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Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)

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Emilio Capaccio

Argomento: Intervista

Testo proposto da LaRecherche.it

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Pubblicato il 17/05/2015 12:00:00

Continuiamo con la pubblicazione delle interviste ai primi tre autori classificati di entrambe le Sezioni (Poesia e Narrativa) del Premio letterario “Il Giardino di Babuk – Proust en Italie”, I edizione 2015, allo scopo di farli conoscere, come persone e come autori, un poco oltre i loro testi che è possibile leggere qui: www.ebook-larecherche.it/ebook.asp?Id=180

 

L’autore qui intervistato è Emilio Capaccio, secondo classificato nella Sezione A (Poesia) con le poesie raggruppate nel titolo: Se tutti ti chiamassero Mario

 

Le interviste sono a cura della Redazione de LaRecherche.it e seguiranno cadenza settimanale secondo il seguente calendario di pubblicazione: Gianfranco Martana (pubblicato il 26/04/2015: leggi), Nicola Romano (03/05/2015: leggi), Mikol Fazio (10/05/2015: leggi), Emilio Capaccio (17/05/2015), Giulia Tubili (24/05/2015: leggi), Silvia Morotti (31/05/2015: leggi)

 

*

 

Chi sei? Come ti presenteresti a chi non ti conosce?

 

Spendo molto del mio tempo nella lettura, la scrittura, le traduzioni; ho pochi altri interessi.

Mi piace condurre una vita tranquilla, lontano dai frastuoni, dai crocevia, dalla calca; una vita che mi lasci il tempo di meditare sulle cose che fluttuano intorno a me, sui cambiamenti, sui propri stati d’animo.

Non ho mai aspirato a una vita frenetica; non seguo le mode o la politica, non guardo i programmi televisivi e ho la sensazione di essere al passo con i tempi e più informato degli altri.

Credo che ognuno dovrebbe avere il dovere di meditare sulla propria condizione, sul significato della coesistenza, con altri uomini, con l’ambiente, con gli animali; volersi bene, sondare la propria coscienza e curare i propri affetti.

 

 

Quali sono gli autori e i testi sui quali ti sei formato e ti formi, e che hanno influenzato e influenzano la tua scrittura?

 

Non ho autori ai quali mi ispiro, o forse mi ispiro in modo inconsapevole. Le mie letture, i miei articoli e i miei approfondimenti, spaziano da un autore all’altro, da un tempo all’altro, da un paese all’altro. Ci sono migliaia di poeti sparsi per il mondo che ci hanno tramandato e continuano a tramandarci pagine splendide di altissima poesia, di cui noi non sospettiamo nemmeno l’esistenza.

In generale, dedico meno tempo agli autori noti e più a quelli inediti, attraverso un costante lavoro di ricerca e traduzione che spero possa servire anche ad altri che vogliano approfondire gli autori che propongo su siti e riviste con cui collaboro.

 

 

Quale utilità e quale ruolo ha lo scrittore nella società attuale?

 

Lo scrittore e il poeta devono avere una lucidità e una sensibilità straordinarie, devono offrire spunti di riflessione, indicare un sentiero, suscitare emozioni o più semplicemente accogliere e confortare con la loro parola nel senso comune del “sentire”.

Devono essere le sentinelle dei disagi, dei mutamenti e delle inquietudine della loro epoca e mostrarli alle persone, affinché possano essere consapevoli, responsabili e mature dentro il loro tempo.

 

 

Come hai iniziato a scrivere e perché? Ci tratteggi la tua storia di scrittore? Gli incontri importanti, le tue pubblicazioni.

 

Non so perché abbia intrapreso quest’attività silenziosa del cuore e della mente, so che è stata sempre una mia naturale inclinazione, sin dall’età di 15 anni. Considero, oggi, la scrittura una delle cose più naturali di me, da cui non riuscirei a separarmi. La mia biografia è disponibile sul sito de la Recherche.it, alla mia pagina personale.

 

 

Come avviene per te il processo creativo?

 

Credo che la chiave sia nell’amore che ho sempre serbato per il suono delle parole, disposte una dietro l’altra, secondo una logica misteriosa, da cui scandiscono i significati le loro magie e qualche volta si staccano le montagne e si rovesciano gli oceani.

Medito, traggo un verso e poi ne amplio il concetto, la portata, e costruisco i rimandi, le assonanze, le metafore.

 

 

Quali sono gli obiettivi che ti prefiggi con la tua scrittura?

 

Vinco la mia battaglia con l’incomunicabilità e l’incomprensione ogni qualvolta una poesia viene percepita dalla gente in ogni singola parola e spazio di parole, e esitazione tra una parola e l’altra.

La mia poesia deve essere semplice, diretta e capiente, come una stiva, di “sostanza” e di senso; non mi interessano le ricerche linguistiche eccentriche e fine a se stesse, gli stridii di parole oscure, scomposte, illogiche e incomprensibili.

La poesia deve tendere all’universalità dei sensi, perciò deve essere liquida nel suo significato e semplice nella forma, perché il poeta deve parlare con la “substantia” concreta e spessa del proprio essere e con la voce chiara e nuda dell’anima.

 

 

Che cos’ha di caratteristico la tua scrittura, rispetto a quella dei tuoi contemporanei?

 

Come già accennato nella precedente domanda la mia poesia si contraddistingue per la “semplicità” del suo dire, e per una costante volontà di non cadere mai nell’ovvietà e nella banalità di cose che si dicono tanto per dire.

Sono queste le mie uniche paure. Più si rasenta la “semplicità”, più il pericolo si fa concreto, forse è per questo che è tanto difficile la “semplicità” e pochi ne parlano, e quando ne parlano appaiono banali.

 

 

Si dice che ogni scrittore abbia le sue “ossessioni”, temi intorno ai quali scriverà per tutta la vita, quali sono le tue? Come si è evoluta la tua scrittura dalle tue prime pubblicazioni?

 

Temi ricorrenti delle mie poesie sono la “morte” e il “tempo”; sono punti fermi dei miei pensieri che a volte accantono (o nego forse a me stesso i loro eventi) e a volte recupero, tentando di tracciarne umanamente, per quel che posso, l’anatomia e il volto, di descriverne il colore, l’odore, di dar forma all’invisibile, all’inaspettato, al ticchettio, sul cammino che mi dovrà condurre prima o poi verso il senso di un’accettazione.

 

 

Quale rapporto hai con la poesia e quale con la narrativa? Hai scritto sia in versi sia in prosa (racconti o romanzi)? Se la risposta è no, pensi che, un giorno, ti accosterai all'altro genere letterario?

 

Mi occupo principalmente di poesia, che scrivo o che traduco; ho scritto saltuariamente qualche breve e fugace racconto. Non sono riuscito mai a dedicare più tempo alla prosa, però ammetto che pubblicare almeno una raccolta di racconti è uno di quei pensieri che mi piacerebbe assecondare.

 

 

Quanto della tua terra di origine vive nella tua scrittura?

 

Le lunghe pause dei rumori che ritrovo nella mia terra solo le stesse che si ritrovano a volte nelle mie poesie; la sospensione dei moti durante le lunghe giornate estive, l’invito alla meditazione e il desiderio di evadere lo sguardo contemplando l’esistenza del Mar Tirreno. Come si può prescindere dal luogo in cui sei nato? Come si fa ad alleggerirsi delle proprie radici, e chi vorrebbe farlo veramente?

Io quando voglio farmi ondeggiare dai pensieri, penso alla mia casa!

 

 

Qual è il rapporto tra immaginazione e realtà? Lo scrittore si trova a cavallo di due mondi?

 

È esattamente così: “il poeta si trova a cavallo di due mondi”. Per quanto mi riguarda, visito poco quello reale.

 

 

Quali difficoltà hai incontrato nel pubblicare i tuoi testi?

 

Oggigiorno, paradossalmente, non si incontra nessuna difficoltà nel pubblicare i propri testi, se si è disposti a pagare il “prestigio” della pubblicazione, soprattutto nelle 200 antologie l’anno, che promuove la maggior parte delle piccole case editrici, in cui sono presenti altrettanti autori che venderanno esattamente “200 copie”, (cioè la somma di quelle che comprerà ognuno di loro per sé). Anch’io, sono passato per questo meccanismo subdolo e distorto dell’editoria italiana, quando anni fa decisi di pubblicare i miei primi testi.

Nessuna di queste case editrici è interessata alla qualità dei testi, solo al numero degli autori, ovviamente.

 

 

Chi sono i tuoi lettori? Che rapporto hai con loro?

 

Non saprei dire chi sono in realtà i miei lettori. È sicuramente gente a cui ancora piace spendere un po’ del loro tempo leggendo una poesia e lasciando una loro impressione, un giudizio, un commento, su qualche sito qua e là.

È per questo che li ringrazio. Come potrei non essere riconoscente? Non è forse questo l’unico e il più nobile compenso che dovrebbe spettare a un poeta? L’affetto dei propri lettori!

 

 

“Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso”. Che cosa pensi di questa frase di Marcel Proust, tratta da “Il tempo ritrovato”?

 

Sono d’accordo considerando quello che scriveva Proust nelle sue opere: leggendo anteponiamo la nostra esperienza, il nostro “io”, la nostra capacità di comprensione e i nostri limiti a tutto quanto scrive l’autore, e l’autore finisce per rivelare in fondo quello che noi siamo, attraverso quello che noi comprendiamo.

Ma come potrebbe valere la stessa cosa leggendo un libro giallo tascabile che si compra nelle edicole delle stazioni?

 

 

Hai mai fatto interventi critici, hai scritto recensioni di opere di altri autori? Quali sono gli indicatori che utilizzi nel valutare, se così ci è permesso dire, un testo? Quali sono, a tuo avviso, le caratteristiche di una buona scrittura?

 

Non mi sono mai occupato di recensire un’opera altrui. Da lettore, riferendomi esclusivamente alla prosa, posso dire che l’opera deve avere una originalità intrinseca e non essere scontata; la scrittura deve risultare fluida e non deve richiedere un eccessivo sforzo di comprensione da parte del lettore, al contempo non deve essere scarna di contenuto o di forme o di lessico e deve dire, deve dire qualcosa di considerevole per cui valga la pena affermare che è importante la cultura.

 

 

In relazione alla tua scrittura, qual è la critica più bella che hai ricevuto?

 

Quella che mi devono ancora fare!

 

 

A cosa stai lavorando? A quando la tua prossima pubblicazione?

 

Sto curando un’antologia poetica che vorrei pubblicare nei prossimi mesi, dovrei inoltre pubblicare qualche raccolta poetica di due poeti inediti, di cui mi sono occupato della traduzione.

Curo una rubrica: “Il poeta del lunedì” sul sito www.irisdikolibris.net in cui ogni settimana propongo un poeta inedito o seppellito ingenerosamente nei meandri della memoria, da me tradotto dall’inglese, francese, spagnolo o portoghese, con relativa biografia.

 

 

Quali altre passioni coltivi, oltre la scrittura?

 

Mi piace viaggiare, anche se non mi riesce tanto spesso, ascoltare musica, rivedere qualche vecchio amico d’infanzia.

 

 

Sei tra i vincitori del Premio “Il Giardino di Babuk – Proust en Italie”, perché hai partecipato? Che valore hanno per te i premi letterari? Che ruolo hanno nella comunità culturale italiana?

 

In genere non partecipo ai concorsi. Ho partecipato a questo premio perché ritengo che “Il Giardino di Babuk – Proust en Italie” sia uno dei pochi premi spinto ancora da uno spirito autentico di promozione e condivisione della poesia, secondo l’antica formula della gratuità e della liberalità.

 

 

Hai qualcosa da dire agli autori che pubblicano i loro testi su LaRecherche.it? Che cosa pensi, più in generale, della libera scrittura in rete e dell’editoria elettronica?

 

Ognuno può scrivere quello che sente e confrontare le proprie idee con i lettori o altri autori, la poesia però è ben altra cosa, richiede studio, ricerca, lettura, sensibilità, genialità che molti non dimostrano di avere, e di certo non aiuta la poesia, l’editoria elettronica che pubblica tutto quanto venga proposto, ma esigendo contributi economici a carico degli autori, spropositati e ingiustificati, se si pensa che i costi per realizzare un e-book sono praticamente pari a zero.

Le case editrici, ovviamente hanno tutto l’interesse a promuovere la pubblicazione elettronica, facendola passare come la nuova frontiera dell’editoria, adducendo che il grado di diffusione dell’opera in formato e-book è potenzialmente infinito, rispetto alla circolazione cartacea del libro.

Questo sarebbe vero se l’e-book fosse gratuito, ma avendo anch’esso un prezzo di vendita, sia pure inferiore rispetto a quello del libro, la distribuzione di cui parlano si riduce a poco più di quella cartacea.

In altri termini, non ravviso un vantaggio concreto per l’autore dell’opera rispetto alla pubblicazione cartacea, i contributi economici richiesti sono sempre gli stessi.

Leggere un e-book, poi, a mio avviso, non sarà mai come leggere un libro, inutile convincermi del contrario.

L’unico vantaggio è quello che hanno previsto per loro le case editrici, in termini di costi da sopportare pressoché nulli e maggiori introiti derivanti dalla pubblicazione.

 

 

Vuoi aggiungere qualcosa? C’è una domanda che non ti hanno mai posto e alla quale vorresti invece dare una risposta?

 

Vorrei ringraziare LaRecherche.it per avere ideato e realizzato il Premio e per avere dato a tutti gli autori la possibilità di esprimersi nella forma della poesia e della narrativa.

 

 

Grazie Emilio.

 

 


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