Il tuo porto è la mia Giudecca:
le canne tese come falli prima
di essere sbocconcellati.
Non mi hanno fatto bene le risse di Giugno,
i gendarmi rizzati dai Saraceni, il grigio
doppiopetto del molo od il faro arrugginito
dalle mareggiate, rossa oliva dalla testa agile.
Non sono serviti i libri impilati
secondo grandezza, il vimini sguaiato
di nocciole e di limoni, la frutta esposta
a buon mercato come i seni sulle spiagge.
Tu sei tutto il mio male coagulato
in due strade: sei l'avaria ed il guasto
non preventivato. Verginità e sangue
hanno percorso ogni tuo gradino
mentre suonava a perdifiato
la nuova promozione.
Resta solo il blu della bidella,
un occhio marcio al centro del corridoio
ed intorno al suo fischio tutte le rocce,
coro magnifico, un concistoro:
perla sputata come l'osso
dalla bocca del rigido cane sgraziato.
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