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Rome: 3 metri underground (parte 6 )

di Alessandro Porri
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Pubblicato il 29/11/2014 09:16:08

Capitolo XVII

 

 

 

Domenica 15 Settembre. Alle prime ore dell’alba, il posto di blocco in direzione Locarno, è stato rimosso senza alcun esito positivo. A Roma, l’automobile guidata da Crescenzi è giunta a destinazione, mentre, nelle villette dei fratelli Trabaschi, tutti ancora dormono. Tre metri sottoterra, anche i ragazzi, veramente esausti, si sono lasciati andare tra le braccia di Morfeo.

«Pensate sia opportuno coinvolgere ancora i ragazzi?» Chiese De Lellis a Passeri.

«Credo di no, però è pur vero che le indicazioni che potrebbero darci, su come sono disposte le case e la cantina, sarebbero veramente preziose. Non so davvero cosa fare.»

«Si potrebbe fare un sopralluogo esterno insieme a loro a bordo di un’auto, e poi prima del vero e proprio intervento farli allontanare, che ne dici Corrado?»

«Penso sia la decisione migliore. Come prima cosa questa volta dobbiamo coinvolgere i genitori, andiamo a parlare con queste famiglie, non penso che ci accolgano in modo troppo amichevole, ma per fortuna la fretta farà in modo che le decisioni vadano prese subito.»

Tutti i genitori interessati furono buttati giù dal letto poco dopo le sette. Ci ritrovammo tutti insieme nel salone della casa della signora Rosa. Tutti gli sguardi furenti erano diretti verso me e Roberto. Una serie di frasi del tipo “siete pazzi, incoscienti, appena finisce questa storia … giù una serie di conseguenze nefaste per noi”. Naturalmente i genitori dei due ragazzi rimasti sotto ci chiedevano informazioni sui loro figli.

«Signori, signori calma, la situazione è complessa ma non è pericolosa, state tranquilli. Ora andiamo sul posto, saremo tre carabinieri ed i due ragazzi che ci daranno tutte le informazioni utili per effettuare il bliz. State calmi che i due ragazzi non corrono assolutamente nessun pericolo», disse con voce tranquillizzante il Tenente.

«Io voglio essere presente e non accetto discussioni, visto anche che come avete detto non c’è nessun pericolo», disse in tono perentorio il padre di Gianni.

«Facciamo una cosa allora, voi sarete lì vicino in zona, appena arrestati i fratelli Trabaschi vi chiameremo per assistere al recupero dei vostri figli, di più non si può fare», rispose Passeri.

Dopo un veloce conciliabolo tutti furono convinti che questa fosse l’unica soluzione percorribile e l’operazione partì.

Ore otto e trenta. Due automobili con i genitori dei ragazzi sostavano un isolato distante dalle villette, un’auto priva d’iscrizioni con a bordo carabinieri e ragazzi era di fronte le case. Io e Roberto spiegammo come era la disposizione della cantina, dove erano rimasti bloccati i nostri amici. Poi Roberto ebbe un’intuizione che alla lunga si rivelò fondamentale.

«Marco, ma loro hanno la trasmittente!»

«Cosa?» Disse il signor Antonio.

«Sì, hanno la ricetrasmittente, non come le vostre certo, quelle giocattolo però funzionano.»

«Bravi, ora proviamo a contattarli con la nostra, tempo di modificare la frequenza, ecco proviamo. Dai Marco prova a parlare tu.»

«Qui Marco, ci sono anche i carabinieri, mi sentite? Gianni, Maurizio, mi sentite passo

«Pronto Marco, ti sentiamo passo», rispose Gianni.

«Evviva, ci sentono, ciao ragazzi siamo arrivati ci sono il Tenente, il Maresciallo, un altro carabiniere e Roberto, come state? Tra poco vi tiriamo fuori

«Stiamo bene, abbiamo notizie importanti, fammi parlare con il Maresciallo

«Ciao ragazzi, eccomi sono il Maresciallo, ditemi pure

«Ieri sera abbiamo ascoltato i due fratelli che parlavano qui in giardino, sappiamo perfettamente come sono andate le cose. Anche il fratello sa tutto, ma lui non c’entra quasi niente

Gianni continuò il suo racconto e i carabinieri rimasero ad ascoltare con estrema attenzione. La cosa che più li aveva interessati e che poteva permettere una nuova svolta nelle indagini, era la modalità del contatto tramite il telefono del bar.

«Certo Antonio che se riuscissimo a mettere sottocontrollo quel telefono per un paio di giorni.»

«Lo so Corrado ma se andiamo a prendere Antico, la linea telefonica è bruciata, se non ci fossero quei ragazzi là sotto, potremmo anche aspettare un paio di giorni.»

«Non si può aspettare oltre dobbiamo andare a prenderli.»

La radio era nelle mie mani, inavvertitamente dovevo averla messa in modalità attiva, sta di fatto che i ragazzi avevano ascoltato la conversazione.

«Signor Antonio, mi sente

«Sì Gianni dimmi pure

«Abbiamo ascoltato quello che stavate dicendo, Maurizio ed io siamo d’accordo che se serve siamo disposti a restare un altro giorno qui sotto

«Ragazzi non scherzate, è pericoloso

«Ma ormai ci siamo abituati, dal foro passa anche un poco di luce, l’aria c’è, il soffitto è stabile in questo punto, abbiamo solamente un poco di fame ma un giorno si può resistere

I carabinieri si guardarono, non sapevano che decisione prendere. Comunque era una scelta che andava condivisa con i genitori.

    «Ragazzi restate in ascolto vi faremo sapere a breve

La macchina dei carabinieri andò nel piazzale dove erano parcheggiate le automobili dei genitori in attesa. La situazione fu esposta con estrema chiarezza dal Tenente.

    «Ma siete pazzi, andate subito a tirare fuori i nostri ragazzi», commentò con tono inquieto il padre di Gianni rivolto al Tenente.

    «Vi ripeto che la richiesta non è assolutamente venuta fuori da noi, sono stati i vostri figli a proporcela. Facciamo una cosa venga lei e lei.» indicando il padre di Gianni e di Maurizio, «Venite, vi facciamo parlare con i vostri figli»

Poco dopo i carabinieri con i due papà, sono di nuovo davanti le due case dei fratelli Trabaschi.

    «Gianni, mi senti sono papà, come stai

    «Papà ciao che ci fai qui? Sto bene tranquillo

    «Ma cos’è questa storia che volete rimanere un altro giorno qui? Ma vi siete impazziti

    «Papà, qui sotto non c’è alcun pericolo, noi vorremmo essere il più utile possibile alle indagini

    «Ma che utili ed utili, siete ragazzini, uscite fuori e pensate a giocare

    «Papà io e Maurizio siamo d’accordo così; se ci pensi bene, anche se arrestano questi del piano sopra, i complici sono liberi. Loro sanno che noi sappiamo, e quindi non saremo mai tranquilli, vogliamo risolvere questa questione una volta per tutte.» 

A quest’ultima osservazione, il padre di Gianni non ebbe più alcun argomento per controbattere il figlio e rimase in silenzio. Anche Maurizio parlò con il padre, ribadendo comunque le stesse motivazioni alla loro decisione.

    «Tenente, e specialmente lei signor Antonio, noi ci conosciamo meglio, cosa ne pensate? Cosa ci consigliate?» Domandò il padre di Maurizio.

«La decisione spetta a voi. Obiettivamente dove sono i ragazzi non c’è pericolo, se si dovesse decidere che restano, posso garantirvi che metterò un’auto fissa qui davanti, abbiamo anche la fortuna di poterli continuamente sentire con la radio e nel caso ci sia bisogno, si può intervenire immediatamente.»

Alla fine la decisione fu presa, i ragazzi restarono.

Erano le dieci passate quando gli abitanti dei piani alti si alzarono più o meno contemporaneamente. Ai ragazzi sotto iniziava ad arrivare un certo languorino.

I due fratelli s’incontrarono casualmente in giardino, entrambi alle prese con la prima sigaretta della giornata.

    «Buongiorno, saranno le dieci passate ma ormai la mattina inizia a fare un po’ fresco eh», disse Agostino al fratello.

    «E sì, ma tu che fai, non dovevi togliere un poco di questa robaccia?»

    «Ma ormai è tardi, penso che vengo anch’io a pranzo da mamma, forse mi ci metto domani sera.»

    «Non avevo dubbi, ma se oggi non pulisci domani non puoi cementare.»

    «E tanto che fa, giorno più giorno meno, cosa vuoi che cambi.»

    «Io lo dico per te, comunque fai come vuoi. Mi vado a fare una doccia ci vediamo da mamma allora, ciao.»

    «Ciao.»

Intanto sotto i ragazzi avevano ascoltato tutto dalla loro posizione privilegiata.

    «Hai sentito Gianni?»

    «Sì Maurì, ho sentito, sicuramente questo oggi non si mette a pulire e domani non potrà riempire tutto con il cemento. Noi a questo punto, potremo anche restare domani notte, così i carabinieri avranno più tempo per intercettare le telefonate al bar.»

    «Ho capito, ma noi qui sotto come facciamo, non abbiamo niente da mangiare e da bere e poi tra poco le batterie delle trasmittenti si esauriranno.»

    «Aspetta, proviamo a sentire se c’è qualcuno qui fuori», disse allora Gianni, impugnando la trasmittente.

    «Pronto qui casa sotterranea, agenti Gianni e Maurizio chiedono colloquio urgente, c’è nessuno passo?»

    «Ragazzi, eccomi, sono Crescenzi, vedo che siete entrati proprio nella parte, ditemi pure.»

    «Abbiamo ascoltato un’altra conversazione proprio un attimo fa, sembra proprio che domani non ci sia nessuna autobetoniera in azione, quindi avevamo pensato di poter rimanere un’altra notte in più, così avete più possibilità di intercettare qualche telefonata.»

    «Ragazzi devo sentire il Tenente ed i vostri genitori, ma poi voi come fate altri due giorni, siete sicuri di poter resistere senza niente da mangiare?»

    «Ecco a proposito di questo», disse Maurizio strappando dalle mani la ricetrasmittente all’amico, «Sappiamo che oggi sono tutti a pranzo dalla madre di Trabaschi, quindi se qualcuno ci fa calare dal buco qualcosa non sarebbe male, ed anche delle batterie di riserva per le radioline.»

    «Calma ragazzi, vi ho già detto che devo consultare gli altri, comunque se si decidesse per il sì,  state tranquilli che qualcosa faremo.»

«Va bene allora noi aspettiamo notizie passo e chiudo

Appena finita la conversazione con i ragazzi, il Brigadiere si mise in contatto con il Tenente e gli espose le ultime novità.

    «Certo che un giorno in più ci farebbe proprio comodo, avremmo più possibilità di intercettare qualcosa, a proposito il telefono del bar sarà sottocontrollo già dal pomeriggio, abbiamo ottenuto un procedimento urgente», disse il Tenente.

«Ma come intende procedere?» Chiese Crescenzi.

«Bisogna sentire assolutamente i genitori. Sai cosa facciamo? Li portiamo lì davanti con la scusa di sentire i figli e glielo facciamo chiedere da loro. Fai una cosa avverti i ragazzi che faremo così, magari se loro li tranquillizzano, ci danno il permesso. Ora dimenticavo la cosa più importante, come stanno, li hai sentiti tranquilli?»

«Sembra di sì, sono entrati nella parte, sembrano dei piccoli agenti.»

«Sono veramente tutti in gamba, sarebbe il caso di pensare a una ricompensa quando tutto sarà terminato.»

«Ha proprio ragione, intanto io allora li avverto.»

«Ok Crescenzi, ma tu come stai? Sarai stanchissimo immagino, dopo pranzo ti organizzo un cambio e ti vai a riposare, a più tardi

 

Era l’ora di pranzo quando due automobili parcheggiarono davanti alle due case di Villaggio Breda che conosciamo bene. Ormai dentro non c’era più nessuno, mentre sotto i ragazzi attendevano notizie.

«Gianni, sono papà, come va?»

«Papi ciao, tutto bene.»

«C’è anche mamma qui che ti vuole salutare.»

«Ciao tesoro, stai bene? Hai fame? Fa freddo lì sotto?»

«Tranquilla mammì, non fa freddo, sto bene e un poco di fame ce l’ho ma resisto bene. Volevo dirvi che ci sono novità. Abbiamo la sicurezza che per due giorni non succederà niente e quindi…»

La conversazione proseguì, i ragazzi spiegarono quali fossero le loro intenzioni. I genitori non erano molto d’accordo, ma i loro figli erano talmente decisi che niente riuscì a dissuaderli dalle loro intenzioni. Ora bisognava solamente escogitare un modo per far arrivare qualcosa ai ragazzi. Il signor Antonio pensò di utilizzare a tale scopo noi ragazzi rimasti fuori. Io e Roberto ci ritrovammo a giocare sul marciapiede davanti casa Trabaschi. Casualmente Roberto mandò il pallone nel giardino.

«Francesco  stai  attento! E adesso bisogna scavalcare», dissi io a Roberto.

Avevamo scelto di proposito dei nomi falsi in caso ci avesse visto o sentito qualcuno.

    «Alessandro, stai tranquillo ci vado io», rispose Roberto. Il mio amico scavalcò la recinzione ed andò verso il pallone che lui stesso aveva mandato verso l’apertura. Aveva un piccolo zaino sulle spalle dove aveva riposto alcune cose. Una volta chinato fu al riparo da sguardi indiscreti, sgusciò non senza difficoltà tra gli oggetti ammucchiati in giardino ed arrivò nei pressi del foro d’apertura.

    «Ragazzi, ciao sono Roberto.»

Maurizio e Gianni guardarono subito verso l’alto, sorpresi e contenti allo stesso tempo.

    «Roberto? Ciao, che ci fai qui?»

    «È arrivato il pranzo a domicilio», rispose Roberto sorridendo.

    «Che bello, grazie Robé», rispose Maurizio che era il più affamato.

    «Allora prima vi calo due bottiglie d’acqua, venite qui sotto che si rompono attenti.  Vi ho portato poi un triangolo di latte un pacco di Bel Bon ed alcuni Buondì Motta per la colazione e la merenda. Sei ciriole, due con il prosciutto due con il formaggino e due con il salame. Vi tiro giù anche delle batterie per la trasmittente.»

    «Grazie, ma non ti hanno visto? Come mai non ci avete avvisato che arrivava il pranzo?» Chiese Gianni.

    «Volevamo fare una sorpresa e poi se non ci fossimo riusciti, ci sareste rimasti troppo male. Avete preso tutto?»

«Sì sì, grazie ancora.»

«Ciao, vado via subito che è meglio.»

Immediatamente tutte le auto, tranne quella fissa di pattuglia, andarono via.

La domenica passò senza troppe novità. Neanche da nord arrivarono buone nuove, Symensth sembrava aver fatto completamente perdere le sue tracce. Gli sforzi erano ormai concentrati sul bar del quartiere Centocelle, dove ogni sera Trabaschi, verso le ventuno, si recava per ricevere delle eventuali telefonate da parte di Antico. I carabinieri erano fuori, dentro un furgone. Oltre a mettere sottocontrollo il telefono, erano riusciti a posizionare una cimice direttamente nell’apparecchio in modo da poter ascoltare, in tempo reale, tutti i dialoghi degli avventori che lo avessero usato. Alle ore venti e cinquanta Agostino arrivò, prese il suo solito aperitivo e si mise a sedere in attesa. Dopo un paio di telefonate di fidanzati spasimanti, ne arrivò finalmente una veramente interessante.

«Bar Mirti, buonasera, chi parla?» Disse un dipendente del bar.

«Sì buonasera, potrei cortesemente parlare con il signor Trabaschi? Dovrebbe essere lì.»

«C’è il signor Trabaschi in sala?»

«Sì eccomi, grazie.»

«Hodie», esclamò Sinibaldi.

«Piu i locu», rispose Trabaschi, poi aggiunse «heri.»

«Piiu ic locu», rispose Sinibaldi.

«Ciao Michele come va?», chiese Trabaschi a Sinibaldi.

«Ciao Agostì, tutto bene. Che si dice in giro?»

«O sono molto bravi a nascondere le cose, o veramente ormai hanno rinunciato.»

«Anche qui sembra tutto tranquillo. I nostri amici hanno evitato un posto di blocco sulla strada per Locarno, adesso se ne stanno tranquilli un paio di giorni a Cannobio.»

«E dove sarebbe questo posto?»

«Sul lago Maggiore.»

«E tu dove stai?»

«Io ho passato il lago e sono a Luino, mi sto facendo una bella vacanza, scherzo. Ho lasciato la mia auto di là e ne ho presa un’altra a nolo. Li sto precedendo per vedere se delle volte ci fossero intoppi lungo la strada.

«Ma per la merce come fate?»

«Sto cercando di contattare qualcuno che faccia poche domande e che con una barca mi permetta di trasportare la merce da quest’altra parte, meglio evitare i trasporti pubblici. Una volta di qua, cambieranno anche loro mezzo e passeranno il confine dirigendosi verso Lugano.»

«Ma tra di voi come vi contattate?»

«Li chiamo io da questo telefono pubblico al loro albergo.»

«Ma non è rischioso? I carabinieri potrebbero fare dei controlli sugli elenchi delle persone che alloggiano negli alberghi della zona?»

«Impossibile caro, prima cosa ormai siamo ben lontani dalla zona, secondo ci sono centinaia di alberghi qui sul lago e terzo con chi pensi di avere a che fare? Hanno dato generalità e documenti falsi.»

«Scusa tanto se mi preoccupo.»

«Tranquillo devi stare tranquillo, tra pochi giorni sarà veramente tutto finito e a breve avrai la tua parte di soldi. Senti ora vado che devo parlare con un tizio al porto per quella cosa che ti ho detto, ciao.»

«Ciao.»

I carabinieri avevano ascoltato e registrato sul posto ogni parola.

         «Caro Antonio questa volta abbiamo veramente un gran numero di notizie importanti, possiamo prenderli se ci muoviamo in fretta e con attenzione», disse il tenete Passeri a De Lellis.

         «Questa frase mi sembra di averla ascoltata più di qualche volta, o sbaglio?»

«E già non sbagli proprio, bisogna subito mettersi al lavoro. Prima cosa bisogna cercare di capire il meccanismo di quella parola d’ordine che usano quei due. I ragazzi hanno detto che hanno sentito i fratelli Trabaschi dire che utilizzano la frase latina presente sul muro in cantina, però chissà con quale meccanismo.»

«Cosa intendi fare una volta capito il funzionamento?»

«Voglio sostituirmi a Trabaschi o a Sinibaldi e vedere se riesco ad indirizzare la conversazione verso ciò che più ci interessa, ma non posso rischiare di sbagliare la parola d’ordine altrimenti bruciamo anche questo vantaggio che abbiamo. Dobbiamo riuscire a trovare il nesso tra frase e parola d’ordine.»

«Fai avere tutti i dati anche su a Todde, quel ragazzo è sveglio magari ci trova la soluzione», disse il Maresciallo De Lellis.

«Provvedo subito a contattarlo, gli devo anche dire di spostare il raggio d’azione verso i luoghi del lago Maggiore che abbiamo sentito prima nella telefonata.»

«Corrado, rintracciamo subito anche il telefono pubblico da cui Sinibaldi chiama Trabaschi e mettiamolo sotto controllo, se veramente è lo stesso con cui chiama Symensth, possiamo individuare in quale albergo alloggia.»

«Bravo Antonio hai ragione. Veramente questa volta mi sembra …»

«Non dire niente», lo azzittì subito il signor Antonio.

 

 

 Capitolo XVIII

 

 

 

Lunedì 16 Settembre, ore dieci. Todde, Furlan e Banfi sono in viaggio da Domodossola verso Cannobio. Alla guida c’è Banfi, di fianco al guidatore c’è Todde con la mente completamente immersa nei fogli che ha davanti agli occhi arrivati pochi minuti prima da Roma.

«Eppure ci deve essere un nesso, HOSPITIUM HIC LOCATUR è la frase che è sul muro della casa romana.»

«Ma cosa significa?» Domandò Furlan a Todde che grazie ai suoi studi aveva una certa conoscenza del latino, anche se, doveva sforzarsi non poco per togliere la polvere dal cassetto dei ricordi.

«Dovrebbe significare, qui si affitta, o una cosa simile. La vecchia casa doveva essere una locanda. Ora bisogna capire il botta e risposta tra i due da cosa è derivato.»

«Uno ha detto hodie che ha determinato una risposta, l’altro heri che ne ha prodotta una simile ma diversa», disse Furlan.

«Infatti, basta poco per sbagliare e loro fanno proprio affidamento su questo. Allora ad hodie che vuol dire oggi Trabaschi ha risposto piu i locu, a heri che vuol dire ieri Sinibaldi ha risposto piiu ic locu. Questo vuol dire che è un codice mutante.»

«Ossia», chiese Banfi.

«Vuol dire che in base al giorno cambia qualcosa.»

«Mi sa che questo codice è ancora peggio perché il giorno lo sceglie chi è al telefono, è l’interlocutore che dice oggi o ieri, magari in altre chiamate dirà anche domani, dopodomani ecc.» 

I tre continuarono a spremere le loro meningi, alcuni passi avanti li avevano fatti ma ancora non erano giunti ad una soluzione. Era chiaro che la frase di risposta non aveva nessun senso in latino ma era solamente la famosa scritta sul muro cui venivano tolte delle lettere. Todde aveva riempito decine di fogli per fare dei tentativi ma ancora senza esito. Aveva provato a scrivere HOSPITIUM HIC LOCATUR e confrontarlo con una delle due risposte                         PIIU IC LOCU.

«Se dalla prima scritta cancelliamo l’altra, possiamo vedere le lettere che sono state eliminate e sono H O S T M H A T R. Se eliminiamo le lettere H che per praticità spesso vengono escluse nei codici, rimangono O S T M A T R. Vuol dire che una parola formata da queste lettere, è stata sottratta dalla scritta sul muro, ed ha dato vita alla frase di risposta.»

«Potrebbe essere vediamo mastrot, sottomarino, no no sono troppe. Ma è davvero un rompicapo», disse Banfi.

    «Aspetta però, mi hai fatto venire in mente una cosa, potrebbero anche mancare delle lettere per formare la parola.»

    «Come come? Che stai dicendo?»

«Intendevo dire che la parola che cerchiamo non è detto che debba avere tutte le lettere che la formano presenti nella scritta. Mi spiego meglio, se la parola fosse COCA COLA, io da  HOSPITIUM HICLOCATUR vado a togliere solo quelle che trovo e le h, in questo caso posso cancellare solo due C anche se coca cola ne ha tre. Diventerebbe quindi SPITIUM I TUR, è chiaro cosa intendo?» Chiese Todde ai colleghi.

«Ad essere chiaro è chiaro quale potrebbe essere il meccanismo, ma da ciò a capire la soluzione del mistero ce ne passa», rispose Banfi.

«Ci si può provare, mi sta anche venendo in mente una cosa. Allora abbiamo detto in un caso sono state eliminate le lettere O S T M A T R nell’altro caso con risposta  PIU I LOCU sono state sottratte le lettere O S T M I C A T R.» Sugli appunti di Todde c’era evidenziato questo schema.

 

 

 

HOSPITIUM HIC LOCATUR HERI-H-PIIU IC LOCU = O S T M A T R

HOSPITIUM HIC LOCATURHODIE-H-PIU I LOCU = O S T M I C A T R

 

 

 

 

Ad un certo punto, mentre lo fissava, un fulmine le attraversò la mente, fu tutto chiaro in un attimo ed esclamò:

    «Forse ci sono!»

    «Davvero», esclamò Banfi guardando il collega con occhi increduli.

    «Mi servirebbe però, almeno un altro esempio di codice e ci dovrei essere davvero, con due solamente, c’è una possibilità di errore.»

«E come funziona?» Chiesero quasi all’unisono Furlan e Banfi.

«Ve lo dico stasera se ci sono novità da Roma, non voglio illudere nessuno.»

Giunti a Cannobio Todde chiamò il Tenente in ufficio per darle gli ultimi aggiornamenti.

«Pronto chi parla?» Chiese Passeri

«Sono Todde Tenente.»

«Buongiorno Todde, dimmi pure.»

«Non vorrei illudere nessuno, però forse ci sono.»

«Dove sei?»

«No, no intendevo dire che ci sono con la soluzione della parola d’ordine tra Trabaschi e Sinibaldi.»

«Non mi dire, anzi dimmi, dimmi tutto.»

Todde raccontò la sua idea al Tenente a cui però ribadì anche l’importanza che avrebbe avuto un’ulteriore intercettazione per essere estremamente sicuri.

«A questo ci penso io, ed ho anche in mente come fare, tu stai tranquillo, appena ho nuove informazioni ti chiamo al numero che mi hai dato e speriamo che ti sia utile»

«Ok Tenente ci sentiamo stasera e speriamo che Sinibaldi chiami ancora.»

Intanto a centinaia di chilometri di distanza e qualche metro sottoterra . . .

«Gianni c’è rimasto qualcosa da mangiare?»

«A Maurì, ma come fai ad essere così magro, mangi come un bufalo.»

«Bo, è che qui non c’è nulla da fare mi annoio anche. Chissà fuori che succede.»

«Sentiamo chi c’è fuori», disse Gianni

«Pronto qui agenti Maurizio e Gianni passo, chi è di guardia? Passo

«Buongiorno ragazzi, sono il signor Antonio

«Come mai lei Maresciallo?» Chiese Gianni.

«Bisogna dare una mano tutti, poi gli altri colleghi sono dovuti andare per un furto in un negozio a Torre Maura, Crescenzi lo abbiamo mandato a riposare un poco che stanotte è di guardia lui. Credo che domani vi tiriamo fuori, massimo mercoledì mattina, il tempo di intercettare un altro paio di telefonate al bar. Come state

«Un po’ stanchi e un po’ affamati, specialmente Maurizio, speriamo di uscire domani

A quel punto il Maresciallo ebbe una trovata geniale per tirare su il morale ai due poveri ragazzi.

«C’è una strana calma in giro, mi sembra che oggi ricominciavano le scuole ma non sono sicuro

«Le scuole, di già?» Disse Maurizio.

«Comunque tranquillo Maresciallo, noi resistiamo, tranquillo», aggiunse Gianni immediatamente. Lo spaventava più l’inizio della scuola che lo stare tre metri sottoterra. Mentre se per Maurizio era chiara la volontà del padre di indirizzarlo verso una carriera lavorativa, per Gianni c’erano ancora forti dubbi, e l’ipotesi di una giornata che prevedesse scuola la mattina e lavoro il pomeriggio non era così peregrina.

I ragazzi nel loro “bunker” erano in silenzio e quasi appisolati, quando verso le diciassette e trenta, iniziarono a sentire dei gran rumori provenire da fuori. Agostino Trabaschi aveva iniziato a togliere delle cose da sopra la loro testa. Per le cose più distanti usava una piccola ruspa, per le cose più vicine all’imboccatura del passaggio, usava le sole mani, evidentemente aveva paura che il peso della ruspa avrebbe potuto generare ulteriori crolli. Il Maresciallo che assisteva alle operazioni da lontano, si mise in contatto immediatamente con i ragazzi.

«Ragazzi, tutto bene? »

«Sì, per ora sì, ma che succede lì fuori?» Domandò Gianni.

«Tranquilli, Trabaschi sta togliendo quella montagna di rifiuti che avete sulla testa. Non ci dovrebbero essere problemi perché sopra di voi sta usando le mani nude, ma se sentite strani scricchiolii, se vedete della terra venire giù avvisate immediatamente che blocchiamo tutto e vi tiro fuori subito

«Va bene, qui sotto sembra tutto ok per ora, passo», rispose Gianni.

Il Maresciallo chiamò immediatamente Passeri per metterlo al corrente della situazione.

    «Corrado, bisogna fare in fretta, là potrebbe crollare tutto, ed in più, se Trabaschi oggi ha deciso di pulire, domani sicuramente riempirà tutto di cemento per eliminare le prove una volta per tutte

    «Sì hai ragione, credo proprio che ci dobbiamo far bastare le informazioni che riusciremo ad avere questa sera e al massimo domani mattina liberiamo i due ragazzi. Ci aggiorniamo più tardi, se vuoi venire con me stasera al bar ti passiamo a prendere così ci dai una mano

    «Va bene io qui finisco alle diciannove, dovrebbe venire Crescenzi a darmi il cambio

«No Crescenzi serve a noi, viene un altro collega. Senti facciamo una cosa, il cambio lo accompagniamo noi così ti prendiamo ed andiamo a Centocelle al volo

«Va bene a tra poco

Alle ore venti, quattro carabinieri erano nel retrobottega del bar a parlare con il proprietario e con il barista. Il quarto carabiniere era Franceschilli, un Brigadiere che, anche se aveva studiato tutto il caso, non vi aveva mai partecipato in prima persona e quindi Trabaschi non avrebbe potuto riconoscere. Alle venti e cinquanta, puntuale come il solito, Trabaschi era seduto con il suo aperitivo e attendeva la solita chiamata. Il telefono suonò.

         «Pronto Bar Mirti, chi parla?»

         «Cercavo il signor Trabaschi per cortesia», disse Sinibaldi.

Il barista coprì il ricevitore con una mano e disse a voce non troppo alta.

«C’è il signor Altieri?»

«Sì eccomi», rispose Franceschilli e appena prese la cornetta aggiunse, «Heri.»

«Piu i locu», rispose Sinibaldi.

«Pronto, pronto Michele non ti sento bene, la linea è disturbata riprova tra due minuti», e attaccò. Intanto fuori dal furgone dove gli altri carabinieri ascoltavano tutto.

«Bravo Franceschilli. Crescenzi chiama subito Todde e riportagli il dialogo che abbiamo appena ascoltato», ordinò Passeri.

«Todde ciao, Crescenzi, allora all’esclamare heri ha risposto piu i locu.»

«E certo perché è passato un giorno, è la stessa frase che ieri aveva dato come risposta alla parola hodie», rispose Todde.

«E quindi che ci dici Todde?» Pressò il Tenente.

«Un attimo un attimo. Ieri era domenica, se togliamo oltre alle H le lettere che formano la parola domenica da HOSPITIUMHIC LOCATUR rimangono SPTIU I LOCTUR. Se ha risposto piu i locu, proviamo a togliere queste parole da SPTIUILOCTUR rimane STTR. Quindi ieri era una domenica STTR, sì ecco ci sono settembre, ieri era una domenica di settembre. Torna tutto, così torna.»

 

 

HOS P IT IU M  H I C LOC AT U R= - H - domenica - settembre= piu i locu

 

 

  

 

            «Bravo Todde, ed ora secondo te cosa ci dobbiamo aspettare?» Chiese il Tenente.

«Credo che se richiamerà userà hodie o chissà potrebbe anche usare cras ossia domani. Vi preparo tutte e due le eventuali risposte

«Ti richiamo tra dieci minuti, sperando che non richiami proprio adesso

Improvvisamente De Lellis aprì il portellone del furgone tra gli occhi stupiti dei colleghi e affiancò un gruppetto di tre ragazzini che passavano. Dopo un breve conciliabolo, questi andarono via, entrarono nel bar e ne riuscirono quasi immediatamente con un gelato a testa. Passeri non ebbe neanche il tempo di chiedere spiegazioni a De Lellis quando il telefono nel bar squillò, nuovamente. Il barista rispose, non sapeva bene cosa fare ma con uno sguardo Franceschilli si fece capire.

«Signor Altieri, ancora per lei.»

«Grazie arrivo; heri», esclamò Franceschilli.

«Piu i locu,» rispose Sinibaldi che subito aggiunse «Cras»

Il gelo attraversò l’intero furgone tranne il signor Antonio che quasi se la rideva soddisfatto.

         «Opiu ic locu», rispose Franceschilli leggendo un foglietto stropicciato che poco prima gli aveva consegnato un ragazzino.

         «Ciao Agostino, ma cosa è successo prima?»

         «Oggi la linea è un poco disturbata ti sento molto lontano», rispose Franceschilli parlando di proposito lontano dalla cornetta.

         «A Roma tutto bene?»

         «Sì, qui sì, nessuno sospetta di niente. Da te come va?»

         «Bene, ho appena preso accordi con un piccolo armatore di Maccagno che gestisce la “Navismaggiore”. La ditta ha alcuni mezzi che offrono un servizio di tipo pubblico, con delle corse ad orario fisso e poi piccole barche che noleggia, con o senza skipper, per gite sul lago. Su richiesta, fa anche corse notturne molto romantiche. Siamo d’accordo che domani sera, una volta calata la notte, dovrà salpare per andare a caricare la nostra merce appena fuori dal porto di  Cannobio.

«Ma tu sarai con lui?»

«No io preferisco aspettare a Luino e vedere che tutto sia in ordine dove abbiamo deciso di ormeggiare la barca.»

«I due inglesi viaggeranno insieme alla merce, sulla barca?»

«Sì, loro sì, e quando la perdono di vista. Il tutto avverrà prima che faccia giorno, io sarò ad attenderli sulla riva già con il furgone preso a nolo per il trasporto.»

«A Michè, ma non stai rischiando troppo, sono affari loro no?»

«Agostino caro, se quelli non si sbrigano a far sparire la roba, noi siamo sempre a rischio e poi, se non piazzano la merce, neanche noi vediamo una lira.»

«Anche questo è vero, ok allora adesso ti lascio; ora che fai?»

«Mi vado a fare una cenetta romantica con una bella donna che ho conosciuto qui in albergo, alloggia sola, è una scrittrice, una niente male sai.»

«Anche un latin lover mi sei diventato, e come si chiamerebbe questa nuova fiamma?»

«Olga, viene spesso da queste parti, dice che il lago la ispira, e ti dirò di più, mi è anche stata utile per alcuni contatti qui in zona. Comunque, prima devo chiamare Symensth per spiegargli tutto quello che ti ho detto. Ciao a domani.»

«Ciao.»

Una volta finita la chiamata, Franceschilli uscì dal bar e si diresse verso il furgone, Trabaschi aspettò per più di un’ora, poi andò via. Quella sera chi lo aveva cercato aveva incontrato un altro interlocutore e non aveva sospettato di nulla.

         «Ma chi sei? Alberto Lupo?» Chiese il Tenente a Franceschilli appena salito sul furgone.

         «Come sono andato? L’ho fatto parlare abbastanza mi sembra.»

         «Sei stato proprio in gamba, abbiamo tantissime informazioni», aggiunse Crescenzi.

«Ma la cosa più importante, come diavolo hai fatto per la parola d’ordine?» Chiese Passeri.

         «Ma non me l’avete mandata voi?»

         «Noi? E come, con un piccione viaggiatore?» Rispose Crescenzi.

         «No, con un ragazzino, me l’ha portata su un foglietto di carta.»

Passeri e Crescenzi allora capirono e rivolsero lo sguardo verso il Maresciallo

         «Tu, quando sei sceso a parlare con i ragazzini?» Domandò Passeri rivolto a De Lellis.

         «Già io, mi vuoi infliggere una punizione per questo? Ti ricordo che non sono in servizio ufficialmente, sono un fantasma, mi vedi ma non ci sono.»

         «Signori vi presento il Carabiniere dell’anno, prontezza, intuito e intelligenza concentrati in un'unica persona. Sei stato eccezionale Antonio. E poi una cosa, mi spieghi la soluzione dell’enigma? Mi secca dirlo ma per queste cose io…»

         «Signori è tardi, Trabaschi se n’è andato, possiamo andare a cenare tutti quanti. Caro Corrado se vuoi capire bene ti tocca pagare una cena», rispose il Maresciallo.

«Va bene, scegli dove vuoi ed andiamo.»

«E tu pensi di cavartela con così poco? Offri a tutti e tre, mi sembra che ce la siamo meritata tutti.»

         «Hai ragione, anche Todde, peccato che non c’è, anzi fammelo chiamare che gli faccio i complimenti e lo aggiorno.»

Durante la cena si parlò naturalmente anche delle indagini e dei prossimi passi da fare. Sicuramente a breve avrebbero saputo dove alloggiava Symensth, Sinibaldi infatti lo avrebbe contattato per comunicare gli ultimi particolari e così facendo, avrebbe permesso ai carabinieri di risalire all’albergo dove alloggiava ed alla nuova identità assunta per l’occasione. Se si voleva però cogliere in flagrante anche Antico, bisognava collegarlo alla merce trafficata. Catturare immediatamente Symensth, avrebbe alleggerito di gran lunga la posizione di Sinibaldi.

 «Hotel Golfo buonasera.»

«Buonasera, sono il signor Verardelli, potrei parlare gentilmente con il professor Omans?» Chiese Sinibaldi alla reception.

«Un momento vedo se è in camera.» Dopo pochi secondi.

«Pronto? Con chi parla?»

«Buonasera Alex sono Sinibaldi, volevo riferirti gli ultimi dettagli. Domani sera, verso le ventitré e trenta, dovrete farvi trovare con la merce circa un chilometro a sud di Cannobio. C’è un supermercato un po’ isolato, con un parcheggio alle spalle che da’ direttamente sul lago. Arriverà una barca a prendervi, suonerà una volta e lampeggerà due volte, voi dovrete rispondere con due lampeggi dei fari.»

    «E dopo cosi fare? Ma tu sei on the boat?»

    «Ci saranno due persone che vi aiuteranno a caricare la merce. Io vi attenderò sull’altra sponda del lago, in una zona tranquilla nei pressi di Luino, pronto con un furgone. In un attimo poi raggiungerete il confine svizzero.»

    «Ok, Michele very good. Una volta venduta merce, puoi contatarmi my negozio in Londra and pagherò my debito.»

    «Tranquillo, tra noi non ci sono mai stati problemi; allora siamo d’accordo così, ci vediamo domani notte, ciao.»

    «Bye.»

I due inglesi andarono a dormire, mentre Sinibaldi era atteso da una serata romantica. L’appuntamento era in albergo per poi andare a mangiare in un ristorantino sul lago. Tornato in albergo, Michele vide la signora Olga che lo attendeva nella hall, dedita alla lettura di un libro avvolta in un abito molto elegante.

    «Buonasera Olga, scusami se sono in leggero ritardo, alcuni impegni di lavoro mi hanno tenuto occupato fino ad ora.»

    «Non preoccuparti Michele, grazie delle rose che mi hai mandato e del biglietto che le accompagnava, è valsa la pena attendere qualche minuto.» 

    «Troppo gentile, se sei pronta potremo andare.»

    «Sì, con piacere, dove mi porti di bello?»

«Un bel posto sul lago, tra poco vedrai.»

Sinibaldi porse il soprabito a Olga ed uscirono dall’albergo. La serata andò avanti in modo estremamente piacevole, il locale era molto romantico, cena a lume di candela e cibi raffinati. I due parlarono dei loro rispettivi interessi ed Olga si dimostrò essere una donna molto affascinante, capace di spaziare con estrema disinvoltura su qualsiasi argomento cadesse la discussione. Un buon vino rosso inoltre, aveva reso i pensieri, e il loro manifestarsi, molto più libero e senza troppe sovrastrutture. Finita la serata i due tornarono in albergo, Sinibaldi accompagnò Olga sino davanti alla porta della sua stanza. Prima che potesse dire qualcosa Olga lo anticipò.

    «È stata una bellissima serata, grazie Michele, però finisce qui, almeno per questa sera.» Dicendo questo, le donò un dolce bacio sulle labbra.

    «Grazie Olga, sono stato benissimo anche io, possiamo vederci ed uscire ancora questi giorni se vuoi.»

    «Certamente, mi sono trovata molto bene con te, ma non amo correre, ho avuto troppe delusioni nella mia vita ed ora sono estremamente cauta. Anche domani sera se vuoi.»

    «Va bene, anzi no, perdona ho già una cena di lavoro. Potremo vederci a colazione se vuoi.

«Meglio di no Michele, io la mattina amo scrivere, e alle sette sono già davanti al mio caffè.»

    «E come mai così presto?»

    «Di solito, dopo colazione, mi sposto qualche chilometro verso Colmegna, c’è un piccolo parco, un angolo di paradiso sul lago, un’aria pungente che con il passare delle ore, s’intiepidisce e scalda l’anima. In quella quiete trovo tutta l’ispirazione per scrivere le mie storie. Posso tranquillamente saltare il pranzo e non rendermene conto.»

«Ho un’idea, facciamo di pomeriggio, verso le sedici vengo a cercarti io, sarà una caccia ad un dolce tesoro, si può prendere un gelato e fare una passeggiata sul lago. Cosa ne pensi?»

    «Certo, perché no. Mi sembra perfetto, allora a domani pomeriggio»

    «Va bene Olga allora a domani, buona notte.»

    «Buona notte caro», rispose Olga, mandando dolcemente un bacio a Michele. Sinibaldi era veramente preso dal fascino di questa donna, dal suo esserlo in ogni sfaccettatura. Andò a dormire, e per la prima volta, il suo ultimo pensiero prima di chiudere gli occhi, non fu rivolto ai reperti antichi ma alle morbide labbra di una donna.

 

 

 

 

 

 

 


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