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<Da nonna Annetta>,cap.XX: Il sole nero,pp.275-80

di Bianca Mannu
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Pubblicato il 25/04/2011 21:26:30

DA NONNA ANNETTA –Cap. XX : Il sole nero, pp. 275-280

 

Entrò col cappello in mano. Un piantone si fece ripetere le generalità e il motivo della visita… Al che Alfano sentì montarsi il sangue alla testa… “Il motivo me lo dovete fornire voi…” e già sentiva che la sua voce si alterava pericolosamente, perché il piantone lo stava puntando con malcelata ferocia… Fu allora che si riscosse come da un cattivo sogno e consegnò il foglio che gli avevano lasciato gli innominati visitatori.

Un’andata e un ritorno del milite e Alfano fu introdotto in un ufficio, dove un uomo pelato in borghese sedeva a una scrivania. Aveva ugualmente una grinta militare.

Alfano sperimentò la stessa tattica che aveva subito da soldato. Nessuno rispose al suo saluto. Stette in piedi, mentre l’uomo alla scrivania continuava a scartabellare come fosse solo. Di colpo brontolò qualcosa alle carte e Alfano non capì di essere interloquito. Allora l’uomo ebbe un gesto d’impazienza e alzando il capo l’apostrofò: “Nome cognome paternità e professione”, dimenando in aria il foglio e appiattendolo sul tavolo.

“Alfano, cerca di fare il bravo fesso come già ieri notte, se no qui finisce che ti sbattono dentro senza neanche chiarirti la ragione del  fatto che sei qui”, si disse e chiese scusa per non aver capito.

L’uomo parve rabbonirsi e gli indicò una sedia. E dopo aver chiuso con meticolosa attenzione una pesante cartella, lo guardò in faccia. Alfano ricambiò lo sguardo con apparente tranquillità.

“Allora, sig. Mirau… Perché lei fa Mirau di cognome, giusto? Lei viene dalla Sardegna, no?”

“Sì. Per lavoro.”  <Il lei è un buon segno> pensò Alfano.

“Così sembra,” fu il commento ironico del funzionario.

In breve Alfano, malgrado la sua circospezione, fu trascinato in una sorta di conversazione che ondeggiò tra l’amichevole e la paternale. Lentamente il bravo commissario gli snocciolò tutto il curricolo suo, dai parenti della Sardegna a quelli residenti nel Continente. Alfano rimase a bocca aperta e non vedeva lo sbocco di tanto discorrere e girare intorno al proprio contesto geografico e sociale. Venne fuori la relazione di affinità con l’ex consigliere provinciale socialista, Cristoforo Lampis, che, “giustamente”, era andato a curare i propri veri interessi in un luogo tranquillo. Saltarono fuori dalla scatola i problemi di salute mentale di suo fratello, Seafino Mirau, la vivacità politica e polemica di Valerio Mirau, altro fratello, altra situazione problematica … e di Alfano, già armiere del Regio Esercito …

“Armiere viene da arma,eh eh eh!  Il medagliere di guerra annovera un certo Pietro Mirau fra i caduti con onore, ma …

“Ma non mi dica, Signor Commissario, che ha mandato quattro uomini nel mio alloggio, a frugare fra le mie carte per comunicarmi quest’ampia informativa sulla mia parentela!”

“Ah ah ah! Vedo che lei ha un certo senso dell’umorismo…No, certo che no! E che? Nun avimm’a pazzià! E’ che lei, signor Mirau, ha avuto delle frequentazioni non esattamente conformi alle sue belle speranze …”  E nel dire così, gettò sul piano della scrivania un mazzo di opuscoletti che Alfano riconobbe come propri.

“Cercavano questi, allora, nel mio alloggio i suoi uomini! Ma guardi che sono reperibili in qualunque biblioteca…”

“Sì, vede … Per quanto mi riguarda, lei potrebbe essere tranquillamente quel che si dice un’anima bella che coltiva in proprio idee di rinascita universale … Ma lei è il più stretto collaboratore di un certo ingegnere, col quale è stato anche a Genova … Con chi si è incontrato a Genova il suo ingegnere?”

“L’ingegner Bini non è affatto mio, come io non sono suo. Ho creduto e credo sia al servizio della ferriera. Di questa natura sono e sono stati i nostri rapporti. Di altro non so”.  

“ Lei è stato visto entrare e uscire più volte dal Sinarchia . E il Sinarchia qui a Napoli – lei lo sa meglio di me – non è affatto quello che appare, cioè un locale per giocatori di biliardo e di scacchi… Non mi dica, signor Mirau, che lei è all’oscuro… Ma via! Lei sa perfettamente, signor Mirau, chi sono gli anarchici… Lei ricorda perfettamente che cosa hanno fatto a Parma e in Toscana, appena l’anno scorso…Lei legge i giornali! Diversi giornali!

“I giornali parlano degli anarchici e di altre cose…Comunque non sono anarchico.”

 “Sì, vede… Per quanto mi riguarda lei potrebbe essere tranquillamente quel che si dice un’anima bella che coltiva in proprio idee di rinascita universale … Ma lei è il più stretto collaboratore di un certo ingegnere…Col quale è stato anche a Genova…Con chi si è incontrato a Genova il suo ingegnere?”

“L’ing. Bini, non è affatto mio, come io non sono suo. Ho creduto e credo sia al servizio della ferriera. Di questa natura sono e sono stati i nostri rapporti. Di altro non so.”

E’ sicuro?”

 “Sono sicuro di me, solo di me.”

“Lei è stato visto entrare e uscire più volte dal Sinarchia. E il Sinarchia, qui a Napoli - lei lo sa meglio di me - non è affatto quello che appare, cioè un locale per giocatori di biliardo e di scacchi… Non mi dica, signor Mirau, che lei è all’oscuro… Ma via! Lei sa perfettamente, signor Mirau, chi sono gli anarchici… Lei ricorda perfettamente che cosa hanno fatto a Parma e in Toscana, appena l’anno scorso…Lei legge i giornali! Diversi giornali!

“I giornali parlano degli anarchici e di altre cose…Comunque non sono anarchico.”

“E farebbe bene a non esserlo. Gli anarchici sono una lebbra, di cui per forza bisogna che ci liberiamo!… L’Italia ha bisogno di disciplina e ordine, lealmente, da parte di tutti…Dico tutti!…”

Alfano guardava quel dito puntato contro contro di lui e taceva, aspettando la conclusione e resistendo alla tentazione di controbattere, per non essere costretto a fare considerazioni e ammissioni che -nella sua opinione- appartenevano al dominio della stretta autonomia personale.

“In sintesi, signor Mirau Alfano di Sinarrios, Provincia di Cagliari, Sardegna -continuò il commissario sbagliando comicamente tutti gli accenti- siamo in possesso di una segnalazione - non trascurabile, perché proveniente da fonte attendibile -che ci mette sull’avviso circa le sue relazioni politico-sindacali con personaggi anarchici.

Alfano adesso era veramente sbalordito. Che fosse stato attratto dalla figura dell’anarchico Novatore – peraltro rimasto ucciso in un conflitto con i carabinieri poco tempo prima della propria trasferta a Genova con l‘ingegner Bini- e che avesse letto in piccoli periodici clandestini alcuni articoli di Bruno Filippi, era vero. Ma non poteva certo dichiararlo al poliziotto che lo stava accusando di attività contro lo Stato. Gli si affacciò anzi la preoccupazione di lasciare al suo pensare troppa briglia sul collo, data la sua situazione di accusato politico. “Perché questo ti sta accadendo, caro mio!”, si disse. E allora premette le mani sugli occhi, quasi a impedire che il suo pensare potesse da un momento all’altro schizzar fuori e sbandierare più del dovuto. Perciò intanto che l’uomo rimenava le cartelle e parlava a ruota libera come un normale chiacchierone poco offensivo, si buttò a ricordare che un anno avanti, avendo capito a naso dove portava il vento, si era liberato della stampa compromettente… Forse dopo il fallimento dello sciopero o forse prima, dal danneggiamento del bar di suo cognato… E dopo di allora era stato piuttosto a guardare, preso nei lacci di Gianna e anche credendosi invisibile nel proprio anonimato, bloccato com’era nel groviglio di idee confuse -fra cui si salvava, solo e istintivo, il suo antifascismo…Ecco che si era rimesso a pensare e a rischiare di avere dei lapsus rivelatori… “Ma rivelatori di che, poi? ’Dell’ing Bini –chi era, infine?- Non ne sapeva davvero nulla… nulla! Negare, negare sempre… E sentire antipatia, disprezzare – puh che schifo! - chi ti sta accusando. No, questo non è per niente un brav’uomo, è un servo, una spia… No, guarda, io proprio non penso niente di me e, se penso, penso di te – nausea - che mi conti frottole per raggirarmi e indurmi a fornire, a inventare informazioni per mandarmi o mandare in malora qualche altro...”

La cosa curiosa era anche questa: intanto che durava l’interrogatorio Alfano si faceva l’idea che era lì per una sorta di montatura senza fondamento… Che si poteva sgonfiare seduta stante, dato che non si poteva fare il processo alle intenzioni presunte. “Ma che peso possono avere le mie intenzioni? A chi possono interessare?” Perché lui non era davvero nessuno! E invece di tremare… Per tremare, tremava….Tremava e si chiedeva che sugo ci fosse a “torchiare” lui, lui che ne sapeva meno delle pietre. Veramente – ma per che cavolo era lì?- neppure poteva raccontarsi che lo stessero davvero “torchiando”. Il colloquio - benché… no, non era proprio un colloquio, era uno schifoso annusare, fiutare spingere la merda della propensione a dar fuori - procedeva in modo apparentemente ineccepibile: toni burbero morbidi, il lei! Recchione!… .Da solo a solo, senza testimoni e senza verbale… Vuoi vedere che questo serpente mi distrugge la vita con Gianna

E fu a questo punto che Alfano cominciò a intuire l’origine e il senso della sua situazione…

“Proprio non vuole collaborare, eh?”

“Commissario, mi dica chiaro che cosa si vuole da me; perché io su tutto il giro di questioni che lei ha posto non saprei proprio che cosa  dire…Sono forestiero e anche solitario. Lei lo sa quanto me.”

“Ecco, bravo! Sa che cosa c’è scritto qui? E sventolò un foglio. C’è scritto che lei è un anarchico individualista. E chi lo sottoscrive non è un pellegrino qualunque… Questo è il legittimo sospetto di persona che ha ottime ragioni per allontanare l’anarchico Alfano Mirau da ogni riferimento personale e politico! Non so se mi spiego…Lei, signor Mirau, non ha alcuna speranza! Lei deve fare la valigia e tornare di gran carriera nel suo paesello! Così semplicemente. E senza nessun rumore. Capito?”

“Signor Commissario, mi scusi, ma lei vuole scherzare! Io ho qui il mio lavoro, la mia vita…una do…, una…fidanzata…!”

“Ma signor Mirau, lei in che sogno vive? Lei non ha alcuna speranza e tanto meno una fidanzata…Non mi faccia dire di più.  Se lei insiste, mi vedo obbligato a iniziare un procedimento formale; e poi sarà lei a doversene difendere. E lei sa che non sarà facile, ammesso che ne abbia le ragioni e le prove.

Il funzionario appariva spazientito dall’ottusità del giovane; e quasi combattuto, tra la voglia di levarselo dai piedi e il senso di fastidio a iniziare una specie d’indagine senza nessun vero nesso e speranza d’interesse per il suo ufficio. Continuò con il tono paterno: “Dia retta a me, vada via con le sue gambe,. Solo così lei potrà uscire dal contesto inquirente… Altrimenti devo procedere e lei saluterà per sempre la sua pace. Che lei lo sia o no, se resta qui e insiste   sarà anarchico per sempre. Perciò vada via. Guardi che non sto minacciando, le sto offrendo ciò che non dovrei: un salvagente! Lei non ha che la mia nera ala. Vale quarantotto ore. Buona fortuna.”

Il commissario si era alzato: gli tendeva i documenti e la mano. Alfano s’era levato anche lui. Titubò un istante e gliela strinse, pallido, senza una parola.

 

***

Si sa che la speranza è l’ultima a morire. E Alfano, tornando frastornato e furioso verso il suo alloggio, sperava che Gianna si facesse viva in qualche modo. Intanto la sua testa, snebbiandosi, cominciò a dare senso alle parole del funzionario e a riconsiderare le sue elucubrazioni genovesi come un grave peccato di ottimismo. Altroché. Ora la situazione si rivelava di gran lunga peggiore di quanto allora avesse osato rappresentarsela. Lui, un piccolo operaio sardo, un nessuno senza speranza di esistenza, aveva osato infilarsi in un terreno vietato, illuminato dal sole più nero che avesse illuminato la più solare delle città… La mente ancora stravolta non trovava nulla che lui potesse fare per arginare gli effetti di quella macchina perversa che stava riducendo la sua vita a un foglio di carta… Non c’erano istanze di giustizia, non c’erano meriti possibili da opporre - neanche a diventare squadrista, si disse in un impeto di amara ironia.

Nell’irrompere di tale violenta consapevolezza, però, gli tornò in mente il modo con cui Gianna, al suo ritorno da Genova, aveva allentato i lacci di ogni ipoteca sulla loro relazione. Sperò, non tanto nel ripetersi dello stesso miracolo, ma nella possibilità di guardare insieme con lei alla situazione presente e insieme decidere come amministrarsi… Perché da parte sua era pronto a correre i rischi che ne sarebbero seguiti, ma avrebbe voluto sapere se Gianna era disposta a correrli con lui o no. Avrebbero messo in comune le rispettive informazioni e calcolato la forza dei loro sentimenti per mettere in atto una strategia salvifica del loro legame… Il comportamento sfumato del funzionario aveva lasciato intravedere altre possibilità… Non era tutto perduto.

L’attesa divenne spasmodica e volta a volta combinata con le fantasie più rosee e più nere. Dov’era Gianna? Che informazioni aveva? Perché non dava un segno qualunque di vita? Egli avrebbe capito e avrebbe intuito entro quali modalità corrisponderle. Ma il passare delle ore evidenziava tanto la propria solitudine, quanto quella che Gianna stava forse vivendo. In più avvertiva il senso d’impotenza derivante dal fatto che ogni suo movimento in direzione di un qualunque approccio con lei poteva far precipitare ogni possibilità positiva nel suo rovescio, compreso il proprio arresto e magari, come minimo, l’avvio al <confino>, come già avveniva per gli anarchici veri. Non risultava forse anarchico anche lui? E che cosa aveva saputo lei di questa montatura? Eppure qualcosa, qualcosa di negativo - d’insostenibile forse- le era stato comunicato. Alfano adesso non aveva dubbi che dietro a tutto c’era la lunga mano del suo renitente <suocero>…per eliminarlo dall’orizzonte proprio e di Gianna. E lei? Che cosa realmente pensava ora di lui? Che fosse un falso anarchico o uno vero? Forse lei avrebbe osservato che lo era nel nocciolo.

 



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