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Dell’orgoglio, come isola

di Dereck Louvrilanmè
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Pubblicato il 23/09/2023 18:11:47

Scrivo cose che non richiedono 

partecipazione e non partecipano

ad alcunché, quindi non sono competenti. 

Il sillogismo non spiega il termine,

il legno che si accetta è scelto per l’uso,

ogni termine è un buon inizio.

Le parole sono volatili, migratori

soprattutto se le vedi in formazione.

Vanno da un continente ad un altro 

che può contenerle. Siamo anche nidi.

Nudi fino a coniugare ascolto a ripetizione. 

Con niente vinco la mia sete 

ma perdo la misura quando verso.

Per questo indico i taralli: da tempo 

conservo i buchi come fatti e li utilizzo 

circondandoli di parole che finiscono 

tra i denti, masticate a ripetizione.

Uso una lingua a pettine, un parcheggio

da cazzeggio: le papille di dubbio gusto,

la cultura al dente. Bollito, io penso.

Parole come impasto spesso grasso 

o scarno per la consuetudine dell’agio

da concedere nell’esposizione, alla luce 

dell’avventore. Vento che scuote il senno 

per scoprire se contiene il seno.

Contornati i buchi sono vocali 

negli abbracci consonanti e la stretta, 

la bocca, li forma a ragione. 

Fa testo quanto manca.

 

 

A Mimì e Cribi, con devozione.

 


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