Di noi sanno: la bandiera, il bar
verde, coleottero -miscela, la scogliera,
l'orca - donna delle pulizie ed un
bastardino impalato dalle razze
facili di sua madre. Di noi sa,
nella settimana, lo stomaco-mercoledì.
Di mercoledì si cucinano lenticchie, si
alza il gomito dal tavolo lunedì ma
l'orizzonte sabato ancora non si
apparecchia. Ogni tanto mi sfioro
le labbra, porgo un saluto ai seni e
scoperchio l'ombelico come fosse
il dio -Ciclope e con la voce
fossa della rabbia a tutto questo
lugubre concistoro chiedo se c'è
ricordanza, amena e minima, di
un'ombra lunga che su di essi
si allagò insegnando certe cose.
Di noi sanno le mamme preoccupate
dai corredi, le spose tentate dai diavoli
venuti giovani in città, di noi sanno
le bolle di scirocco a punto riva, i quotidiani
che succhiano dai vetri delle auto il
sesso evaporato. Di noi sanno oggi che
non siamo stati: non c'è più corrispondenza!
Alle otto-primo mattino nessuno frigge
dietro la bocca della stanza abusata, nomi
e comparse, nascondiamoci! E' tardi.
Non c'è più la quadriga di occhi
intimoriti: due acqua, due nocciole, mare
e monti, ala ed elica. Di noi sanno che siamo
stati una pozione: boom! Due liquidi ingredienti
fuori natura venuti da ampolle eccezionali , il nostro
fumo sfumato nella primina dei traghetti, nelle
passeggiate con il vento in prendisole, hotel di lusso.
Di noi sanno che eravamo la configurazione esatta.
E così, ormai disossati e dissociati, stiamo all'uscio
senza formule e miseri quanto i vecchi che supplicano
una visita e, delusi, se la inventano, apriamo
a chi non ha bussato.
La sera? Un urna cineraria.
Buio è il giorno da cremato.
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