Pubblicato il 30/10/2025 08:15:56
L’apprendista Stregone (..the medicine man)
Appena sveglio e con una febbre altissima apro gli occhi e tutto nella stanza mi gira attorno come fossi su una mongolfiera. Ci vorrebbe chissà che cosa per tenerla ferma, delle catene forse, magari con dei paletti conficcati in terra, e comunque continuerebbe a sbandare in qua e il là senza stabilizzarsi in alcun luogo sicuro. Ho la testa poi, che mi martella di brutto come nemmeno nella fucina di un fabbro si udrebbero tanti colpi consecutivi, sebbene si dica che è meglio battere il ferro quando è caldo! Arthur ma che ci fai tu qui. Anne è uscita ad accompagnare i ragazzi alla festa di Halloween e mi ha chiesto se potevo darti uno sguardo. Così da buon vicino eccomi qui, anche se non sono un fabbro. Già! è la notte di Halloween e io sto male, dici che morirò? In verità sei già morto, ma stanotte i morti tornano a vivere, non si pensa così? Per favore Arthur puoi dirmi che centra la storia del fabbro? Nulla George, pensavo che se uno sta male, non serve un fabbro, che chiami almeno un dottore, non sei mica un’automobile da rottamare o una serratura da aprire! Lungi dall’essere da rottamare cazzo, quando uno sta male, ci si sente di merda e vorresti trovare qualcuno che ti propini qualcosa che ti faccia star subito bene. Dipende da quello che ti senti George, in alcuni casi un’aspirina va più che bene. Ne ho prese tre, niente da fare! Quando l’ultima? No Arthur, forse non hai capito, tre insieme. Sei folle? Ma se sto male come un cane! Anche se non ho ancora sentito che un cane stia così male, anzi, in certi casi, se la passa benone, più o meno come te Arthur. Di solito, è il medico che sta peggio, e per giunta senza saperlo. Quale medico? No dicevo, quello dei cani. Sei certo di non aver bisogno del cosiddetto veterinario? Pendi dovrei? Beh sai, tra cani, come si dice! Vaffanculo Arthur, dovresti star male tu come sto male io, allora sì che ti mandavo direttamente l’Agenzia Funebre. Per fare cosa? Beh, che so, magari per il tuo funerale. Di fatto sei tu George che ‘magari’ stai per defungere, non io. Tié, tié e poi tié – dico, mentre faccio le corna. Superstizioso? Neanche un po’! E tu? Tantissimo! Andiamo bene, anzi malissimo, se tre aspirine non ti hAnneo fatto nulla, non resta che una revolverata che ti mandi dritto al Creatore. Perché, ti ha detto che sta aspettando me? No. E allora? È davvero la medicina più rapida che conosco George, un bum e via, passa la paura, e non devi neppure consultare il medico. O magari un assassino, scommetto ne hai uno a portata di mano, e guarda caso disposto a farmi fuori, così per il piacere di sparare a qualcuno. Beh, non proprio per farti un favore George, tantomeno per praticare un atto di eutanasia, ma lo si dovrebbe pagare. E chi dovrebbe pagarlo Arthur, se è lecito? Tu George, sei tu in cerca di un rimedio immediato al tuo star male, non io. Lo chiamerei più un rimedio fulminante, non credi? Lo credo, ma è l’unico così immediato che mi viene in mente. Magari lo pagherei per far fuori qualcun altro, non credi? E chi, per esempio? Tu Arthur. Quanto meno sei irriconoscente George. Lo so, spesso assumo un carattere stizzoso, beffardo, severo, impenetrabile, ma non è sempre colpa mia, molto fa l’istigazione cui mi spingono gli altri, che fa sorgere in me una certa rivalsa sulla stupidità umana, i cui sinonimi non sono affatto tali. A chi ti riferisci? Per estensione a qualcun altro, seppure sia della stessa radice, che quantomeno amplifica il concetto (e mai lo sminuisce) dell’imbecillaggine umana. Non ti seguo George, fammi un esempio. Prendiamone uno a caso: scarsa intelligenza, idiozia, ottusità, stoltezza, insulsaggine, assurdità, insensatezza, cretineria, insufficienza, deficienza quanto basta. Guarda caso sappiamo entrambi di chi stiamo parlando, è così? Sì Arthur, chi ad uno, chi a un altro, ben sappiamo a chi facciamo riferimento ti pare? Il gioco è sempre quello dello specchio: “indovina chi sono?” Un imbecille, ecco chi sei! Oppure: “come sto?” Come un cretino! Come vuoi stare dopo due giorni di febbre a quaranta, quantomeno come un deficiente. Ecco, prendiamo ad esempio un classico dell’idiozia, “il cretino” è quello che, più di tanti altri, può definirsi maestro per eccellenza, al punto che talvolta mi viene da pensare che il film di Francis Veber “La cena dei cretini”, una straordinaria commedia degli equivoci travolgente e contagiosa (non a caso vincitore di ben 6 premi Cesar), si sia ispirato a lui … A chi stai pensando George? Magari a te Arthur, penso ma non lo dico. Il principio è molto semplice, ognuno deve portare a cena un perfetto cretino, vince chi porta con sé il cretino per antonomasia, il campione mondiale di idiozia. Ma per quanto tutti credano l’idiota per eccellenza (magistralmente interpretato dall’attore Jacques Villeret), essere una scimmiottatura dell’essere umano, infine i presunti “nascosti” e i “salvati”, infine si dimostrano più cretini di lui. Anche se, tra i contrari di cretino, troviamo l’intelligente, il furbo, il saggio che, a loro volta, non sono carenti di imbecillità, anzi, ne sono la riprova, e ciò solo per dire che non si salva davvero nessuno. Ho capito George hai bisogno di un medico, lo chiamo subito. Fatto è che dopo un po’ al mio capezzale di malato giunge il medico. Si chiama Eliot, un nome buffo, non trovate? Il quale, con fare scientifico mi fa mettere seduto, mi osculta i bronchi, mi fa tossire, mi chiede ‘dica 33’, al che rispondo tren-ta-tre, con un raschio di cartavetrata che mi scatena in gola un putiferio, quindi mi fa distendere per dirmi che sono affetto da bronchite, per cui devo restare a letto, prendere questo, quell’altro e dell’altro ancora, che mi prescrive, per poi chiedermi: “come si sente?”, come un coglione! – vorrei rispondere, anche se non lo dico. Sì, perché il conforto all’essere cretino è darsi del coglione. Non mi sono mai sentito così! Così come? Ho male dappertutto, non mi è mai capitato di sentirmi così, prima. Perché non ha mai avuto cinquant’Annei, prima! – risponde senza fare una piega, neppure se avere cinquant’Annei fosse la stessa cosa di avere un obbligo finanziario senza proroga, o peggio una cambiale in scadenza. Quindi d’ora in avanti devo ritenermi malato – dico, ma non vuole essere una domanda, solo un’affermazione, al che lui, l’apprendista stregone, l’azzeccagarbugli, lo sciamano esaltato, a tutta prima, mi dice: “beh di una morte si deve pur morire!”, pertanto la saluto, arrivederci. Arthur non dirmi che l’hai pure pagato. Sì ma con i soldi che Anne ha lasciato sul tavolo prima di uscire. Cioè con i miei soldi? Ma sei matto, vuoi dire che cosa ti sei fumato? Così, solo perché è la notte di Halloween e sei venuto a rinfrancarmi, nessuno ti autorizza a chiamare il veterinario. Beh non sapendo che altro fare e per giunta riconosco che stai male come un cane! Please, mi dite che fare con un vicino così, quando la febbre per la rabbia ti sale da far esplodere il termometro, e non ce la fai ad alzarti dal letto, quando vorresti prenderlo per la collottola e buttarlo dalla tromba delle scale? Non so voi, ma credo che finanche uno con la febbre a 40 sarebbe in grado di farlo. Vuoi mettere George che se avessi chiamato qualcun altro che so, magari il tuo medico sarebbe costato almeno il doppio: “di solito quando il medico sbaglia diagnosi l’ammalato guarisce, se l’indovina muore”, si tratta di un antico proverbio pur sempre valido, dice Arthur pensando a un soprappiù consolatorio, dopo avermi rimboccato le coperte e ripiegato il lenzuolo per spianarlo di quel nonnulla che fa la differenza. Sappi comunque che mi ritengo tuo debitore Arthur, non so proprio come ringraziarti. Di cosa? Mi ricorderò di quanto hai fatto per me Arthur, è una promessa. George, vuoi dirmi una buona volta di che stiamo parlando? Mi riferivo ai pettegolezzi contenuti in quella lettera che non valgono certo la nostra amicizia. Non ti pare? Di quale lettera George? Quella che ti ho fatto leggere l’ultima volta che ci siamo visti, riguardo alle voci maligne che hanno cercato d’incriminarmi agli occhi del mondo, e che sono puntualmente finite nella spazzatura con l’accusa di calunnia. Arthur non dirmi che hai fatto causa a ognuna delle tue colleghe solo perché hanno osato entrare nel tuo computer inserendovi per scherzo quelle dicerie improbabili sui tuoi segreti incontri con Elise, la tua ‘fidanzatina’ che ti ostini a tenere nascosta agli occhi di tutti. Scusa sai, in verità erano piene di pettegolezzi osceni e critiche malevoli. Magari non sai che sono arrivate a dire che i momenti più belli della mia vita stavano sfiorendo nell’attesa, di cosa poi … quando ancora non sono neppure cominciati. Arthur non dirmi che tu ed Elise non avete ancora consumato? George, ma che dici? – aggiunge rosso in viso, mettendomi a tacere altezzosamente tra la collera e lo sconforto che vedo alternarsi ormai sul suo viso. Ma sai, in ufficio tutti dicono di averla posseduta … a parole, quando al contrario Elise ha sempre promesso il suo corpo in cambio di privilegi per poi beffare gli illusi, questa è la verità. Arthur non ci posso credere, la verità non ha mai convinto nessuno, vuoi mettere il gossip, la chiacchiera, il pettegolezzo? Metà delle persone vivono spettegolando sugli altri, l’altra metà crea le opportunità per onorare certi pettegolezzi. Arthur resta muto … chissà, magari sta pensando che io possa avallare certe dicerie, sebbene io non conosca nessuno del suo entourage di lavoro. Allorché palesemente offeso, si alza improvviso dal mio capezzale e si avvia verso la porta a testa alta con passo sicuro. Guardandolo, provo un moto di sincera ammirazione per il suo saggio talento solo per ipotesi cretino. Che usi la stupidità per acquisire onoreolezza non ho dubbi ormai, anche se lo trovo disposto a fare qualche concessione di troppo. Come più volte mi sono trovato ad affermare, sono sempre più convinto che non si salvi nessuno. Che colpa ne ho io se adesso mi scappa da ridere, che il sopraggiungere della tosse trasforma in un abbaio canino senza sosta, proprio mentre Anne è di ritorno a casa con i ragazzi e ancora fuori della porta mi sente tossire. George, ma sei tu? Pensa che per un istante ho creduto di aver aperto per sbaglio la porta del vicino, quando il cane si è messo ad abbaiare, così stavo per fare marcia indietro, ma poi … Non ci credo, mi dico, a conferma del detto: “la madre del cretino è sempre incinta”, decisamente convinto che morirò a bocca aperta per le risa e con le lacrime rapprese negli occhi.
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