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Nel segno della pecora

Romanzo

Murakami Haruki (Biografia)
Einaudi

Recensione di Giuliano Brenna
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Pubblicato il 04/11/2011 12:00:00

Pubblicato in Giappone nel 1982, e ora riproposto da Einaudi, questo romanzo dal bizzarro titolo fa originariamente parte della cosiddetta “Trilogia del ratto” in quanto il personaggio chiamato “il Ratto” (detto anche “Il sorcio”) compare, oltre che in questo, anche nei due precedenti “Il flipper del 1973” e “Ascolta la canzone del vento” di cui però non vi è traduzione in italiano (credo). Di conseguenza, “Nel segno della pecora” rappresenta l’esordio di Murakami per i lettori italiani. Anche in questo, come in altri romanzi di Murakami, la ricerca è il perno attorno al quale ruota l’intera vicenda, e i conoscitori dello scrittore giapponese sapranno che non è una ricerca banale, qualsiasi, ma di qualcosa che sfugge, forse non esiste o esiste in un’altra dimensione che raramente entra in contatto con la nostra. Nel corso della ricerca il protagonista dovrà liberarsi di alcuni orpelli e certezze sin lì portate e dotare gli occhi del proprio animo di una notevole acutezza per tentare di sbrogliare la matassa di quanto gli accade. Al di la della bellezza della trama e la già notevole capacità del giovane Murakami appaiono alcuni elementi che caratterizzeranno i libri che seguiranno. Il momento della stesura di questo romanzo è assai particolare per Murakami, scrivendo questo libro decide che la scrittura sarà la sua vita, vende infatti il Jazz Bar che gestiva con la moglie e si dedica completamente ai romanzi. Con un suo meccanismo tipico il jazz bar scompare dalla sua vita reale e si trasferisce nel mondo immaginario, esso è infatti un elemento caratteristico sia di questo che dei successivi romanzi. Parallelamente alla vendita del bar e all’inizio della vita di scrittore, Murakami avverte la necessità di praticare uno sport, ed eccolo in tuta e scarpette a fare jogging intorno a casa, e così anche il protagonista di questo romanzo, nel momento in cui ha un periodo più sedentario si dedica al podismo.

È un romanzo molto affascinate, come dicevo contiene i semi dei romanzi futuri: il gatto Sardina – finalmente si capisce perché ha quello strano nome –, la moglie che se ne va, le citazioni di canzoni e così via. Il discendente più diretto di questo romanzo è “Dance, dance, dance” infatti qua appare l’hotel Delfino con l’“Uomo Pecora”, torna la ragazza misteriosamente scomparsa, oltre ad altri piccoli indizi che legano i due lavori. Gli amanti dell’autore giapponese avranno insomma di che gioire con questo romanzo in puro stile  Murakami, con tutti i suoi elementi caratteristici, gli ambienti a cui ci ha abituati, i pranzetti preparati in fretta con quel che si trova in frigo, i mondi che si sovrappongono per poi svanire, il luogo magico in cui il tempo diventa rarefatto, la neve e così via. Però nella lettura qualcosa ancora non è perfettamente a punto, si direbbe che Murakami non sia ai vertici della sua produzione, la narrazione non procede sciolta e leggera come nei successivi lavori, la trama, quella sì, è perfettamente creata, i personaggi descritti con arguzia e meticolosità, gli ambienti non sono creati a caso, giusto per dare una cornice alle persone, ma ogni cosa che Murakami pone nell’arredare una scena ha un suo preciso significato, un suo scopo, tutti gli ingranaggi sono al posto giusto, e funzionano bene. Tuttavia, come dicevo, qualcosa non sembra essere perfettamente riuscito al grande nipponico, soprattutto nell’inizio è enormemente prolisso, tanti dialoghi sono vuoti e anche le scene sembrano girare a vuoto, il motore fa fatica a mettersi in moto, il linguaggio non è ancora perfetto, sebbene rappresenti in modo evidente, in alcuni tratti, quello che diventerà lo stile sapientemente parco di parole, tutte perfette e utili allo scopo. Non siamo neanche di fronte alle atmosfere rarefatte, intimiste e sviluppate nei dialoghi, come in “Norwegian Wood”, siamo forse, ed è un mio parere, di fronte a qualche giovanile incertezza, qualche debolezza stilistica, certamente superata nel successivo “La fine del mondo e il paese delle meraviglie” del 1985 in cui un Murakami non più titubante realizza uno dei suoi libri più belli. Al di là di queste noterelle che sono ben lontane dal voler essere critiche, anzi vogliono semmai risaltare i segni di una crescita, e che vede lo sviluppo di quel mondo che sta dall’altra parte dei sogni, che Murakami sempre cerca e cercandolo ce lo descrive, già perfettamente formato nel suo immaginario, ma che ha messo un po’ di tempo per poter essere sapientemente descritto e reso tangibile agli occhi dei lettori. Resta un piacevolissimo romanzo, dagli spunti profondi che lascia nella mente del lettore sempre qualche interrogativo, anche dopo l’ultima pagina ci si accorge che il mondo in cui viviamo la nostra quotidianità non è il solo ed unico mondo possibile.



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