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Sentinella nella notte

di Mara Limonta
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Pubblicato il 13/12/2016 18:05:19

(mio racconto premiato per il concorso 'Racconti tra le Nuvole2016' e inserito nel testo antologico ( LoGisma Editore )

 

Il suo nome, Annamaria, glielo aveva dato sua madre, Teresa, quando era nata, un unico lungo nome per due sante per proteggerla due volte, da donna di chiesa e superstiziosa qual era.
Da brava milanese però aveva imparato a chiamarla 'Nuci', la rossa, chioma ribelle,voglia matta di giocare, di domandare, nella piccola abitazione di ringhiera, triangolare, che sembrava una fetta di formaggio, tanti orti e poche case a Porta Romana, una zona di Milano lontana dal centro, anni '40 e guerra feroce, barcamenarsi sul filo della sopravvivenza era l'unico modo per andare avanti.
Teresa era sarta, cuciva e rammendava alla perfezione, riparava orli di gonne e camicette alle signore benestanti, mogli di bottegai, di salumieri che avevano fatto i soldi, e tanti, vendendo sottobanco al mercato nero.
Si comprava di tutto, e salato, dalle sigarette al pane, anche i collant con la riga dietro, vera, non disegnata maldestramente con la matita, come usava allora, c'era poco lavoro, si doveva mangiare e si doveva fare di necessità virtù, donne pazienti e fantasiose.....
La giovane Nuci era impiegatina in una ditta francese di profumi, vicino al Duomo.
Si alzava presto, preparava sulla stufa il bollitore con il caffè di cicoria, si utilizzava nei periodi di guerra come surrogato del caffè, troppo costoso o introvabile, dava un bacio al Bigio, cane di strada e di avventura con una zampina in meno, trovato davanti al loro portone magro da far pietà e diventato per lei inseparabile, e andava a lavorare a piedi, i tram erano pochi e scassati, si gelava per il freddo alla mattina, forse per la fame arretrata, chissà, comunque si andava.
Erano donne sole, Agostino, suo padre, 'rosso' convinto, era fuggito per un pelo a una retata della polizia politica ed era scappato su in montagna a combattere per la libertà, ma Teresa non aveva più notizie, neanche dagli amici più stretti, e temeva per lui, per loro.
La guerra era ovunque, dai manifesti di propaganda fascista che si vedevano per le vie, ai motti del Duce, impressi ben in grande da tutte le parti, 'Credere, obbedire, combattere', e Nuci pensava ad un giovane timido che la salutava sempre, l'accompagnava a casa dopo il lavoro, partito al fronte perchè si doveva, non perchè si sentiva, le mandava lettere colme d'amore e di lontananza, e lei era in ansia per lui, piccolo amore, soldato controvoglia.
Aspettava il tram alla sera, ma sentiva l'urlo angoscioso della sirena, segno di bombe in arrivo, ed era il fuggi fuggi generale, ci si nascondeva giù per le cantine come topi in trappola, sperando che la buriana passasse, pensava a sua madre, senza difesa, a questa guerra crudele, senza esclusione di colpi, marcia, dentro.
Si mangiava in silenzio, con le persiane schermate di carta azzurra, per coprire case e persone, temendo il feroce sibilo di un aeroplano, gli ordigni cadevano come birilli, dove capitava e la paura era una nera compagnia, sempre.
A volte, e a bassissima voce, accendevano la radio a valvole, cercavano di sintonizzare le frequenze di Radio Londra, sapere le sorti del conflitto, ma era vietato dal regime fascista, i delatori erano dappertutto, forse la spia era l'inquilino del piano di sopra, e dormire voleva dire sognare poco e male, incubi, non in tecnicolor, ormai.
La loro casa era come tante altre, era un quartiere popolare e pochi fortunati avevano il riscaldamento e il 'frigor', in milanese il frigorifero, molti si accontentavano della stufa e della ghiacciaia, ogni sabato si andava dal 'sustree', o dal 'giasee', quelli che vendevano legna o ghiaccio nei capannoni di Rogoredo, quasi in campagna, ed era una sfacchinata andare a prenderli, ci volevano più persone o delle biciclette che almeno funzionassero.
Quella sera Teresa si era accorta che era finita la legna, l'autunno era alle porte e voleva scaldare un poco la stanza e pregò Nuci di andare a comprarla.
La figlia accettò di buon grado, la serata era ancora bella, prese la sua bici rosa, da una parte un cestino per l'onnipresente Bigio, dall'altra un capiente portapacchi per le fascine e andò verso Chiaravalle, tra pioppi e risaie.
Non aveva paura di faticare, pensava a sua mamma, lavorava sempre e non si lamentava mai, amava camminare in bici senza fretta ma vedeva le macerie delle fabbriche venute giù per le bombe, la povertà spicciola, quotidiana della gente che voleva dire 'no' ad un potere soverchiante ed oppressivo, chi ci salverà, e quando, rifletteva, quando potremo ricominciare a sorridere?
Intanto andava, svicolando pietre e sassi degli edifici crollati, per la via di San Donato, verso Nosedo, cascine abbandonate e odore di campagna, di cose dimenticate e buone, una pausa di pace tra l'inferno quotidiano, voltò la bici verso un vecchio fabbricato e si trovò in un grande spiazzo, un'antica chiesetta, piccola e graziosa, ormai ricovero di attrezzi agricoli e, qualche volta, giaciglio di fortuna per chi non aveva niente, solo gli occhi per piangere.
Istintivamente Nuci accellerò con più forza ma sentì un gemito, un fioco lamento dentro la chiesa, anche il cane, che dormicchiava beato, alzò il capo guardingo.
Nuci non era fifona di natura, però giravano tipi loschi, che facevano affari d'oro con il contrabbando, scappare via era meglio, fresca e fragile com'era, ma sentì di nuovo un flebile 'please, help me, aiutatemi....'
Era sola, ma non ci pensò un attimo, lasciò la bici ed entrò nella chiesa in rovina, tra cesti e scope di saggina, ovviamente con il suo Bigio, che la seguiva passo passo.
E lo vide.
Mamma mia, com'era giovane, e tanto, tanto pallido! Avrà avuto trent'anni, l'uniforme era quella di un militare inglese, forse un tenente, vedeva i galloni sulla giacca d'ordinanza, e sangue, in abbondanza, sgocciolava nel pantalone destro, sistemato in qualche modo con uno straccio zuppo ormai, e febbricitante.
Per lavoro Nuci parlava francese con venditori e negozianti, e sapeva qualche frase d'inglese, poche in verità, invece Johnny, così si chiamava, era nato in Inghilterra ma sua madre era italiana, capiva e parlava la sua lingua e raccontò la sua storia.
Militare del British Army, era infiltrato nel fronte italiano con il compito di carpire informazioni, il più possibile esatte e sicure, delle stazioni ferroviarie di Milano, da mandare ai comandanti di reparto britannici, per ostacolare e rallentare il nemico.
Però qualcuno aveva fatto la soffiata, come si diceva allora, era fuggito, ma era stato ferito, e non ce la faceva più a camminare.
S' era trascinato fino qui, e per vie traverse, sapeva che l'esercito inglese voleva portarlo via, al sicuro, con un aereo da ricognizione, ma era debole, e non poteva mettersi in salvo.
Nuci lo guardò, indifeso eppure deciso nell'azione e nel coraggio, pensò a suo padre partigiano, al suo moroso lontano, all'amore della vita nel caos tetro della morte, e decise.
E insieme aspettarono, notte profonda, nessuno in giro, l'oscurità si stendeva come una coltre silenziosa, anche la statua della 'Madunina', lassù, piccolina sopra al Duomo, era velata, coperta dai teli per ridurre la visibilità e i pericoli dei bombardamenti, Madre dolorosa, Madre che soffre, per tutti.
Ad un tratto, la ragazza sentì una vibrazione, sommessa ma continua, su tra le stelle oscure, guardò con attenzione, ma non vide nulla, soltanto un punto nel cielo.
Ma il soldato inglese, nonostante il dolore intenso che provava incominciò a sorridere, era lui, era la salvezza che arrivava, una sentinella nella notte che cercava, che trovava il soldato che s'era perso, per riportarlo tra le linee amiche.
Era lo Stinson L5, piccolo e versatile aeroplano di ricerca e collegamento, detto 'Flying Jeep', si posò senza problemi planando sull'aia deserta e aspettò il clandestino, sfinito.
Ma lui per la tensione svenne, per un attimo.
Ci pensò la giovane, Nuci senza paura, ad aiutarlo, a sorreggerlo fino quasi ad un passo dal portello dell'aereo, poi il pilota lo sollevò di peso nella carlinga al sicuro, finalmente.
Ma prima di entrare sull'abitacolo, Johnny si voltò, e baciò sulle labbra la ragazza, un vivo bacio appassionato e profondo, sapeva di calore e sentimento, nostalgia, e Vita.
Nuci lo vide andar via, ancora un puntino nella notte, un rombo come un saluto e una promessa, tornerò, diceva, per ricominciare.
E la giovane arrivò a casa zigzagando come un'ubriaca, vide la mamma vitrea, spaventata come non mai, e le raccontò di Johnny il soldato, e il bacio, oh, il primo vero bacio donato da un uomo ad una donna, ormai, l'unico dono regalato alla guerra, per ogni guerra .
Contro tutte le guerre.


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