Per inizi mi allontano, carne a carne,
dove il fondo designa la sua vetta-
sepolta nella terra, dove tace la semente
nei giorni della mia passione
-nel suo grembo, ricerco le sorgenti,
figlie dell'altezza nel seno delle valli,
un filo d'acqua appena
nel rintocco sottile che accompagna
con lo sguardo umido dei fiori
che non s'impone mai, che non si scopre
dalle nevi, dai ghiacciai ai cristalli delle nubi.
mi fermo qui, seduta
come all'occhio di un veggente,
che accetta di essere visto
nella dolcezza del riposo che mi assorbe
nel balbettio. L'evocazione sola
di un simbolo sul ponte mentre piove,
scilla fino in cielo coi colori ,
nel solenne risveglio delle pietre.
Attraverso la bellezza e lo spirito cammina
verso l'invisibile. ti mormoro di sì
nella valle piu fertile e nascosta
per udire la tua voce
conosco appena i rudimenti della lingua
lo scintillio nella movenza, i lampi provvisori.
E tutto trema come a un'immersione
nessuna traccia dei tuoi passi
un rifugio o il tempo della vita,
se il cuore batte , se c'è gioia, non lo so,
posso soltanto viverlo, lassù
non so nemmeno di pregare,
come un fiore il suo profumo,
dove il vuoto partorisce nel segreto
i salmi del silenzio e le salite
tutto diventa trasparente,
dove l'anima riceve un figlio, piu che averlo,
seguendo un ordine armonioso
toccando lieve il suolo
senza osare calpestare mai la cima,
il centro della vergine, la purezza
del miele della rupe e l'olio,
che non trattiene
neppure lo sporco più sottile
di un bambino con un solo giorno al mondo
nella Corona del paese
è una preghiera in cammino,
e lei in cima, sepolta dagli angeli,
sola, nella stessa solitudine del Solo,
toccando con le ossa che Tu Sei ,
le mani si immergono di cenere,
che il vento spazza senza sosta
sul muschio delle pietre, sull'erba alta
nei cimiteri trascurati, della Grande Morte
infine, poco a poco, e in umiltà,
nell'ampiezza del silenzio
io ti offro un canto
che va oltre l'eco,
un canto privo di parole,
nella memoria e nel cuore
mentre dondolano gli alberi come danzatori
o santi dello splendore vestiti d'edera
Faccio comunione con le foglie,
non ho altro, nel suo giorno amato,
con mia madre, che m'inonda sui vestiti
senza mai staccare le sue mani-
lo spazio di un lampo e gli occhi
brillano del vuoto che nasconde
i raggi dentro la montagna
come alla confluenza di due mari,
è una calma marea che mi trattiene
dove l'onda non si ritira più
dove non comincia a risalire,
da non poter tornare con le mie forze
indietro
mi tendo con le mani aperte
in attesa di un dono, un piccolissimo commiato,
richiudendo poi le dita sopra il vuoto:
basta un chiarore, un capriolo quasi in cima,
dove le anime non muoiono e si sposano,
in questo nulla di qualcosa di creato,
alla fine dei miei occhi, mi riporta a casa,
col profumo dei suoi fiori, già compiuta.

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