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Lupen the Cat - 12 il mio nero gatto ladro

Argomento: Animali

di Giorgio Mancinelli
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Pubblicato il 23/08/2025 06:03:55

LUPÉN THE CAT
… il mio nero gatto ladro padrone assoluto della mia casa e della mia vita.

Vestito di tutto punto nel suo aristocratico abito nero lucido con un cuoricino bianco che gli fa da gorgiera sotto il collo, Lupén non perde occasione per darsi delle arie da viveur e di sfoggiare tutto il suo fascino felino, lustrandosi i lunghi baffi col mio gel che li tende perfettamente ritti, affilati come le lame di certi spadaccini al servizio della Regina di Francia di dumasiana memoria, benché quelli fossero solo in quattro mentre egli ne ha almeno sei al suo servizio. Per non dire degli occhi, grandi e gialli, che tiene spalancati come le porte di castello, da cui emana una luce diafana affatto accomodante. Anzi direi piuttosto infingarda, che scruta anziché guardare, o meglio dire, che ‘spoglia’ del tutto le sue prede senza possibilità di scampo. È allora che nel suo boudoir privato scovo di tutto: dai gemelli da camicia lasciati in qualche cassetto, agli orecchini dimenticati sul comodino della mia stanza da letto dalla casuale amica fermatasi per una notte, alle biglie perfettamente tonde lasciare ruzzolare talvolta sul pavimento; inoltre a un lungo spago raggomitolato, un manico di tazzina, una vecchia chiave d’armadio, un piccolo libro sgualcito e altre cianfrusaglie…
«Mah, scusa Lupén quella chiave deve senz’altro appartenere a qualche armadio, di quale armadio si tratta?» - gli chiedo con beneficio d’inventario durante una pausa del suo scorrazzare da una stanza all’altra, da un mobile a un altro, mentre mi guarda impavido neanche mi fossi rivolto a lui senza gli onori dovuti a Sua Maestà regale.
Mi risponde guardandomi senza battere ciglia, sgranando gli occhi decisamente seccato per aver gettato lo sguardo nella privacy dei suoi averi. Del resto pazienza per i miei gemelli da camicia che non mettevo più, ma che non fossero biglie quelle ma perle vere avrei dovuto accorgermene, ed anche riflettere sulla possibilità che provenissero dall’appartamento della vicina che non più tardi di ieri ne lamentava lo smarrimento…
«Ci risiamo Lupén, ho compreso il tuo gesto, adesso che leggo sulla copertina del piccolo libro trafugato dal piano della libreria: “I tre moschettieri” del grande Dumas, le ‘biglie’ non possono che essere quelle della collana trafugata alla Regina», è indubbiamente così, mi dico, nell’immaginifico lupeniano c’è posto anche per la grande letteratura che invece io trascuro da un po’. Devo fare ‘mea culpa’ se ultimamente non trovo il tempo per leggere un libro, neppure quelli scritti dal mio amico George che puntualmente mi fa pervenire e che lascio a prendere polvere sul comodino. DI certo prima o poi li leggerò!
E che dire di Ann che di tanto in tanto si accorge di aver smarrito qualcosa dalla sua sacca fornita di rossetti, mascara, forcine e bigiotteria varia, quando poi so per certo che lei stessa per benevolenza lo lascia ‘giocare’ con i tubetti metallici a farli rullare sul pavimento della stanza. Di fatto c’è che Lupén ne approfitta e se ne appropria come per un ‘regalo’ ricevuto. Cosa che spesso devo correre ai ripari accompagnando Ann a fare spese, dove regolarmente si ferma nel suo Beauty Shop preferito per l’acquisto delle cose che ha trafugato senza colpo ferire.
«Lupén, non mi hai ancora risposto; non è che nel momento in cui dovrò aprire l’armadio dovrò chiederti ‘per favore’ di fornirmi la chiave, e che se non faccio dovrò scassinare la serratura, vero? Già ma che scemo sono, è già così, è quanto stai aspettando che io faccia. Di certo vi avrai nascosto qualcosa che non devo sapere, è così? Ebbene dammi quella chiave vado a farlo subito!»
Inutile dire che come allungo la mano per prenderla Lui, con un piccolo gesto discreto la scalcia lontano dalla mia presa, facendo in modo che io non la raggiunga, se non stendendomi a terra e recuperarla a ridosso del battiscopa più vicino all’angolo proprio sotto l’armadio in questione. Come dire…
«Se proprio non puoi fare a meno di servirtene, beh te la devi guadagnare!»
«Ed io che credevo che la perfidia fosse una predeterminata attitudine della femminilità, fino a che non ho conosciuto quella dei gatti, cioè quella subdola malvagità nei rapporti con gli umani.»
«Miao, pensi davvero quello che stai dicendo, oppure?», mi dice di sottecchi, aspettando una mia conferma che lo giustifichi dal farmi qualche dispetto.
«Perché sai George se c’è qualcuno sleale in questa casa sei tu che ti nascondi dietro il dito delle tue malefatte, se vuoi ti rammento che sei capace di bassezze volgari a non finire, come, tanto per cominciare, l’aver sostituito la radice ‘fides’ che significava fiducia e lealtà, con ‘perfido’ e di conseguenza con perfidia. Per non dire delle cattiverie che riesci a dire della signora Miranda che abita al piano di sopra, o di spruzzare il balcone con la varecchina affinché non venga nessuno a farmi visita.»
«Questa è un’altra delle tue innumerevoli meschinità, la varecchina serve per disinfettare le superfici dai tanti parassiti che infestano gli…», stavo per dire ‘animali’, ma ho fatto appena in tempo a non pronunciare quella brutta parola che Lupén detesta, altrimenti ne sarebbe scoppiata una zuffa senza possibilità di scampo. O chissà cosa avrebbe combinato d’altro. Lo so per certo, ogni volta è così che accade per poi accusare me di essere scontroso, misantropo e quant’altro.
«Lupen, mio caro, a cosa facevi riferimento col dire: “affinché non venga nessuno a farmi visita”, perché aspetti forse delle visite?»
Un battito furtivo delle ciglia negli occhioni sgranati, un movimento straordinario delle orecchie fulve, l’avvolgere la coda sulle zampe villose, mi dice che sta premeditando qualcosa, ma cosa? Non è sempre facile interpretare quel che passa nella sua testa, per non dire di quel che pensa di fare in prosieguo, è letteralmente impossibile. Già, la letteratura del caso dovrebbe servire a schiarirmi le idee, ma neppure per sogno, dagli Egizi in poi che lo hanno elevato a divinità, sembra non essere cambiato nulla, fin da allora è rimasto il padrone assoluto della mia casa e della mia vita…
«Quindi Lupén cos’ha il tuo ‘avatar divino’ in serbo per questa sera, devo aspettarmi una tua intromissione nei miei programmi, nel senso che intendi mandarli a ‘puttane’, oppure pensi di fare un investimento di benevolenza e dirmi che stai pensando a un esproprio involuto o a un mio assentarmi affettivo per lasciarti campo libero?»
«Miao George, immagino vorresti entrare nel metaverso del mio mondo virtuale ma non te lo concederò», da non credere ma è questo l’ultimo linguaggio usato quando si sente offeso nell’intimità, per qualcosa che non saprò mai di aver pronunciato. Dubito che abbia avviato il corso AI che ho appena acquistato e ancora neppure aperto, mi chiedo nell’attesa che scenda dal suo piedistallo e mi risponda. Non mi resta che implorare la sua magnanima eloquenza…
«Ti prego Lupén il tuo silenzio è pressoché inquietante, come in tutte le cose che incutono timore ma allo stesso tempo affascinano, parlami in una lingua per me comprensibile, viceversa devo ammettere che il mio vivere con te è così difficile quanto morire, come tuo coinquilino provo già il senso della vertigine in atto, preferirei smettessi la maschera sorniona che indossi e ti rivelassi per quello che sei: cioè quel ladro aristocratico che non concede scampo alle sue prede.

Ti prego abbi pietà di me.»


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