Pubblicato il 09/03/2010 12:00:00
La breve raccolta, venti testi in tutto, si presenta compatta e coesa come un lungo monologo, giocato sul filo della memoria. Quasi una nuova vita che si snoda e si srotola come un film al rovescio, con fermo immagine su fatti, amori, eventi che hanno intersecato la vita dell’autrice. Ovviamente non c’è solo autobiografia, nel dettato poetico sono ben presenti gli interrogativi e gli umori e ardori che attraversano la vita di tutti. Poesia dell’anima, ma anche e soprattutto della mente, che osserva, registra decritta e descrive. Con poche sapienti pennellate la poetessa affresca giorni che furono sfolgoranti , altri più prosaici e, sotto sotto, si rammarica di trovarsi con gli stessi desideri e le stesse pulsioni, e d’altra parte sappiamo che , anche se il corpo invecchia, lo spirito mai. Ma si devono fare i conti con un paesaggio drasticamente mutato. E’ il destino di tutti , il tempo passa e cancella ogni cosa, restano solo immagini sbiadite che, a tratti, riprendono vita e speranza. Qua e là fanno capolino ombre, fantasmi e angeli; quello che fu e la speranza che la vita possa ancora riservare qualche piacevole sorpresa. “La tua casa // La tua casa / davanti il verde. / La speranza / ti è sfuggita di mano / Ti immagino, / sei lì pensoso / Hai nelle braccia / la tua vita / Non temere: / resterà il tuo sembiante, / rifiorirà il tuo seme / e sarà giorno di festa / nel ricordo.” Come ben introduce Sandro Gros-Pietro, l’elemento acqua, tipico frutto lunare, aggiungo io, è il laboratorio della continua germinazione della vita, la purificazione dell’essere, la lustrazione del mondo. Il mito è appena sfiorato, quasi un pretesto per giustificare la nostra fragilità e collegarla a padri e madri sempre pronti ad accoglierci da qualche parte, siano pure luoghi della mente, dell’anima o, più junghianamente, dell’inconscio profondo e quindi archetipo collettivo. Insomma siamo davanti ad una sorta di breviario panteistico, con qualche svolazzo nel superno, e con tutti i capitoli in ordine: il tempo, l’infanzia, la nostalgia sensuale degli anni giovanili, l’amore e l’acre sapore del bilancio finale. “Al limitare del giorno // Al limitare del giorno / quando scende opaco il silenzio / restano schegge di parole / non dette, pensate, forse / Ricompattate creano calore / Nasce un piccolo sole, / quello del ricordo / Lontano le ombre / nei meandri dell’acqua / che fu madre all’inizio / Il sipario è calato / Sopra, un tetto di stelle.” E con questo finale, di sapore vagamente kantiano, si chiude questa ennesima buona prova di Anna Vincitorio che ancora una volta si dimostra raffinata e intrigante, e meritato è il premio ‘I Murazzi’ di Torino (2009) nella sua prima edizione.
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