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I cani e i lupi

Narrativa

Irène Némirovsky
Adelphi Edizioni

Recensione di Giuliano Brenna
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Pubblicato il 23/05/2008

La Némirovsky, ebrea, nata in Russia e quindi emigrata in Francia, ci racconta la storia di Ada e dei suoi due cuginetti Ben ed Harry, quasi ci raccontasse di se stessa, i tre protagonisti della vicenda sono infatti ebrei nati in Russia ed emigrati in Francia.
Ada si affaccia al mondo dal basso, il padre è un povero ebreo che la porta con se per le strade gelate della città, nel continuo girovagare impostogli dalla sua professione di procacciatore d’affari. Presto però i giri in strada terminano con l’arrivo presso la famiglia di Ada della zia Raisa, rimasta vedova con due figlioli da sfamare, il più giovane dei quali, Ben, diventerà l’amico e compagno di giochi della fanciulla. L’altro cugino, invece vive sul versante opposto della società, Harry infatti è il rampollo della famiglia più illustre della città, egli vive nell’agio, protetto dai familiari, in modo che non sappia come vivono gli altri ebrei in città, quelli, e sono la maggioranza, meno fortunati. Un giorno Ada e Ben, messi in fuga dal loro quartiere dal Pogrom (persecuzione razziale), spinti dalla fame bussano e si intrufolano a casa di Harry, e qui la rivelazione, Ada si innamora non del lusso, del tepore della casa o del buon cibo che vi si mangia, ma proprio di Harry, con tutta sé stessa.
Dopo qualche tempo per motivi diversi, i tre si ritrovano a Parigi, Ada e Ben sempre a vivere di espedienti, Harry a condurre la vita agiata a cui è avvezzo. Sarà la caparbietà di Ada a far capire al ricco che esiste anche il mondo dei poveri in seno al quale albergano gli stessi sentimenti dell’alta società, resi forse più esasperati dalla disperazione. In questo modo Harry conoscerà ben presto l’amore di Ada, l’odio di Ben, nel frattempo diventato il marito della cugina, e il sapore amaro della polvere, diventando improvvisamente povero.
La Némirovsky, come dicevo all’inizio, tratteggiando i personaggi, dà loro alcuni suoi tratti peculiari, soprattutto ad Ada attribuisce un grande talento di pittrice, talento che ha la sua massima espressione nel dipingere scene di vita comune della società cui apparteneva in Russia. Anche l’autrice aveva il grande talento di descrivere la popolazione ebrea, ed il libro ne è la dimostrazione, e forse in Ada c’è molto di più di Irène di quanto non vi sia generalmente di ogni autore nei personaggi delle sue opere.
Nel romanzo la società ebraica è trattata con una certa asprezza, come solo un appartenente alla medesima estrazione può sapere e può permettersi di fare, la storia ci rende l’immagine di un popolo sempre in movimento, come da millenni, con regole implacabili al suo interno che rendono ciascun individuo capace di agire con la massima generosità e dolcezza sino alla più bieca crudeltà. I cani e i lupi del titolo, infatti, non sono due gruppi distinti, ma in tutta la narrazione gli uni tendono a trasformarsi negli altri. L’altro lato della società, quella non ebrea, invece viene velatamente accusata di antisemitismo, Harry, infatti, sebbene enormemente ricco e ben inserito nella società parigina, nel momento in cui chiede la mano di quella che diverrà sua moglie, incontra la fiera resistenza del padre di lei, per motivi squisitamente razziali.
Il finale che vede Ada esiliata ci appare come un sinistro presagio, sapendo come terminò la vita della scrittrice, la quale, forse per gettare anche su di un fatto tanto tragico una luce di speranza, fa nascere in questo frangente il figlio di Ada ed Harry. Nascita che nell’economia del libro sottolinea il fatto che l’esilio cui il destino ha condannato gli ebrei è anche la loro forza, ha dato loro la capacità di essere a casa dovunque il destino li porti. Il fatto che con la nascita del figlio Ada si senta finalmente padrona di se stessa ed abbia perso quella malinconia un po’ stralunata che l’ha accompgnata per quasi tutta la narrazione, significa che il suo destino si è compiuto, mettere al mondo un altro individuo, senza stare a pensare se sarà cane o lupo, tanto il confine tra i due gruppi è labile.
La scrittura della Némirovsky è molto piacevole, le descrizioni sono essenziali ma molto efficaci; le situazioni sono tratteggiate e cesellate con frasi eleganti, tanto da sembrare proprio gli acquarelli dipinti da Ada; quando la scrittrice descrive le opere della pittrice, con la loro vivace forza evocativa di un mondo abbandonato o che sta scomparendo, sembra quasi che voglia descrivere i suoi libri. A dare corpo a questa sensazione – ma col proverbiale senno di poi – si aggiungono la follia e l’orrore nazista che hanno lasciato dopo di loro solo ricordi, quali libri o disegni, di un mondo vivace, in cui, malgrado la lotta quotidiana per la sopravvivenza, tutti avevano il loro posto e l’opportunità di vivere sereni. La parabola compiuta dalle vite dei personaggi sembra, in scala ridotta, quasi profetica dell’esistenza dell’intero popolo ebraico europeo agli inizi del secolo scorso, quando per seguire le proprie ambizioni o i sentimenti ognuno poteva spostarsi liberamente, ma poi, una grande massa di odio ha polverizzato questo mondo, tranciando ogni legame sia tra le persone, sia di esse in rapporto coi luoghi. Inoltre in questo libro la Némirovsky affronta anche il tema dell’antisemitismo, generalmente non presente nelle sue altre opere, prima con le violenze in Russia, dove vediamo Ada e Ben costretti prima a chiudersi in un baule, e poi a fuggire per le strade. Successivamente ritroviamo l’odio e il pregiudizio razziale a Parigi, non per le strade, ma in seno ai membri delle famiglie più agiate, e questo è fortemente indicativo dello stato d’animo dei francesi nel periodo immediatamente precedente la pubblicazione del libro (1940) pochi mesi dopo la conversione al cattolicesimo della Némirovsky per cercare di salvare sé e la sua famiglia dalle persecuzioni razziali, ma ciò non servì a molto e gli eventi portarono nel 1942 la scrittrice a morire in un campo di concentramento: quello che sembrava un pacifico gruppo di cani si era trasformato in un famelico branco di lupi.
Questo libro oltre alla bellezza dell’opera in sé, ci mostra gli ultimi momenti di vita di una società antica e complessa, prima di venire spazzata via. Come gli acquarelli di Ada è destinato a rievocare nostalgia e ricordi in chi c’era e mostrare agli altri qualcosa scomparso per sempre.

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