Potrei stare a guardare il mondo,
senza esser stanco,
innamorandomi di una villetta
tra i seni della Brianza,
assonnata, e delle esistenze vacue
di chi c’è dentro, rese emozionanti
dai miei sogni ad occhi spenti
nelle notti senza vento, senza dolore.
Potrei stare a guardare il mondo,
mangiando nuvole e brindando lacrime,
a guardar gatti nei cortili,
a tirar sassi alle aquile,
senza dover respingere
assalti di noradrenalina,
o sensi perversi d’inutilità insensata
infatuati del ventre sterile d’una società malata.
Potrei stare a guardare il mondo,
dall’alto, con un batter d’ali
senza sacrificare rabbia, e onore, ad alchimie aziendali,
senza donar midollo ad amoriin coma,
o senza scommetter denti d’orosu asini da soma.
Guardando le mie catene,
torno a sedermi, a terra,
e mi strofino i polsi,
per sentirmi molto, troppo vivo.
[Riserva indiana, 2007]
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