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Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)

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Bruno Centomo

Argomento: Intervista

Testo proposto da LaRecherche.it

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Pubblicato il 30/06/2020 15:34:54

 

L’autore qui intervistato è Bruno Centomo, primo classificato al Premio letterario “Il Giardino di Babuk – Proust en Italie”, VI edizione 2020, nella Sezione A (Poesia) con “Ci aveva traditi, Giacomo?

 

 

Ciao Bruno, come ti presenteresti a chi non ti conosce? Qual è la tua terra di origine?

 

Buongiorno a tutti coloro che avranno la pazienza di leggermi. Sono molto lieto ed assai grato per l'opportunità di essere ospite a La Recherche con questa intervista. Sono nato a Schio, nel Vicentino, nel 1960 ed abito, con mia moglie e le nostre due figlie, poco distante da lì, a Santorso, un piccolo paese che quietamente si adagia sotto una corona di monti e colline che paiono custodirlo. Certamente le mie poesie un po' vi si rintanano, un po' vi si sentono soffocate. Come noi che lì viviamo e vorremmo scappare, ma poi quando siamo lontani, desideriamo tornare. Ho una preparazione scolastica di tipo tecnico e sono autodidatta in campo letterario. Adesso, dopo il conseguimento di una qualifica professionale idonea allo scopo, lavoro come operatore in una Comunità terapeutica, dopo un trascorso invece da impiegato in fabbrica.

 

 

Sei tra i vincitori del Premio “Il Giardino di Babuk – Proust en Italie”, perché hai partecipato? Che valore hanno per te i premi letterari? Che ruolo hanno nella comunità culturale e artistica italiana?

 

Avevo già partecipato ad un paio di precedenti edizioni di questo Premio (risultando orgogliosamente sempre tra i finalisti). Io partecipo ai Premi letterari, scegliendoli per serietà e valore, selezionando però solamente quelli che non prevedono quote di iscrizione, se non simboliche. A mio avviso non si dovrebbe corrispondere una tassa di lettura per farsi leggere. Lo scopo dei concorsi dovrebbe essere quello di permettere un confronto tra gli autori, una reciproca lettura, stimolando la creatività, la ricerca dei testi altrui, una sana “competizione” di talenti ed idee. Ai premi comunque non va assegnato un valore “assoluto”. A me spesso è capitato che una mia poesia, inviata ad un concorso, passasse del tutto inosservata, per poi magari vincere un premio in un'altra sede. E questo sottolinea, se mai ce ne fosse bisogno, quanto è variegato e in fermento l'ambiente letterario contemporaneo. Oltre che quanto gusto personale, preparazione, specificità influenzino ogni giudizio. Con questo spirito, del resto, anch'io ho fatto e faccio parte di giurie letterarie.

 

 

Quali sono gli autori e i testi sui quali ti sei formato e ti formi, che hanno influenzato e influenzano la tua scrittura?

 

Fin da giovanissimo ho frequentato la poesia. I primi libri di poesie che ho “divorato” a quindici/sedici anni sono stati quelli di Montale (tutti meravigliosi!) e quelli di Rilke. Poi ho intrapreso la lettura dei francesi: Baudelaire, Rimbaud, Apollinaire e da allora ho iniziato a cercare scrittori che mi emozionassero e ho scoperto Adonis, Penna, Caproni, Bertolucci, e poi Mariangela Gualtieri, Ida Travi, Nanni Cagnone, Pierluigi Cappello, passando per Sandro Penna, Bigongiari, Luzi, Bertolucci, Eluard, Pavese, Ramat, T.S.Eliot, Llamazares, Cortazar e tanti, tantissimi altri.

Tra i romanzieri che leggo più volentieri vorrei citare Haruki Murakami, per quella sua capacità visionaria di mescolare storia, mito fantastico, sogno, raccontando la fragilità dei sentimenti, la caducità delle esistenze.

Un altro grande romanziere che mi piace ricordare è Francesco Biamonti che molto mi ha influenzato con la sua scrittura dolcemente malinconica, minuziosa, deliziosamente poetica. Non si può non leggere il suo “L’angelo di Avrigue”.

Leggo qualunque poeta mi capiti sotto mano, lamentandomi del poco che si trova in libreria, della fatica che si fa nelle biblioteche che pure permettono conservare testimonianze anche piccole che andrebbero altrimenti dimenticate, svanendo inevitabilmente.

 

 

Secondo te quale “utilità” e quale ruolo ha lo scrittore nella società attuale?

 

Lo scrittore non è, non dovrebbe, stare astrattamente al di sopra del quotidiano, ma viverlo appieno, per testimoniarlo, ma a proprio modo, con la propria capacità, inventiva, intuizione, fantasia. In fin dei conti il poeta, il narratore raccontano le cose di tutti i giorni, a ben guardare, ma lo fanno con la straordinarietà che solo la scrittura permette. Si scrive, come afferma Franco Arminio, “perché abbiamo le ora contate, perché ogni giorno può essere l'ultimo” e lo scrittore ha il dovere di rendicontare il tempo che passa.

 

 

Come hai iniziato a scrivere e perché? Ci tratteggi la tua storia di scrittore, breve o lunga che sia? Gli incontri importanti, le tue eventuali pubblicazioni.

 

Io ho iniziato a scrivere, un po’ come fanno tutti gli adolescenti: pensieri, pseudo-aforismi sulla vita, sull’amore, sul perché la prima cotta è rimasta a binario unico. A 14-15 anni scrivi per cercare di mettere un po’ d’ordine tra gli istinti, le passioni, le voglie, le paure. Poi questo bisogno primordiale di mettere ordine, diventa necessità di provarci sul serio, per tentare di capire cosa stai combinando. Tanto già lo sai che non c’è risposta e bisogna solamente provarci. Perché il bello sta proprio nel tentarvi e allora cominci ad avere bisogno di stimoli, di conferme, di esaltazioni e cominci a scoprire i poeti che ti piacciono, le liriche che vorresti aver scritto tu, tenti creare un tuo stile, ti appassioni, ci metti l'anima, senti che scrivendo, stai bene! Desidero però ricordare la scomparsa poetessa Mirka Bertolaso Nalin e il poeta Mario Meneghini, tra i giurati al primo concorso giovanile poetico in ambito locale (organizzato dal bravo e compianto Padre Martino dei Cappuccini di Schio) cui ho partecipato a sedici anni, che mi hanno incoraggiato e suggerito strumenti, letture, approcci letterari.

Ho pubblicato alcuni volumi di poesia e un testo di micro-racconti. Ho poi sempre cercato sinergie con altri poeti e scrittori, costituendo prima il Circolo Amici della Poesia di Schio e poi Il Leggio a Santorso, progetti importanti che hanno visto, nel tempo, la realizzazione di vari momenti artistici, mostre, pubblicazioni. Parallelamente, partecipando a qualche concorso, arrivano i premi, ti impegni ancor di più, capendo che quel che scrivi può essere riconosciuto e apprezzato.  Collaboro poi assiduamente con un cantautore vicentino, Leonardo Buonaterra. Ho partecipato anche a qualche suo concerto con delle mie proposte letterarie. Mi piace spaziare. Provarci, almeno.

 

 

Come avviene per te il processo creativo?

 

Mi torna alla mente una intervista rilasciata da Mario Luzi, che diceva: “Io voglio essere presente negli eventi. [...] Certo, oggi la sento di più questa condizione dell’uomo inserito nel vivente, parte del processo grandioso dell’universo.” Ecco, credo bisogna farsi coinvolgere, da una foglia che cade, dall'astronave che decolla, dalla paura, da un abbraccio, dal riconoscere i problemi del mondo, dal sentirsi immerso negli eventi. Protagonista. Lo stimolo è la vita stessa.   

 

 

Quali sono gli obiettivi che ti prefiggi, se ci sono, con la tua scrittura?

 

Emozionare. Emozionarmi è ciò che cerco anch'io leggendo un testo. Ovviamente non basta dire che il cielo è meravigliosamente blu o la notte straordinariamente nera. Va detto, ma allora è la forma, la musica delle parole che caratterizzano il trasporto emotivo e fanno la necessaria, passionale differenza.

 

  

Secondo il tuo punto di vista, o anche secondo quello di altri, che cos’ha di caratteristico la tua scrittura, rispetto a quella dei tuoi contemporanei?

 

Davvero non saprei. Non cerco paragoni o confronti in tal senso. Spero che chi mi legge, con un minimo di assiduità, tra le righe, mi riconosca. Nulla di più.

 

 

Si dice che ogni scrittore abbia le sue “ossessioni”, temi intorno ai quali scriverà per tutta la vita, quali sono le tue? Nel corso degli anni hai notato un’evoluzione nella tua scrittura?

 

C'è un programma su Internet che permette di conteggiare quante volte, in un elaborato, compaiono determinati termini. Forse per confermarmi quanto immaginavo, ho provato a inserirvi una notevole quantità delle mie poesie e il risultato è stato: tempo, parole, vita,  giorno, neve, vento, cielo e così via. Per quanto si divaghi, sempre si ritorna a dire delle cose fondamentali che già narravano i lirici greci oltre 2500  anni fa e che son quelle che accompagnano tutta la nostra esistenza. Montale, nel suo discorso all'accademia svedese per il ricevimento del Nobel, ha sottolineato che la poesia non morirà mai perché rappresenta “[...]una produzione o una malattia assolutamente endemica e incurabile. […].

L'evoluzione che ha accompagnato la mia scrittura è dipesa certamente dalle letture svolte negli anni, dall'apprendere dagli altri, dall'imparare, dall'ascoltare  e pure dal diventare “adulto” con gli annessi e connessi che il fatto implica. Noi siamo fatti di incontri, di esperienze, di trovate, di colpi di genio e di colpi bassi che ci colpiscono. Trovarmi a cinquant'anni a dovermi re-inventare un lavoro, rimettermi a studiare, perché nessuno in fabbrica ti vuole più, diventare operatore in comunità, affrontando tematiche e mondi assolutamente sconosciuti prima, non è stato facile. La mia poesia è fatta certamente anche di queste esperienze, prove, fatiche, e sfide.  

 

 

Hai partecipato al Premio Babuk nella sezione Poesia, scrivi anche in prosa? Se no, pensi che proverai?

 

Scrivo prevalentemente poesie. Ho però pubblicato anche un libro di racconti brevi (anzi brevissimi, sono 100 racconti ciascuno composto da 100 parole).  Scrivo, con meno costanza delle poesie, racconti e da troppi anni, in realtà, ho il progetto, perennemente incompiuto di un romanzo, abbozzato più e più volte. Chissà mai troverà realizzazione.

 

 

Quanto della tua terra di origine vive nella tua scrittura?

 

In casa, con gli amici, io parlo in dialetto veneto. Ho provato a scrivere in dialetto, ma i risultati sono stati assai mediocri. Ciò nondimeno i paesaggi cui apparteniamo, la nostre radici, la storia vissuta e quella solo respirata c'è dentro di noi. Ogni scrittore, ciascuna persona porta in sé quel che la sua gente è stata, ha sofferto, ha maturato, ha creato. Ed è il bello del piccolo, del locale, del particolare nel contesto dell'Universo, degli altri, del Mondo intero. 

 

 

Qual è il rapporto tra immaginazione e realtà? Lo scrittore si trova a cavallo di due mondi?

 

Per quanto uno scriva di fantascienza o pura fantasia, nel mondo reale poi ci vive. Perciò mi chiedo e domando: quale è il confine e c'è davvero?

 

 

Chi sono i tuoi lettori? Che rapporto hai con loro?

 

Ho una pagina facebook dove mi piace pubblicare le mie opere. E' lì che ricevo tanti commenti, applausi e discussioni. Poi alle serate letterarie cui partecipo mi capita essere fermato, confrontato. Mi piace perché trovo intendimenti e contrasti con giovani ed anziani. Con ognuno c'è qualcosa su cui soffermarsi, dialogare. E imparare.

 

 

“Ogni lettore, quando legge, legge sé stesso. L’opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in sé stesso”. Che cosa pensi di questa frase di Marcel Proust, tratta da “Il tempo ritrovato”?

 

Secondo la “finestra di Johari” di J.Luft e H.Ingham (1955) la persona, in base al comportamento, è suddivisa in quattro tipologie: “aperta” (nota a tutti e a sé stessa), “cieca” (nota agli altri, ma non a sé stessa), “nascosta” (nota solo a sé stessa), “ignota” (sconosciuta a tutti e pure a sé stessa). Credo che lo scrittore, seduto a questa immaginaria finestra, ci si trovi benissimo. O forse no. Forse qualche volta vorrebbe essere altrove, per non doversi barcamenare tra tutti questi sé stesso.

 

 

Quali sono gli indicatori che utilizzi nel valutare, se così ci è permesso dire, un testo? Quali sono, a tuo avviso, le caratteristiche di una buona scrittura? Hai mai fatto interventi critici? Hai scritto recensioni di opere di altri autori?

 

Mi sono divertito a prefare i più vari generi:  testi poetici e diaristici di Franca Smiderle, una silloge di poesie (ma non solo) di Stefano Caranti, un romanzo giallo di Giuseppe Mandia,  un volume (tra il serio e il faceto) di poesie e boutade comiche di Antonio Pegoraro. Ho recensito, su riviste, pittori e scrittori. E' una bella prova di lettura e di scrittura “critica”. Mi guida sempre la passione, la capacità di emozionare, stupire, coinvolgere. Scrivere per scrivere, magari in bella forma, ma senza cuore, senza cercare complicità, non mi entusiasma certo.

 

 

In relazione alla tua scrittura, qual è la critica più bella che hai ricevuto?

 

Molte sono state le critiche positive, le recensioni ottenute negli anni, i giudizi espressi in circostanza del conferimento di premi. Credo sintetizzi un po' tutta la mia opera, questa, ricevuta in occasione del Premio Incontri di poesia giovane che organizzava il gruppo Fara di Bergamo: “Il denso ironico spartito del testo, nitido nella sua rivisitazione dei miti e cristallino nella sua forma poetica, con non retorici interrogativi poetici, scopre il senso e il modo d'essere dell'attualità con venature surreali di tranci filosofici di realtà”. Credo sia un buon sunto di quel che spero sia la mia poesia. Poi quando un lettore mi viene a dire che in una poesia ha trovato sensazioni e spunti che io mai mi sarei prefisso, beh, ragazzi, quello è il massimo! Stimolare, emozionare...le parole d'ordine.

 

 

C’è una critica “negativa” che ti ha spronato a fare meglio, a modificare qualcosa nella tua scrittura al fine di “migliorare”?

 

Di ogni critica va fatto tesoro, anche se va sempre tenuto in considerazione chi la esprime (ma questo vale in ogni ambito, non solo letterario). Comunque diciamo le negative sono state “archiviate” e messe in saccoccia. Mi piace scrivere per divertimento e soddisfazione personale prima di tutto e non ho ambizioni letterarie particolari. Poi, un po' di vanità, ci sta, no?   

 

 

A cosa stai lavorando? C’è qualche tua pubblicazione in arrivo?

 

Ho in cantiere un nuovo libro di poesie. E' in fase di progettazione. Il materiale c'è. Si tratta di organizzarlo. Sistemare in fila tutto ciò che vorrei dire. Mettere un punto fermo e ripartire.

 

 

Quali altre passioni coltivi, oltre la scrittura?

 

Come già ho detto, mi piace camminare in montagna, ma il tempo da dedicarvi, complice qualche acciacco, è sempre meno, purtroppo. Ma poi mi interessa viaggiare, conoscere luoghi, persone, opere d'arte, visitare musei, chiese, testimonianze di quanto meravigliosa è la capacità umana di costruire la bellezza, quando riesce a stare in simbiosi con la Natura.

 

 

Hai qualcosa da dire agli autori che pubblicano i loro testi su LaRecherche.it? Che cosa pensi, più in generale, della libera scrittura in rete e dell’editoria elettronica?

 

Ben venga ogni esperienza che permetta di mettersi a confronto, di farsi leggere e di poter leggere. Scopri talenti insospettabili, energie e ideazioni spessissimo da invidiare. L'odore dell'inchiostro, il fascino del buon libro da sfogliare tra le mani, lasciando il tempo vi si infili inesorabilmente tra le pagine, però, rimangono sensazioni personalissime, non pianificabili in rete, non vivibili on-line. Assolutamente intramontabile. Assolutamente magico.

 

 

Vuoi aggiungere qualcosa? C’è una domanda che non ti hanno mai posto e alla quale vorresti invece dare una risposta?

 

Bella domanda. Facile chiedermi cosa vorrò mai fare da grande. E ancora più facile rispondere  che non ci ho ancora pensato. O meglio, proprio per non passare dal Peter Pan che un po' mi inquieta, lo lascerò scritto nella mia ultima poesia, per chi la vorrà leggere. O magari in quella dopo. 

 

 

Grazie.

 

Grazie a voi per l'occasione e a tutti un abbraccio forte, pur virtuale, visto il momento tragico che stiamo vivendo in questi giorni di pandemia che ci costringono a stare lontani da chi magari vorremmo invece stringere e sulla cui spalla far scivolare  una lacrima, ricordando chi se ne è dovuto andare miseramente in solitudine, senza che nessuno gli potesse tenere la mano.

 


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