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Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)

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Elisabetta Cipolli

Argomento: Intervista

Testo proposto da LaRecherche.it

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Pubblicato il 03/05/2018 12:00:00

 

L’autrice qui intervistata è Elisabetta Cipolli, seconda classificata al Premio letterario “Il Giardino di Babuk – Proust en Italie”, IV edizione 2018, nella Sezione A (Poesia) con “Flehmen”. Fotografia di Irene Carmassi.

 

 

 

Ciao Elisabetta, chi sei? Come ti presenteresti a chi non ti conosce?

 

Sono nata e vivo a Livorno, per molti anni mi sono occupata di mass media e telecomunicazioni, e recentemente ho maturato la scelta di dedicarmi a tempo pieno alla composizione ed alla scrittura.

 

 

Quali sono gli autori e i testi sui quali ti sei formata e ti formi, che hanno influenzato e influenzano la tua scrittura?

 

Nella casa dove sono cresciuta c’era, e c’è ancora, una grande libreria. Già prima che per me iniziassero le scuole elementari mio zio, appassionato di classici, e mio padre, con la sua predilezione per l’epica e la fantascienza, mi hanno tramandato l’amore per leggere e scrivere. Tra le mie prime letture alcune raccolte di filastrocche, le favole dal mondo, le novelle di Hans Cristian Andersen, ed i racconti di Jules Verne. La maestra riuscì poi ad accrescere in me l’attenzione alla poesia e alla natura. Per l’eco che ancora risuona nelle mie scritture degli autori conosciuti da bambina sento di dover ricordare Saffo, Gianni Rodari, Tali Sorek, Trilussa, Cangillo, Giuseppe Ungaretti, Salvatore Quasimodo, Mario Lodi, René Guillot, Italo Calvino, Anna Frank e Karl Bruckner. Più tardi è avvenuto l’incontro con Dante e gli altri Toscani, con Giacomo Leopardi ed Eugenio Montale, con Johann Wolfgang Goethe e Bertold Brecht, Rainer Maria Rilke, Guillame Apolinnaire, i poeti maledetti, Jacques Prévert e Antonin Artaud. La letteratura del secolo scorso ho potuto approfondirla negli anni delle scuole superiori, grazie all’attenzione della docente di lettere alla mia volontà di scrivere, ed è stata molto importante per i miei elaborati giovanili. Tra le indomite influenze di quel periodo impossibile non citare Elio Vittorini, Luciano Bianciardi, la Beat Generation, Anaïs Nin e Henry Miller, Charles Bukowski, George Orwell, Ray Bradbury ed altri autori distopici pubblicati nella mitica collana Urania ed in tante fanzine. Nello stesso periodo ho scoperto anche la mia passione per la produzione saggistica, spaziando da Machiavelli a Michel Foucault. Gli altri scrittori che è opportuno nominare in queste liste post-moderne, che mi rammentano un po’ quelle di Pier Vittorio Tondelli, sono: Franz Kafka, Fëdor Dostoevskij, Jack London, Elias Canetti e José Saramago.

Successivamente, è stata fondamentale per la mia riflessione, circa la musicalità e il lessico poetico, l’esperienza del movimento letterario Nuyoricano, ed in particolare l’opera di Miguel Piñero. È così che mi sono avvicinata alle mie più recenti ricerche sui campi comuni tra composizione musicale e poetica; col tempo si sono aggiunti l’ascolto della slam poetry e del rap e le letture di molte autrici, dalle più remote alle più prossime come Alda Merini, Maria Luisa Spaziani, Gloria Fuertes, Sylvia Plath e molte altre autrici ed autori esordienti ed emergenti, come ad esempio Viola Barbara e Daniele Cerrai, che amo leggere anche in rete.

 

 

Secondo te quale utilità e quale ruolo ha lo scrittore nella società attuale?

 

Sintetizzando molto direi che è l’insieme degli sforzi per giungere ad una narrazione onesta, è dare voce ai silenzi ed alle possibilità.

Mi vengono in mente anche le parole di Jean Cocteau: “So che la poesia è indispensabile ma non saprei dire per cosa”. Di questa sorta di indicibile ho scritto anch’io in un testo mai pubblicato, ma che qui mi appare pertinente, dal titolo“Lettera agli editori”eche ha quest’incipit: “Non vi so dire la fatica per portare la poesia nel mondo, so dire dello iato e del dittongo, del metro e di questo mestiere, ma dire non so della fatica del lavoro del poeta, quelle parole non sono state inventate, è come la forza di infinite miserie da sillabare ed esser reincarnate.”

 

 

Come hai iniziato a scrivere e perché? Ci tratteggi la tua storia di scrittrice, breve o lunga che sia? Gli incontri importanti, le tue eventuali pubblicazioni.

 

Ho iniziato a scrivere le mie prime filastrocche e canzoncine quando ancora non andavo a scuola. Mi piaceva molto ed ancora mi piace trascorrere così il tempo. I miei primi riconoscimenti risalgono agli anni della scuola superiore, quando mi fu proposto di partecipare a diverse iniziative dedicate alla scrittura, di cui ancora conservo memorie bellissime. In particolar modo ricordo l’edizione del 1994 del Premio Intervallo, promosso dal Liceo classico Piccolomini di Siena, quando fui premiata insieme ad un altro compagno di classe, Jorge Mazzoni, che come me ancora scrive. Nello stesso anno scrissi “Altrove”,che raccoglieva sette brevi biografie di donne non celebri; dopo varie peripezie editoriali, e visto che ero ancora minorenne, il marito di mia madre decise per la stampa e la rilegatura di qualche copia casalinga, introducendomi senza volere all’editoria indipendente. Da lì iniziò il mio viaggio nell’autoproduzione e traendo dalle mie scritture giovanili ho poi autopubblicato, in forma cartacea e digitale,“Versi Scelti” (1981-1991); “Istituto Tecnico Commerciale” (1990-1994); “La fine del Mondo” (1995-1999); “L’oggettistica ci salverà” (2000-2003).

Dal 1999 al 2004 ho lavorato in un’emittente radiofonica, un’esperienza di vita unica che porto nel cuore assieme ai mei colleghi del periodo, e dove ho avuto modo di misurarmi con la scrittura di testi per alcune trasmissioni. Di queste vorrei richiamare “Tanti Auguri” con Barbara Goti e “Radio Utopia”ideata da Sandro Nullo Vincenzoni Sainati. Dopo la chiusura della radio e qualche breve esperienza all’estero presi ad occuparmi di video, di musica, di cinema e di teatro. Scelsi così di seguire dei corsi ed anche di impegnarmi in alcune realtà del cosiddetto underground livornese, proprio quest’anno tratteggiato in una serie di interviste nel libro “Voci potenti e Corsare”, edito da Agenzia X e scritto dal mio concittadino Luca Falorni, in cui ho potuto raccontare queste avventure. Fondamentali per la miaformazione ed i mei sconfinamenti in altri ambiti della scrittura sono state infatti le mie esperienze con i collettivi TiltTV e Mob-Com Autoproduzioni Video,tra le principali video-inchieste prodotte: “A Livorno non c’è nulla?”(2005), “La Rivoluzione Individuale” (2006), “100%Precario”(2007), e del Teatro Officina Refugio, una lunga esperienza che mi ha dato la possibilità di misurarmi anche con l’attorialità, la drammaturgia e la composizione musicale insieme ad Alessandra Falca, Michela Lomi, Maria Giovanna Morelli, Emiliano Dominici, Paolo Spartaco Palazzi, Selvaggio Casella e Charlie Atomix, solo per dirne alcuni anche se vorrei ricordali tutti, e per la quale è praticamente impossibile dare una lista esaustiva dei lavori svolti.

Appassionata fin dai primi tempi universitari al tema della bioetica, una decina d’anni fa mi sono avvicinata allo studio della filosofia e della sociologia. In particolare mi sono dedicata alla metodologia socioanalitica, partecipando ai corsi promossi dall’Università Popolare Alfredo Bicchierini e ad alcuni cantieri narrativi che sono stati successivamente pubblicati dalla cooperativa editrice Sensibili alle foglie: un incontrotra i più importanti del mio percorso. Con questa realtà editoriale ho in seguito pubblicato come coautrice “Elettroshock”(2014) e come autrice “Radici Scalene” (2016) in cui sono confluite le scritture rimaste escluse da altre autopubblicazioni: “Lapis & Rinoceronti” (2003-2006), “Frottole al Telefono” (2005-2015) e “Falsa distica livornese” (2015).

Alcuni dei miei testi sono stati pubblicati in alcune antologie, quelle che mi vengono in mente con particolare emozione sono “Il Federiciano 2013” – Aletti Editore e “Uovo alla Pop. Il catalogo” – Vittoria Iguazu Editora – 2017.

Dal 2014 lavoro ad un progetto dal titolo “Solstizi che durano un lustro”, di cui ho già stampato i capitoli “Le parole sono molotov”(2014), “Poesie Aliene” (2015), “Poema: Scema” (2016), “Carattere Torrentizio”(2017).

 

 

 

Come avviene per te il processo creativo?

 

Avviene in vari modi. A volte è inaspettato, altre invece è suggerito da molte letture, dall’ascolto, dall’incontro, dalle riflessioni e gli spostamenti, dalle conversazioni e dai confronti.

Altre volte ancora semplicemente scrivo.

 

 

Quali sono gli obiettivi che ti prefiggi con la tua scrittura?

 

Per dirla con Walt Whitman: “Contribuire con un verso al potente spettacolo della vita”.

Può suonare ambizioso ma, sinceramente, per me è un esercizio di umiltà quotidiana.

 

 

Secondo il tuo punto di vista, o anche secondo quello di altri, che cos’ha di caratteristico la tua scrittura, rispetto a quella dei tuoi contemporanei?

 

Per me, forse, l’intenzione quasi decostruzionista, ovvero alla ricerca della profondità semantica e della possibilità che ha la scrittura di essere moltiplicatrice della realtà, ma a pensarci bene forse non c’è niente di caratteristico in questo.

Dagli altri sono stati sottolineati alcuni aspetti ma non saprei dire se posso definirli caratteristici.

 

 

Si dice che ogni scrittore abbia le sue “ossessioni”, temi intorno ai quali scriverà per tutta la vita, quali sono le tue? Nel corso degli anni hai notato una evoluzione nella tua scrittura?

 

I temi che da sempre ricorrono sono relativi al Tempo, al Cosmo, alla Natura ed a noi che la abitiamo con le nostre istanze di libertà e felicità. Altri argomenti di cui ho spesso trattato riguardano i fenomeni connessi alla parola.

Col passare del tempo si verifica un certo grado di mutazione fisiologica della scrittura, dicendo questo penso di descrivere un sentore comune, nel mio caso è necessario aggiungere che ha rappresentato una svolta convivere con un problema alla vista. Il mio scrivere è forse divenuto un gesto altro e un altro gesto e si è diretto verso le sinestesie.

 

 

Hai partecipato al Premio Babuk nella sezione Poesia, scrivi anche in prosa? Se no, pensi che proverai?

 

Si, come già detto, scrivo anche in prosa.

 

 

Quanto della tua terra di origine vive nella tua scrittura?

 

Assai.

Credo sia naturale. Il mare, il vento, il sale... sono le mie radici diseguali, scalene.

 

 

Qual è il rapporto tra immaginazione e realtà? Lo scrittore si trova a cavallo di due mondi?

 

La scrittura è stata anche descritta come una forma benigna di dissociazione, così come qualsiasi altra espressione artistica. A mio avviso il gesto creativo, nel suo tentativo di strappare dal Niente, è sempre un movimento tra due mondi.

 

 

Chi sono i tuoi lettori? Che rapporto hai con loro?

 

I lettori che conosco direi che sono parecchio eterogenei ed è impossibile racchiuderli in una categoria; quando posso converso con chi ha avuto la pazienza di leggermi, anche attraverso la rete. Altri ancora non ho avuto modo di conoscerli ed è questo infatti uno dei miei progetti per il futuro.

 

 

“Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L’opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso”. Che cosa pensi di questa frase di Marcel Proust, tratta da “Il tempo ritrovato”?

 

Sono profondamente in accordo con le parole di Proust, e sento di allargare questa riflessione anche alle altre espressioni artistiche. L’arte è una lente; è un caleidoscopio.

 

 

Quali sono gli indicatori che utilizzi nel valutare, se così ci è permesso dire, un testo? Quali sono, a tuo avviso, le caratteristiche di una buona scrittura? Hai mai fatto interventi critici, hai scritto recensioni di opere di altri autori?

 

L’indicatore principale è l’emozione. O meglio le emozioni. Questo mi sento di dire come lettore.

Mi capita di presentare diversi libri, quindi più che interventi critici direi che principalmente tratto l’introduzione dei temi affrontati da altri autori in modo da lasciare piena libertà critica ai presenti ed ai lettori.

 

 

In relazione alla tua scrittura, qual è la critica più bella che hai ricevuto?

 

Ne ho almeno due a pari merito:

“Una poesia in bilico tra l’elegia e l’anomalia”, della Professoressa Fiorella Pagni;

“Espressionista del Caos”, dell’esperta in comunicazione Margherita Luperini.

 

 

C’è una critica “negativa” che ti ha spronato a fare meglio, a modificare qualcosa nella tua scrittura al fine di “migliorare”?

 

Un amico e poeta, Aldo Galeazzi, tempo addietro, mi disse di approfondire lo studio della metrica. Ancora lo ringrazio. Ricordo poi con infinito affetto le conversazioni con Patrizia e Lorenzo Rodomonti, Aliroots, Alessandro Granata Seixas, Edo De Maio, con gli Stato Brado ed altri gruppi della mia città, con l’immenso Giuliano Nannipieri e con Alessandro Orfano, Sara Belleggia, Viola Barbara e Andrea Apostolo che hanno scritto dei miei lavori.

Mi hanno colpito inoltre alcune critiche, mosse a commento proprio della premiazione de “Il Giardino di Babuk – Proust en Italie”, circa l’attenzione al linguaggio ed allo stile, questioni che cerco sempre anch’io di tenere ben presenti. Poi va da sé che non si può piacere a tutti.

 

 

A cosa stai lavorando? C’è qualche tua pubblicazione in arrivo?

 

Attualmente sto lavorando, assieme alla sociologa Eleonora Zucchelli, ad una pubblicazione sul tema del biopotere, proposto nel Percorso Filosofico MaloXX , e al quinto e penultimo capitolo di “Solstizi che durano un lustro”.Mi auguro poi di proseguire un altro progetto già abbozzato.

 

 

Quali altre passioni coltivi, oltre la scrittura?

 

I miei affetti più cari.

 

 

Sei tra i vincitori del Premio “Il Giardino di Babuk – Proust en Italie”, perché hai partecipato? Che valore hanno per te i premi letterari? Che ruolo hanno nella comunità culturale e artistica italiana?

 

Dopo le esperienze scolastiche non avevo più partecipato ai premi letterari. Nel 2013, durante un periodo di convalescenza, ho sentito la necessità di confrontarmi di nuovo con il panorama letterario italiano. Non partecipo a molti concorsi, ma ho trovato nel regolamento del Premio “Il Giardino di Babuk – Proust en Italie”, forti garanzie di imparzialità e dunque di libera critica. Questi a mio avviso sono i giusti elementi, che ogni premio dovrebbe avere, per svolgere concretamente il ruolo culturale ed artistico che si prefigge.

 

 

Hai qualcosa da dire agli autori che pubblicano i loro testi su LaRecherche.it? Che cosa pensi, più in generale, della libera scrittura in rete e dell’editoria elettronica?

 

Vorrei porgere i miei complimenti a tutte le autrici e a tutti gli autori de LaRecherche.it, che leggo spesso e volentieri ed invitare alla prosecuzione di quest’esperienza.

Sono sempre stata a favore di tali modalità di scrittura ed ho iniziato ad adoperarle da giovanissima quando la rete muoveva i primi bytes. Permettono conoscenza e relazione e possono rappresentare uno scenario dell’arte futura.

 

 

Vuoi aggiungere qualcosa? C’è una domanda che non ti hanno mai posto e alla quale vorresti invece dare una risposta?

 

“L’ultimo che ricordo ero al mare.”

Questa è la risposta.

Quanto alla domanda, mi piacerebbe che al mattino mi chiedessero dei miei sogni - così come facevano i Senoi della Malesia conosciuti grazie a Nicola Valentino - iniziando la giornata con la narrazione collettiva dei viaggi onirici, per un allontanamento dalla dimensione individuale del sogno e dalle paure e per un concreto abbraccio con ogni ispirazione.

 

 

Grazie, Elisabetta.

  

Grazie a voi.


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