che la Volontà di potenza assimila a sé. E sempre il superuomo è l’unico in grado di assumere su di sé il peso di questa Volontà e di sopportare il continuo ripetersi di ogni attimo.

Ecco allora l’idea dell’eterno ritorno che è utile per porre fine alla speranza. Già i Greci consideravano la speranza come il peggiore di tutti i mali, poiché a nulla serviva lo sperare in qualsiasi forma di salvezza mondana o ultra-mondana. Secondo l’idea dell’eterno ritorno non esiste un tempo ed un essere, ma esiste un tutt’uno. E dal momento che ogni divenire porta con sé il dolore, il superuomo cerca questo dolore per superarlo e dominare così l’esistenza. L’eterno ritorno consiste nel movimento circolare di assimilazioni che attraverso la memoria organica porta la Volontà di potenza a divenire vita in sé e per sé. In questo moto i ricordi riemergono divenendo impaccio perché portano con sé il rimorso. Il ricordo si tramuta in fato che è la conseguenza delle nostre azioni e della nostra Volontà. Il fato e la Volontà generano il destino di ognuno. Chi aspira a divenire di più vuole superare la soglia del tempo con la Volontà.

La Volontà di potenza si esplica appieno attraverso l’eternizzazione della vita individuale.

Il fondamento fisico dell’eterno ritorno è la sacralizzazione della sessualità, tematica che Nietzsche affronta considerando il rapporto tra il Dio del piacere, Dioniso, ed il Dio del dolore, Cristo. Ma non potendo in questa sede approfondire tematiche ancora più complesse vorrei concludere con l’idea dell’uomo che, per sopravvivere in questo mondo falso e crudele, utilizza come principale mezzo la menzogna. Egli stesso diviene un mentitore, un artista. L’arte è la grande seduttrice della vita, il grande stimolante per vivere…Ed occorre un’originale forma di menzogna, l’idealizzazione dell’istinto, per abbattere il nichilismo. Un sentimento anti-nichilista ha origine da un desiderio e questo riesce ad emergere tramite la fantasia. La fantasia stimola la volontà umana ed aiuta il progresso dell’umanità.

Mi chiedo ora se questa serie di riflessioni argomentate in modo più o meno filosofico sia risultata troppo laboriosa, ma l’interesse precipuo era quello di arrivare ad una comprensione dell’idea di Volontà di potenza. E mi sembra che Gabrielli riesca bene nell’intento percorrendo in modo serio e coerente il pensiero di Nietzsche ed aprendo, altresì, ampi spazi per nuove e più attuali considerazioni.



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