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Ballata della Notte di Tutti i Santi

di Domenico De Ferraro
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Pubblicato il 01/11/2025 17:45:39

 

Ballata della Notte di Tutti i Santi

 

 

Stasera la piazza respira lentamente, come un contrabbasso che accorda le onde del  mare. Le candele tremano e fanno strada all'aria che sa di sale e sabbia. Il colonnato di piazza plebiscito  abbraccia il vuoto come una madre che aspetta, paziente il ritorno del proprio figliolo. La città trattiene il fiato, perché qualcuno ha promesso musica e festa. Arriva una chitarra ,  sembra una finestra sul sud.  Le dita accarezzano le corde, e il legno ricambia con una voce antica.

Sta' ccà, guaglió,” sussurra la sera, ca mo' se canta pe' tutt' 'e sante.” Per chi non c’è sta chiù. Per chi canta ancora per i vivi e per i morti. La voce di Dio .


Un uomo con occhi di mare,  sorride, come se la notte fosse una vecchia amica. Dal lato sinistro, un sax chiama come un gabbiano che non vuole dormire.  La nota sale, graffia la luna, poi scende e consola.  James,” mormora la folla, e il nome fa vibrare le ringhiere dei balconi.  Il sax risponde con frasi lunghe, perché certe cose non si dicono in fretta.

Dietro, un basso batte il passo della terra.
È
il cuore rotondo di Rino, che conta le ombre e le mette in fila.  Ogni colpo è una porta che si apre, ogni pausa è un insieme di suoni .  Il pubblico ascolta , senza fare rumore.

Sul lato destro, una batteria elettrica accende piccole lampare.  Le percussioni smaltano il selciato, le dita  accarezzano il freddo del marmo.  Joe,” sospira Piazza del Plebiscito, e le statue fanno finta di niente.  I suoni si tengono per mano, come ragazzi che scendono al mare di notte.


Suona, Pino, ca 'sta notte è longa e doce, e 'o viento porta in bocca li nome tuo , dentro o vento di terra.  Canta pe' i muorte e pe' 'e vive, e pe' chille ca aspettano  ancora ‘la rivoluzione.
Famme sentì 'a voce d' 'e case quanno rideno senza luce.
Suona, Pino, la città  te fa strada cu 'e candele. S’odono  dal molo risate con odore  intriso di caffè sospeso.  Qualcuno tiene una tammorra sulle ginocchia e aspetta il segnale.
Le finestre sono orecchie, i tetti sono mani alzate.
La montagna sfuma in controluce, come un coro che dice amén”. James piega il fiato e lo fa onde, e l'onda diventa storia.  È un blues che ha imparato mentre  camminava da piccolo nei vicoli stretti,  tra edicole votive, occhi bassi e sorrisi larghi.
Ogni frase saluta una donna, ogni pausa saluta un santo.

Rino pizzica la notte finché canta di pane caldo.
Il contrabbasso vibra e fa uscire i nomi dimenticati, uno a uno.

Le scarpe picchiano piano sulla pietra, tenendo il passo.
Il tempo prende fiducia e diventa compagno di banco.

Joe accende un arcipelago di suoni , e ci posa sopra i sogni.
Le sue mani parlano in dialetto, ma tutti capiscono. Le note si allungano come lenzuola stese  fuori i minuscoli balconi a Montesanto.  Il freddo ci prova, ma perde, perché l'armonia tiene caldo.


Suona, Pino, ca 'sta notte è longa e doce,  'o viento porta in bocca li nome tuo dentro lo viento di terra.  Canta pe'  muorte e pe' 'e vive, e pe' chille ca aspettano una  carezza. Famme sentì 'a voce d' 'e case quanno rideno senza luce.  Suona, Pino, e  la città  te fa strada cu 'e candele. Scendono piano i Santi, senza rumore, come chi conosce le scale della pedamentina di san martino  . Il Padreterno  fa un cenno con la mano e imprigiona ogni armonia perduta.  Santa Lucia distribuisce luce in tazzine piccole.  Santa Patrizia spezza il pane e lo lascia su un gradino per chi ha fame. La madonna passa come una brezza che raddrizza i quadri.  I balconi smettono di essere tristi e diventano platee teatrali Qualcuno sussurra un grazie che sa di mandarino e d'inverno.

La piazza risponde con un applauso sincero. Pino entra con un giro  di accordi che conosce i nostri passi. Ed i nostri sentimenti . La voce è una strada chiara, la parola è una mano sulla spalla.  Dice che qui si perdona per stare meglio, non per dimenticare.  Dice che il mare ascolta e risponde, se lo chiami per nome. La tammorra apre una feritoia e la luna ci passa dentro.  Le candele fanno coro, e i motorini fanno il controcanto da lontano.  Ad ogni strofa si avvicinano i portieri notturni, i pescatori, gli studenti.  Nessuno è fuori posto, perché la musica è una tavola lunga imbandita di ogni ben di Dio.

 

 
Suona, Pino, ca 'sta notte è
longa e doce, e 'o viento porta in bocca li nometuo dentro lo viento di terra.  Canta pe' muorte e pe' 'e vive, e pe' chille ca aspettano ‘ancora a sciorta.  Famme sentì 'a voce d' 'e case quanno rideno senza luce.  Suona, Pino, la città  te fa strada cu 'e candele. James prende il centro e racconta senza parole.  Il suo sax piange e ride nella stessa sillaba.  La nota ultima resta sospesa e ci guarda negli occhi.  Non scappa, non scende, non  è in vendita. Ci aspetta. Rino strofina l'archetto e la piazza  diventa buona.  Si sente l'odore di cantina, di sale, di giorni conservati.  La frequenza bassa scioglie i nodi, come una chiave gentile.  Un bambino smette di avere freddo e batte il piede. Joe tira fuori un tamburo  che sembra una chiesa senza pareti.  Le armonie si allargano e abbracciano i lampioni uno a uno. Ogni accordo lava la paura e la mette ad asciugare.  Resta solo il colore caldo di chi torna a casa.

Pino accenna un giro di dita che profuma di rime  e di pioggia.  La voce porta un saluto a chi dorme sotto i nomi antichi.  Stat' bbuon',” mormora, e la frase trova posto in mille tasche.  Non è addio. È una porta che si chiude piano, dall’interno di questo inferno.


Suona, Pino, ca 'sta notte è longa e doce, e 'o viento porta in bocca li nome tuo . Canta pe' muorte e pe' 'e vive, e pe' chille ca aspettano ‘ancora l’ammore. Famme sentì 'a voce d' 'e case quanno rideno senza luce.  Suona, Pino,  la città  te fa strada cu 'e candele. Intorno, Piazza del Plebiscito si fa mare calmo.  Le statue respirano, le ombre tirano il fiato.
Qualcuno lascia un tarallo sul gradino come promessa.
Qualcun altro spegne una candela con rispetto, senza parole. La notte cammina verso l'alba con passo di contrabbasso.  Il freddo cede come un nodo sciolto dalle dita calde.  Restano sul marmo quattro impronte di note, lucide come rugiada.  La città le riconosce, e le mette da parte per i giorni storti. Ultimo giro, ultimo sguardo, ultimo grazie.  Le finestre richiudono piano, i panni non hanno più fretta.  Ci vediamo”, dice il vento, quanno l’amore chiama”.
I santi annuiscono, perché certe promesse non scadono mai.

 


Suona, Pino, ca 'sta notte è longa e doce, e 'o viento porta in bocca li nome tuo .  Canta pe' muorte e pe' 'e vive, e pe' chille ca aspettano ‘ancora la salvezza.  Famme sentì 'a voce d' 'e case quanno rideno senza luce.  Suona, Pino,la città  te fa strada cu 'e candele.  La piazza rimane, la musica cammina avanti.  Le candele dormono, il mare veglia.  La città  chiude gli occhi un momento e sorride.  Vedi è bastata una ballata per  farti ricordare quella libertà .

 


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