La scuola era al pianterreno di un condominio di sette piani.
I ragazzi della terza stavano facendo un laboratorio di storia su "La rinascita dell'Anno Mille". Io camminavo fra i banchi e, mentre davo suggerimenti a chi me li chiedeva, si sentì un tonfo. Proveniva dalla finestra.
Una donna sulla cinquantina era precipitata dal terrazzo dell'ultimo piano. Gli studenti, soprattutto le ragazze, gridarono. Ebbi il dubbio che l'avesse buttata giù qualcuno che poteva aggirarsi indisturbato nei dintorni, per cui preferii mettere al sicuro 19 giovani in salute invece che perdere tempo a chiamare i soccorsi per un individuo di mezza età già compromesso.
Ordinai alla classe di lasciare immediatamente l'aula. Gli alunni obbedirono, li portai nell'aula di informatica e li chiusi dentro. Tornai in classe e mi affacciai dalla finestra per guardare di nuovo la tipa che era piombata dall'alto.
Stava riversa sull'asfalto, aveva la bocca semi-aperta, le gambe divaricate, un braccio sotto la schiena e l'altro steso intorno alla testa. Indossava il pigiama e notai che la sua pancia era gonfia. Sembrava una barbona che dormiva dopo una sbronza. Ma era morta, stecchita. Le feci un paio di foto col telefonino e chiamai il 118: "Salve, sono un insegnante del Liceo Pedagogico, qui su via A. Manzoni, durante la lezione, abbiamo visto cadere sulla strada una donna dai piani di sopra. Mi sembra esanime ma venite lo stesso". Poi chiamai la polizia e dissi le stesse cose.
Pensai che i miei allievi sedicenni avessero il diritto di vedere il morto, quindi andai a chiamarli prima che il corpo venisse prelevato. Li lasciai osservare il cadavere spiegando loro che così avrebbero temprato il loro carattere. Mentre loro guardavano la suicida, io gli parlavo di Leopardi, Epicuro, Lucrezio, Montaigne, Sartre e dei Kamikaze giapponesi durante la Seconda Guerra Mondiale.
Un maschietto era molto incuriosito e faceva commenti da adulto, un altro mi chiese se si trattasse di suicidio, io non risposi ma lui insisteva con la domanda ed io allora gli spiegai che, se la morta non aveva urlato durante il volo, o era stata tramortita già prima di schiantarsi oppure si era uccisa da sola. Due alunne si toccavano la pancia, guardavano a terra e mi chiesero di poter andare in bagno. Acconsentii.
Quando giunsero la polizia, l'autoambulanza e il Dirigente Scolastico, avevo già chiuso la finestra e ripreso la lezione laddove era stata interrotta al momento del botto.
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