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L’Astronauta del cuore

Poesia

Mario Masini
Lalli Editore

Recensione di Gian Piero Stefanoni
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Pubblicato il 02/04/2013 12:00:00

Raccoglie quest’antologia quarant’anni di attività poetica il cui racconto può esser anche letto in termini di cronaca, di romanzo in versi quasi (come ben suggerisce nella bella introduzione Hilde March) di una vita mai quieta, mai doma, nelle proprie rivendicazioni d’amore. Amore che se incentrato attorno alla figura amata rincorsa e patita non esclude però lo spazio esterno dalle proprie corrispondenze e dai propri inceppamenti ma lo coinvolge pienamente facendone il referente primo a cui quello stesso amore deve guardare per il proprio umanissimo completamento. Sacralità e consapevolezza delle iscrizioni che Masini, pur nell’acerbità del verso, ha ben presente fin dalla prima esile raccolta “Quando piangono gli angeli” (che poi confluirà con delle aggiunte nelle successiva “Piccola selezione”) contraddistinguendone la poesia fino alle prove della maturità. Amore di donna e di terra (che è quella del pratese) inscindibilmente legati in reciproco sfondo, in reciproco dialogo, sotto l’egida di una passione a lungo inficiata da ritrosie e pudori ed un canto che soltanto al termine, nel riconoscimento, riuscirà a sciogliersi nel mare dei ritorni. E’ un percorso allora questo che si apprende, tra accensioni e spegnimenti, per una fedele e paziente rimessa di sé entro le metamorfosi di una natura e di una vita sempre volta “a germinare/ per chi non sprecherà/ la forza della spiga, / ma ne farà il suo pane/ di quotidiano amore”. Perché il frutto che già nel bene della fatica si prefigura in bellezza è per Masini (nel conto e nel superamento delle resistenze) la misura di un mondo che pur nella crudezza delle sue occlusioni conserva in sé tutta la creaturalità e le infinite dignità del compiersi. La parabola di fondo di questo lungo apprendistato è allora nell’offerta continuamente rimessa all’incontro, alla ricerca non del candore ma della giusta innocenza, della grazia natale la cui rivelazione nella preservazione ci ricompone e fonde. Rivelazione che passa anche da una comunione scavata nel buio la cui dialettica ha la sua centralità nella terza raccolta, “Pensiero d’amore”, in cui nello sguardo della donna è racchiuso il potere d’ogni amore, dell’amore:” “Ma non potrai scordare,/ come nessuna madre,/il tuo dolce dolore/ quando venni alla luce dal fondo dei tuoi occhi./Puoi abbandonarmi forse,/ ma rinnegarmi mai”. L’incisione dunque è nel solco di questo mistero di cui il poeta si fa servitore leale nel nutrimento delle radici, arnia che brulica di versi (secondo un immagine a lui molto cara), miele per chi ha fame. E, da una definizione del seguente“ Casa di carta ”, astronauta del cuore lanciato al mondo da un amore che nella condivisione lo dispone finalmente come un esploratore alla ricerca e al ritrovamento di “Tanta, tant’acqua/e incontaminata” portandolo in un bellissimo passaggio a deporre il casco per trasformarsi in contadino ed il cui senso è ben detto nei versi inediti di una poesia dedicata alla Dickinson: “Oltre il recinto/ è necessario andare/ per rendere a misura/ l’infinito”. Ed oltre il recinto è necessario andare per una salvezza che non è solo per se stessi nel richiamo riportato a terra là nel “deserto intenso” dove la vita chiama. Direzione in cui Masini si pone con forza nell’ultima fase della sua produzione racchiusa nell’emblematico titolo ”Proibito a chi odia” in cui la parola, sfrondata da inutili accumuli che ne frenavano la voce (e che rifugge come sempre dai luoghi comuni anche quando non riesce), si fa complementare elemento di quella misericordia di sguardo alla base di una narrazione del mondo la cui memoria ed intelligenza d’amore si fa con fermezza risposta- e monito- alle tensioni anche sociali e morali che hanno segnato e insanguinato la storia degli ultimi anni (e qui evidente anche nell’ultima parte di poesie sparse e inedite). Nella complessità e nella semplicità insieme del viaggio ci resta, in conclusione, la poesia di un ragazzo a cui la ricerca d’amore svelandolo al corpo fecondo e trasfigurato dell’umano (“fossile/di durissima pietra”) lo ha donato e rimesso allo spazio intenso della compassione e della presenza, scudo e salvaguardia dell’umano stesso il cui valore, con umiltà e franchezza d’ascolto, Masini sovente rimarca e richiama nei cerchi concentrici delle ferite e degli echi. E che per la testimonianza di fede , inscindibile in ogni vero discorso poetico, fa della sua una voce sempre in divenire, consapevole come ogni volta nelle tracce di avere appena imparato a camminare.


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