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Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)

Ricordo di un Capitano

di Marcel Proust (Biografia)

Proposta di Giuliano Brenna »

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Pubblicato il 06/01/2008

Un giorno ripassai da quella piccola città di L..., dove fui per un anno tenente, e dove febbrilmente volevo rivedere tutto, i luoghi che 1'amore mi ha reso incapace di rievocare senza un grande brivido triste, e i luoghi, così umili tuttavia, come i muri della caserma e il nostro giardinetto, ornati solamente dalle mutevoli grazie che la luce porta con sé a seconda dell'ora, l'umore del tempo e la stagione. Quei semplici luoghi rimarranno per sempre nel piccolo mondo delle mie immaginazioni rivestiti di una grande dolcezza, di una grande bellezza. Quand'anche rimanessi dei mesi senza pensarci, all' improvviso li avvertirei, come alla svolta di una strada ascendente ci si accorge di un villaggio, di una chiesa, di un piccolo bosco nella luce che canta della sera. Corte della caserma, il giardinetto dove l'estate i miei amici e io cenavamo, il ricordo senza dubbio li dipinge con una deliziosa freschezza, come farebbe la luce incantatrice del mattino o della sera. Ciascun piccolo dettaglio è là, completamente rischiarato, e mi appare bello. Li vedo come dalla collina.
È un piccolo mondo che basta a se stesso, che esiste fuori di me, che ha la sua dolce bellezza nella sua chiarezza così inaspettata. E il mio cuore, il mio gaio cuore d'allora, triste adesso per me e nonostante ciò piacevole, poiché avvince per un momento nella sua gaiezza l' altro, il cuore malato e sterile di oggi, il mio gaio cuore d'allora si trova in quel giardinetto soleggiato, nella corte della caserma lontana ma così vicina, così stranamente vicina a me, così in me, e nonostante tutto così lontana da me, così impossibile da raggiungere mai più, il mio cuore è nella cittadina di luce che canta e odo il chiaro rumore delle campane che riempie le strade piene di sole. Dunque ero tornato per un giorno nella piccola città di L... E avevo avuto, meno vivo di quanto temessi, il dolore di ritrovarla di meno di quanto non la ritrovassi nel mio cuore, dove già la ritrovavo troppo poco, cosa veramente triste, e a tratti disperante... Abbiamo tante di quelle occasioni feconde di disperazione che la pigrizia come un piccolo genio d'incoscienza e di 'non-pensiero' ci fa perdere. Dunque avevo ritrovato delle grandi malinconie nelle persone e nelle cose di laggiù e poi anche delle grandi felicità che posso a malapena spiegare e che solo due o tre amici possono condividere, avendo completamente vissuto la mia vita a quel tempo.
Ma ecco cosa voglio raccontare. Prima di andare a cena, per poi prendere subito dopo il treno, avevo dato 1'ordine di farmi restituire dei libri dimenticati dal mio vecchio attendente cambiato di corpo, assegnato all'altro reggimento della città, la cui caserma era all' altra estremità del luogo. Lo incontrai per la strada, a quell'ora quasi deserta, davanti alla piccola porta della caserma del suo nuovo reggimento e parlammo per dieci minuti là fuori nella strada, completamente illuminata dalla sera, con solo testimone il brigadiere di guardia che leggeva un giornale, seduto su un picchetto, contro la piccola porta. Non rivedo più tanto nettamente la sua figura, ma era molto alto, un po' magro, con qualcosa di deliziosamente fine e dolce negli occhi e nella bocca. Esercitò su di me una seduzione del tutto misteriosa, tanto che mi misi a fare attenzione ai miei gesti e alle mie parole, cercando di piacergli e di dire cose almeno un po' degne d'ammirazione per il senso delicato o per la molta bontà o fierezza.
Ho dimenticato di dire che non ero in uniforme, e che ero in una carrozza scoperta che avevo fermato per parlare col mio attendente. Ma il brigadiere di guardia non aveva potuto riconoscere la carrozza del conte di C..., uno dei miei vecchi camerati promossi al grado di tenente, che me l'aveva messa a disposizione per la giornata. Terminando, inoltre, il mio vecchio attendente, ogni risposta con: capitano, il brigadiere sapeva perfettamente il mio grado. Ma l'uso non prescrive che un soldato renda gli onori agli ufficiali in vesti civili, a meno che non appartengano al suo reggimento.
Sentivo che il brigadiere mi ascoltava e aveva levato verso di noi degli squisiti occhi calmi, che abbassò verso il suo giornale quando lo guardai. Appassionatamente desideroso (perché?) che mi guardasse, misi il mio monocolo e mostrai di guardare tutto intorno, evitando però di guardare nella sua direzione. L'ora avanzava, dovevo partire. Non potevo prolungare l'incontro con il mio attendente. Gli dissi arrivederci con un' amicizia temperata subito da fierezza a causa del brigadiere e, guardandolo un secondo che seduto sul picchetto teneva ri volti verso di noi i suoi squisiti occhi calmi, lo salutai col cappello e con la testa, sorridendogli un po'. Di colpo si alzò e tenne senza più metterla giù, come si fa per il tempo di un secondo nel saluto militare, la sua mano destra aperta contro la visiera del suo kepi, guardandomi fisso, come dice il regolamento, con un turbamento straordinario. Allora, mentre facevo partire il mio cavallo, lo salutai espressamente, e come avrei fatto con un vecchio amico già gli dicevo col mio sguardo e col mio sorriso delle cose infinitamente affettuose. E, dimenticando la realtà, in questo incantamento misterioso di sguardi, i quali sono simili alle anime e ci trasportano nel loro mistico regno dove tutte le impossibilità sono abolite, restai a testa scoperta mentre il cavallo già mi stava portando abbastanza lontano, voltato verso di lui finchè non lo vidi scomparire del tutto. Lui salutava sempre e davvero due sguardi di amicizia, come fuori dal tempo e dallo spazio, di amicizia già confidente e riposata, si erano incrociati. Cenai tristemente e restai per due giorni nell'angoscia, con quella figura nei miei sogni che di colpo mi appariva scuotendomi di brividi. Naturalmente, non l'ho mai più rivisto e non lo rivedrò più. - Ma d'altronde adesso, vedete, non mi ricordo neppure più tanto bene la sua figura, che mi sembrava solo molto dolce in quel luogo caldo e biondo di luce crepuscolare, ma un po' triste a causa del suo mistero e della sua incompiutezza.

Prima edizione di Souvenir d'un capitaine in "Figaro Littéraire", 22 XI 1952

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