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Allì Caracciolo, ’Blood’ - Anterem Edizioni 2022

Argomento: Libri

di Giorgio Mancinelli
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Pubblicato il 11/06/2022 19:08:38

Allì Caracciolo, “Blood”

(…versato sulla pagina bianca e/o sull’intavolato del vostro teatro invisibile).

 

Si pensi di dover leggere un testo tenendo la bocca chiusa, articolando le parole con la sola espressione del viso e che altri, presenti sulla scena del vostro dire immaginario seguano allo stesso modo quel che voi non-dite; come se il vostro dire fosse recepito sull’onda dell’emotività che provate interiormente e che gli altri, con la stessa emotiva sospensione, anticipino o diano prosieguo al vostro dire fisiognomico.

Un suggerimento linguistico alquanto inusuale, se vogliamo più vicino al carme che alla narrativa, per leggere questo testo di Allì Caracciolo in cui diversi elementi alogici, compresa di immaginaria azione scenica, montano deliberatamente una struttura verbale enumerata in 99 punti “…manca uno per traboccare il vaso”; come è in uso nella forma propria dell’happening svolto in tempi diversi e spazi differenti che, potremmo chiamare non-luogo che, pur in relativo contrasto con il volere dell’autrice, non è rappresentato dal ‘vuoto’…"l’istante di soglia di opposti simultanei, l’indistinguibile differenza, figure d’inaccessibile indifferenziato (ove) il lemma abbuia l’orizzonte senza che sia buio.”

Ma cos’è il vuoto se non quel ‘vacuum’ latino, o piuttosto quel ‘vacuo dire’ privo di contenuto che non ha nulla dentro di sé, che non contiene ciò che invece potrebbe contenere, cioè la cifra incontenibile dell’autrice che sottopone all’analisi critica il suo intimo e (forse), il suo più nascosto essere antropico, ‘apollineo e dionisiaco’, l’essenza ‘umana/sovrumana’ che già il filosofo Friedrich Nietzsche (*) ebbe a concepire in “Umano, troppo umano”, caratterizzato da una luce che ‘diversamente illumina’ le cose del mondo allo stesso modo del destino degli uomini …

 

“…La perfetta armonia delle raccolte membra – l’atleta smembrato sistemato in una icona di strutto – […] la metamorfosi della carne non sempre si attua attraverso il verme – talora, nello spessore dei fumi, grida congelate poi ceneri […] talora, sempre più spesso, in retaggi di corpi, sparsi ex voto di gambe braccia intestini e cuori – semine di teste sui campi.”

 

Sì che, in quel ‘vuoto privo di contenuto che invece potrebbe contenere’, si muove Allì Caracciolo, andando alla ricerca d’una probabile interiorità perduta, a scovare negli antri nascosti dove il sangue (blood) s’oscura del sapere ancestrale che la sola linfa conosce e che lascia risalire in superfice, fino all’epidermide in brividi di coscienza …

 

“Condividere il sangue. La fratellanza indissolubile s’instaura: uccidere insieme -cacciatori o assassini- genera legami più forti dell’utero materno per il feto monozigote. Legame viscerale, segreto, fatto di membrane calde, cartilagini fragranti come cialde, di palpitanti intestini, l’intimo corpo rovesciato e aperto in organi squartati, il fumo del calore interno, l’odore.”

 

È allora che l’happening si consolida in evento, per la durata esclusiva di un momento che non ha durata, di un vuoto che non è vuoto, di quella verità ‘altra’ che tutti noi siamo pur se non siamo, umani - non umani, fatti di cenere cosmica … “…che attende alla vita con leggera movenza, l’avveduta scienza di nascere ogni giorno con stupore.”

 

Non lo stupore ingenuo del disorientamento improvviso, ma l’avveduta rivelazione di chi ha maturato una propria coscienza intellettiva, che ha compreso di dover … “…attendere alla vita tripudio di spume / che il mare avanza che la nuvola alza al nitore / come dentro una stanza da adornare con sobria misura / un trionfo barocco delicato e gentile fioritura d’aprile / sulle rovine …”

 

Così leggiamo “sulle rovine” al liminare del tempo, la forza centripeta della fragilità umana: “Dove è finito l’umanesimo, il rispetto dell’altro, l’amore dei figli, la devozione agli dèi?” – si chiede Vittorino Andreoli (**), psichiatra di fama internazionale, nel suo “L’uomo di superficie”, per poi affermare che “L’uomo di oggi, appiattito su un presente senza prospettive, non ha più sogni né progetti, è prigioniero dell’eccesso e dell’inutile, ha paura del silenzio e della solitudine.” […] “Torniamo dall’essere umani come da una preistoria da cui allontanarsi vertiginosamente in un rovescio progresso che più si disancora dalle radici più forte lancia contro gli spazi l’urlo di feconde barbarie.”

 

Si è detto ‘rovine’ quelle descritte in “Blood” da Allì Caracciolo, che sono insieme ‘ruderi e vestigia’ e che, pur incarnando valori antitetici, caratterizzano l’effimero della vita, il ‘non-luogo’ mutevole della resilienza; quel che al vuoto reclama la presenza in voce dell’autrice, che si fa ricongiungimento, ricerca di un dialogare che la riscatta dall’aver in primis abbandonato il ruolo di ‘fruitore passivo’, e di parlare con la ‘bocca aperta’, articolando finalmente le parole fin qui taciute …

 

“Pure l’assillante cognizione (del sangue) che qui avversa la dissuasione a far poesia (su argomento tanto oscuro e bestiale) perviene a una sospensione (perversa e inquietante) ove tutto si azzera: la condanna del male la ricerca del vero la sapiente perizia l’impellente misura dato che attraversato per secoli l’oscurantismo sotto la legge dell’abuso e del cinismo conquistata la limpidezza alma del diritto si nega il delitto in nime della giustizia O dell’avvocatura trionfante (la mendace difesa garante).”

 

Taciute al dunque, non senza aver estremizzato le premesse informali contenute in apertura del teatro illusionistico, Allì Caracciolo tenta di focalizzare su sé stessa, e a noi che leggiamo, la sua ‘gestazione’ scrittoria, nella simulazione di un evento fortemente drammatizzato, che la vede in prima persona attrice dell’evento da lei stessa organizzato, per l’appunto: “Blood”, come happening della sua stessa vita …

 

“…C’è sempre un motivo un buon motivo per gestire la morte – di qualcun altro persona o animale che c’è di male a essere scaltro? Gestire la morte uccide il diritto. Dell’animale o dell’uomo? Tirare a sorte gestire la morte per potere per necessità perché hai pietà per comprensione per sopraffazione per attitudine per condivisione per abuso evidente per sovrabbondanza per uccidere per fare giustizia per sola nequizia per tracotanza per arricchire per non morire […] per uccidere per poter ridere per ammazzare per farsi innalzare per repressione per una passione perché si mente perché si sente per non sentirla perché ti ha annoiato perché ha una voce che squilla perché tu non sei stato perché ti ha tradito perché la paga che è scarse perché è tutta una farsa perché amore è finito per poi dire è scomparsa […] perché è un pezzente per non perder la faccia per farla finita perché l’hai tradita per farlo star zitto perché l’hai in mente per aggredirla per sentirsi potente perché si pente perché sei più forte perché sta scritto gestire la morte inventa il diritto di gestirla.”

 

L’assunto implicito di questa pratica descrittiva va quindi inquadrata nel decostruzionismo derridiano (***), ovvero delle prescrizioni esecutive che di massima possono provocare esiti performativi imprevedibili di `attinenza sperimentale’, come quella descritta nel prologo, di “parlare a bocca chiusa” per dire quel certo non-dire cui invita l’autrice …

 

“Blood è una partitura irregolare che serra gli spazi, non lascia pause di ristoro, nega il conforto della narrazione, non descrive né vuole, nega l’abbandono del pianto, l’accesso perfino, il naturale accesso allo sconforto.” … “I fantasmi della notte sono sanguinosi / il sangue del silenzio. Delle omissioni. Delle mancate occasioni. Della memoria ignorata. Dell’infanzia grata / l’indifferenza di benamare. La noncuranza a beneficare / il bene-dire senza più voce. i ricordi feroci.”

 

Blood quindi come sangue versato sulla pagina bianca dell’inconscio e/o sull’intavolato di un teatro reso conscio, di ciò che non è stato ma che sarebbe potuto essere …

 

“Dimmi la parola infelice che fa di questo piatto (testo) una melma (di oscure fibrillazioni, che reca brividi sulla pelle accapponata), dimmi le volte che con sangue o con fatto (in)cruento con coltello o proiettile con atti o parola col delirio dell’abuso tu hai ucciso…” “Dimmelo perché io possa conteggiare i giorni in base alle morti” … e riscattare così il tempo dell’attesa: “…quell’attendere alla vita con la leggera movenza l’avveduta scienza di nascere ogni giorno con (lo stesso) stupore” furtivo.

 

Di ciò che inferno non è ha memoria la pelle d’ogni emozione passeggera, della cognizione sfuggente d’ogni attimo vissuto, dell’urlo che l’accoglie nell’abbraccio della fine silente …

 

“Basta guardare gli occhi delle bestie al macello dilatati impazziti fuoriuscenti dall’orbita senza scampo presaghi di non avere più scampo l’angoscia il terrore l’imminente dolore la morte non è solo morte se passa per l’orrido sgomento della intuizione de la cognizione …”

 

Null’altro che un falso ossimoro negazionista di ciò che “Bloob” invece è a tutti gli effetti: “…un’opera narrativa che pur nella compressione degli spazi è narrazione, l’assenza sul foglio di vie di fuga è narrazione, la variabile occorrenza di segni grafici, di punteggiatura, di spazi obbligati negati oppure dilatati è narrazione. È un racconto al di là. Di là da tutto” … frutto di un costante happening autoriale di altissimo livello letterario.

 

Note:

(*) Friedrich Nietzsche, “Umano, troppo umano” – Piccola Biblioteca Adelphi 1979.

(**) Vittorino Andreoli, “L’uomo di superficie – Rizzoli 2012.

(***) Jacques Derrida, “La scrittura e la differenza”, Einaudi 2002.

 

L’Autrice:

Allì Caracciolo, ha fondato e dirige un Teatro di Ricerca a livello professionale, la cui indagine si concentra sui linguaggi della fisicità vocale, corporale e della scrittura scenica. Già docente di Storia del >Teatro e dello Spettacolo presso l’Università di Macerata fino al 2019, ha al suo attivo numerose pubblicazioni di poesia e scrittura, regia teatrale e drammaturgia. In ordine d’uscita: “Storie impercettibili”, Prometheus 2020. Con “Blood” definisce una lingua intenzionalmente ‘impoetica’, in un’etica di scrittura diversamente ma inevitabilmente poetica. In abbinamento a questo libro con “Anacronia”, una prosa inedita vincitrice della 35° edizione de Premio Lorenzo Montano. Libro edito da Piccola Biblioteca Anterem – Anterem Edizioni 2022.


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